Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43743

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Bari, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da B.G., volta alla declaratoria della continuazione tra i reati di tentata rapina aggravata e di tentata rapina aggravata con lesioni, commessi, rispettivamente, in data (OMISSIS), oggetto delle sentenze di condanna in data 16.1.1995 (irrevocabile il 3.3.1995) e in data 8.3.1999 (irrevocabile il 27.10.2009).

Richiamate le nozioni in diritto della continuazione, in fatto osservava, a ragione del rigetto, che i reati, benchè simili erano realizzati in modo difforme (in una rapina vi erano solo due complici, nell’altra quattro) e risultavano essere non contigui, intercorrendo tra di loro "ben" 15 giorni. Nulla dimostrava perciò l’unicità del disegno.

2. Ha proposto ricorso il condannato personalmente, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata. Deduce violazione di legge (in riferimento all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p.) e vizi di motivazione dolendosi in particolare della erronea valutazione della diversità di modalità delle condotte, fondata su dato insignificante quale il numero dei concorrenti e senza considerare all’opposto, gli argomenti evidenziati nella istanza difensiva, concernenti l’inserimento all’epoca nel clan Montani del ricorrente, l’analogia del modus operandi, il brevissimo intervallo temporale, che, complessivamente ben potevano consentire l’individuazione del medesimo disegno criminoso.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

2. Il riconoscimento della continuazione richiede, come è noto, la verifica della esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Ora, poichè allo stato non è dato, nè sarebbe consentito, disporre di metodi di accertamento introspettivi della psiche dell’imputato, tale atteggiamento unitario della rappresentazione e volontà non può che desumersi da indicatori esterni, che la giurisprudenza consolidata individua nel lasso temporale, nelle modalità delle azioni, nell’esistenza di collegamenti in relazione agli aspetti esecutivi, nella analogia di moventi e scopi.

3. La nozione di continuazione neppure può ridursi, d’altro canto, all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchè siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di "disegno", e a non risultare necessaria per l’attenuazione del trattamento sanzionatorio, pone l’istituto "fuori dalla realtà concreta", data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi, in generale solo per via approssimativa. Quello che occorre, invece, è che si abbia una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine. La programmazione può essere perciò ab origine anche generica, purchè i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di "adattamento" alle eventualità del caso, come mezzo al conseguimento di un unico scopo o intento, parimenti prefissato e sufficientemente specifico.

Ed è in relazione alla unitarietà dello scopo che la coerenza modale degli episodi e la loro contiguità temporale fungono da indizio della assenza di interruzioni o soluzioni della continuità, della impossibilità di affermare con buona certezza, cioè, che gli episodi successivi pur mossi da analogo intento siano però frutto dell’insorgenza di autonome risoluzioni antidoverose.

Se dunque può escludersi che una programmazione e deliberazione unitaria possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati per come in concreto realizzati o dell’unitarietà del contesto, ovvero ancora della identità della spinta a delinquere o della brevità del lasso temporale che separa lo svolgimento dei diversi episodi, neppure può dubitarsi che ciascuno di codesti fattori, pur non costituendo di per sè "indizio necessario", aggiunto ad altro incrementa la possibilità che debba riconoscersi l’esistenza del medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle coincidenze indiziarie favorevoli.

3. Nel caso in esame appare dunque manifestamente illogica la motivazione del provvedimento impugnato, che da un lato enfatizza una distanza temporale obiettivamente esigua, di soli 15 giorni, tra i fatti reati e la circostanza, neutra, che una delle due rapine sia stata realizzata con l’ausilio di due concorrenti in più; dall’altro omette di valutare congiuntamente, come rileva il Procuratore generale, dati in base alle stesse contestazioni evidenti, e concorrenti, quali: le identiche tipologie dei reati e analogie delle condotte; l’unitarietà, anche spaziale, di contesto; le identiche tipologie delle vittime; la relativa pochezza dell’intervallo temporale.

4. Il provvedimento impugnato deve per conseguenza essere annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *