Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43740

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 14/1/11 il Tribunale di Roma, giudice dell’esecuzione, rigettava le istanze di T.M. volte al riconoscimento della continuazione tra le sentenze di cui al cumulo di pena emesso nei suoi confronti il 27/11/09 dalla Procura della Repubblica di Roma nonchè della rungibilità di un periodo di custodia cautelare da lui presofferto tra il 25/9/02 e l’ottobre 2003.

Sotto il primo profilo il Tribunale osservava la mancanza nel caso di tutti i parametri individuati dalla giurisprudenza al fine di riconoscere la continuazione tra i reati; sotto il secondo profilo rilevava come il presofferto riguardasse un reato ancora sub indice e comunque un periodo anteriore alla commissione dei reati in espiazione di pena (tranne per uno del 31/5/02 con pena già espiata).

Ricorreva per cassazione avverso l’ordinanza la difesa del T., deducendo: 1) violazione di legge e vizio di motivazione per non aver ritenuto sufficiente, ai fini del riconoscimento della continuazione, lo stato di tossicodipendenza del condannato ed aver chiesto al soggetto istante la prova di un programma criminoso unitario sia pur generico, al contempo negando che lo stesso potesse individuarsi in uno stile di vita caratterizzato dall’abitualità a determinati comportamenti illeciti;

2) violazione di legge e vizio di motivazione per aver ritenuto il presofferto in questione anteriore ai reati in espiazione, laddove il primo di essi era stato commesso il (OMISSIS) e la relativa pena, in cumulo con le altre, non poteva ritenersi espiata.

Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso: assolutamente generico il primo motivo (non era spiegata la relazione della tossicodipendenza con i reati commessi, tra i quali una corruzione); manifestamente infondato il secondo (la pena di 4 mesi di reclusione irrogata con sentenza 11/10/05, irr. il 25/11/05, per il reato commesso il (OMISSIS), risultava espiata).

Il ricorso, infondato, va respinto.

Quanto alla richiesta continuazione, esso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita valutazione delle circostanze di fatto, sovrapponendo la propria "lettura" a quella del giudicante.

L’ordinanza impugnata, peraltro, oltre a sottolineare come le condotte di reato fossero scollegate ed autonome dallo stato di tossicodipendenza, ha correttamente valutato le condotte stesse e, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale, sostanziale e processuale, ha illustrato le ragioni di fatto ostative al riconoscimento della continuazione (distanza temporale, eterogeneità tipologica, frammentazione delle condotte intervallate con periodi di detenzione): la reiterazione negli anni delle condotte criminose attestavano quindi solo la proclività a delinquere del soggetto agente.

Quanto alla richiesta di fungibilità della pena, il periodo indicato di circa undici mesi (dal 25/9/02 all’ottobre 2003, afferente ad una custodia cautelare per reato ancora sub indice per cui vi è stata condanna in primo grado alla pena di anni otto di reclusione) è indeterminato nella sua durata e dovrebbe applicarsi ad una reclusione di quattro mesi, l’unica per reato (del (OMISSIS)) commesso anteriormente (pena che il Tribunale indica come espiata e comunque compresa in precedente provvedimento di cumulo del 22/12/07).

In tale situazione destinata a mutare (alla sentenza definitiva i circa undici mesi di custodia cautelare saranno imputati alla pena o solo allora diverranno senza titolo), l’istanza del condannato non indica, come dovuto, quale sia il suo interesse, concreto ed attuale, al provvedimento di fungibilità. In mancanza anche la seconda domanda va respinta.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della parte privata ricorrente al pagamento delle spese del processo (art. 616 c.p.p.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *