Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43738 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento in epigrafe, del 21.12.2010, il Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria respingeva le domande avanzate da G.R., volte alla concessione delle misure alternative dell’affidamento in prova, ovvero della detenzione domiciliare o, ancora, della semilibertà.

Osservava, a ragione, che l’istante stava scontando una pena di cinque anni di reclusione per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Reggio Calabria del 23.9.2008), con termine fissato al 6.11.2012; che era entrato nel carcere di (OMISSIS) e che non era ancora stata redatta dall’istituto relazione di sintesi, ma risultava che durante il periodo trascorso in carcere aveva tenuto condotta regolare; che la Questura di Catania aveva dato informazioni negative sul G., definendolo come soggetto pericoloso; che dalla relazione UEPE di Cosenza risultava che era sposato e con un figlio, viveva con la famiglia in un appartamento in affitto, e un suo cugino – considerato persona di buona condotta e privo di precedenti e segnalazioni di Polizia – aveva dato la sua disponibilità ad assumerlo a tempo indeterminato nella propria azienda. Alla concessione dei benefici ostavano tuttavia la gravità del reato in espiazione, le numerose condanne definitive da lui riportate nel passato (per una sostituzione di denaro provento di rapina commessa nel (OMISSIS), una rapina commessa nel (OMISSIS), una ricettazione del (OMISSIS)), una condanna di primo grado per lesioni aggravate, ingiuria e minaccia, che deponevano per una pericolosità sociale non fronteggiabile con alcuna delle misure richieste.

2. Ricorre l’interessato personalmente e chiede l’annullamento del provvedimento.

Denunzia violazione di legge nonchè – sostanzialmente – vizi di motivazione, osservando:

– che il Tribunale di sorveglianza aveva erroneamente considerato l’affidamento in prova come una sorta di beneficio e non una forma, essa stessa, di espiazione e, contemporaneamente, uno strumento di messa alla prova che non richiede la prova del completo ravvedimento ma per cui è sufficiente che esso possa contribuire alla rieducazione del condannato e ad assicurare dal pericolo di recidiva specifica;

– che il Tribunale di sorveglianza non aveva tenuto conto della relazione comportamentale dell’Istituto penitenziario di Paola in data 17.12.2010, dalla quale emergeva l’utilità della messa alla prova e nella quale si dava atto che il G. appariva "profondamente pentito" e preoccupato per moglie e figlio, avendo considerato soltanto la relazione datata 18.5.2010 inviata per l’udienza 18.5.2010, rinviata per l’acquisizione della relazione di sintesi dell’UEPE;

– che il Tribunale non aveva neppure valutato la possibilità di misure gradate, basandosi sulle informazioni della Questura di Catania, su risalenti precedenti del ricorrente e su una condanna non definitiva; ovverosia soltanto sulla pregressa commissione di reati, inidonea di per sè a inibire l’accesso alle misure alternative, e da porre in ogni caso a raffronto con i risultati dell’osservazione e ai pregressi compiuti nel corso del trattamento;

– che erroneamente, perciò, era stato pretermesso che dalle relazioni Uepe emergeva un ritrovato sostegno familiare e la possibilità di un reinserimento in ambienti scevri da contatti criminali; che aveva scontato ben più della metà della pena; che aveva beneficiato della liberazione anticipata per l’intero periodo espiato; che aveva un figlio infradecenne (nato a (OMISSIS)) che la sola madre non riusciva ad accudire adeguatamente; che l’osservazione esterna avrebbe potuto accompagnare e garantire la concessione, almeno, della semilibertà.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

Il Tribunale da atto di una relazione comportamentale positiva e di una relazione dell’UEPE sostanzialmente favorevole all’ammissione del detenuto a misure alternative. Ha tuttavia respinto ogni richiesta in tal senso sul duplice rilievo: che non era stata ancora redatta una relazione di sintesi ad opera dell’istituto penitenziario; che la Questura di Catania aveva fornito informazioni deponenti per la pericolosità del condannato.

2. Tale motivazione è per ogni verso censurabile.

La circostanza che l’istituto carcerario non avesse ancora redatto relazione di sintesi non poteva andare a detrimento del condannato.

Spettava al Tribunale di sorveglianza sollecitarla e, perdurandone il difetto, valutare approfonditamente i risultati delle osservazioni, esterne e interne, al momento a sua disposizione. Potendosene ovviamente discostare, ma a patto di giustificare il proprio convincimento evidenziando specifiche e congrue ragioni del proprio disaccordo.

Siffatte specifiche e congrue ragioni non potevano, d’altra parte, risiedere nella mera evocazione delle informazioni della Questura di Catania, dal momento che di tali informazioni non si riferiscono le basi fattuali nè, soprattutto, i periodi temporali di rilevamento.

In diritto non può dubitarsi difatti che la valutazione in punto di pericolosità, che il Tribunale è chiamato ad effettuare ogni qual volta è investito della richiesta di misure alternative, deve rivolgersi all’attualità, sicchè la gravità o il numero dei fatti commessi nel passato non può mai risolversi nell’unico criterio regolatore del suo giudizio.

3. Il provvedimento impugnato deve per conseguenza essere annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria perchè proceda a nuovo esame colmando le lacune ed attenendosi ai principi evidenziati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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