Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-06-2012, n. 9641

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n 99/34/05, depositata il 28/09/2005, confermava la decisione della Commissione tributaria provinciale di Lecco che annullava gli avvisi di accertamento iva, S.S.N. e Tassa per l’Europa, per l’anno di imposta 1996, nei confronti di E.D.M., in applicazione dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181 e dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, artt. 4 e 5. Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo i seguenti motivi:

a) violazione di legge con riferimento a un preteso ulteriore onere di motivazione e di prova in capo all’Ufficio, in caso di applicazione dei parametri;

b) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta prova contraria relativa all’accertamento fondato sui parametri;

c) violazione di legge e vizio di extra petizione avendo la CTR confermato la statuizione di primo grado mentre il contribuente si era limitato a chiedere una riduzione dell’accertamento nei limiti di un maggior imponibile di 20 milioni di lire. L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione

1. I primi due motivi ricorso, esaminati congiuntamente stante la loro connessione logica, sono infondati.

Il meccanismo di accertamento in base ai parametri, previsto dalla L. n. 549 del 1995 costituisce una disciplina transitoria, applicabile e soli esercizi 1995, 1996, 1997, collocata tra i) vecchio sistema dell’accertamento secondo "coefficienti presuntivi", di cui al DI n. 69 del 1989 e il nuovo sistema degli studi di settore, in vigore dal 1998.

Con riferimento al primo motivo di censura va osservato, come ripetutamente affermato da questa Corte che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.

In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. (Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009).

Nel caso di specie il contribuente ha evidenziato la caratteristica stagionale del bar gestito in una località di villeggiatura, quale (OMISSIS) e l’andamento mercuriale degli incassi, elementi posti a fondamento della motivazione della Commissione tributaria regionale ai fini della declaratoria di nullità dell’accertamento.

Trattasi di motivazione non illogica e come tale non censurabile in questa sede. L’elemento della "stagionalità" incide, infatti, sulla valutazione posta a carico dei parametri, quali il "costo del venduto", "costi per la produzione di servizi", "spese per il personale", "acquisti di servizi", rilevati su base annuale.

2) Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso relativo al vizio di extra petizione, avendo la Commissione regionale confermato la statuizione di accoglimento integrale del ricorso, mentre il contribuente, nel ricorso introduttivo, si era limitato a chiedere una riduzione dell’accertamento nei limiti di un maggior imponibile di 20 milioni di lire.

L’ufficio, nei motivi di impugnazione davanti alla Commissione regionale, aveva denunciato il vizio nel quale era incorso il giudice di primo grado.

Va, conseguentemente, cassata senza rinvio la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, (art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte), riduce l’accertamento nei limiti del maggior imponibile di 20 milioni di lire. La parziale soccombenza costituisce motivo di compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte riduce l’accertamento nei limiti del maggior imponibile di 20 milioni di lire. Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 24 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012

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