Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-06-2012, n. 9635 Imposta di pubblicità e affissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 92/05/2003, depositata il 17.2.2004, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dalla società New Look Pubblicità s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente, limitatamente all’applicazione dell’aumento del 20%, avverso l’avviso di accertamento per Euro 68.309.972, relativo all’imposta sulla pubblicità, per il periodo d’imposta 1997.

Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che, allorchè la pubblicità venga effettuata per affissioni dirette su impianti di proprietà e la durata dell’affissione non sia superiore a tre mesi, si applica la tariffa prevista dal D.P.R. 507 del 1993, art. 12, comma 2, ritenendo anche che dall’imposta di pubblicità debbano essere escluse le "superfici tecniche" quali la cornice che svolge soltanto una funzione di sostegno. Proponeva ricorso per cassazione il Comune di Roma deducendo i seguenti motivi:

a) Inammissibilità del ricorso in appello per nullità della procura e conseguente nullità della decisione della CTR di Roma;

b) Violazione di legge e carenza di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12 e 9, all’art. 8 del regolamento comunale n. 289 del 1994, L. n. 388 del 2000, art. 145, commi 55, 56, rilevando che, nel caso degli impianti di cui al citato art. 12, comma 3 a differenza del comma secondo, non si deve tener conto delle singole esposizioni nel corso dell’anno solare ma della disponibilità degli impianti per tutto il periodo indicato nel titolo rilasciato;

Deduceva, quindi, l’erroneità dell’interpretazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12 recepita dalla C.T.R. perchè tale interpretazione non tiene conto della differente disciplina contenuta nel citato art. 12 per quanto riguarda da un lato la pubblicità ordinaria (insegne, cartelle e simili) e dall’altro le affissioni dirette (manifesti e simili affissi su apposite strutture adibite all’esibizione). Tale differenza di disciplina consiste, secondo l’Amministrazione comunale ricorrente, nel prevedere periodi di imposta inferiori all’anno esclusivamente per la pubblicità ordinaria e nel ragguagliare le tariffe della pubblicità ordinaria ad ogni metro quadro di mezzo pubblicitario mentre le tariffe per le esposizioni dirette sono calcolate in base alla superficie complessiva dell’impianto pubblicitario (vuoto per pieno). Nel supportare la propria tesi interpretativa il Comune rileva il carattere innovativo e non interpretativo della novella rappresentata dalla L. n. 388 del 2000, art. 145, comma 56;

c) violazione di legge e carenza di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 7 e 9 alla Delib. numero 289 del 1994, art. 7 violazione dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., dovendosi commisurare d’imposta in base alla "superficie complessiva degli impianti" e non già alla sola "superficie espositiva".

La società intimata resisteva con controricorso, lamentando, in via subordinata, come il giudice di primo grado non abbia dichiarato non applicabili le sanzioni e, quindi, le soprattasse e gli interessi moratori stante l’obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni D.Lgs. 546 del 1992, ex art. 8.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 10.5.2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

Preliminarmente va rilevata la irritualità della documentazione presentata in udienza ex art. 372 c.p.c..

Con riferimento all’asserita avvenuta definizione agevolata della lite ai sensi della Dec. G.C. 9.2.2009, n. 15, l’art. 5, comma 3, delibera cit. prevede che ai fini della conclusione del procedimento giurisdizionale, al termine della durata della sospensione e nelle ipotesi in cui si sia perfezionata la definizione agevolata, la parte che originariamente ha proposto la controversia sarà tenuta a presentare avanti la competente Commissione tributaria (e quindi anche davanti alla Corte di Cassazione ove il relativo ricorso risulti pendente), l’atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio, debitamente sottoiscritta dalla controparte per accettazione della richiesta di compensazione delle spese del giudizio.

Tale adempimento non risulta adempiuto dalla ricorrente.

1. Con il primo motivo di ricorso il Comune ricorrente deduce la nullità della procura rilasciata con l’atto di appello al difensore della società New Look, in quanto l’atto di appello è stato sottoscritto dal sig. F.V., qualificatosi rappresentante legale senza indicare la carica ricoperta all’interno della società, e senza precisare quale organo è investito del potere di rappresentanza. Tali carenze secondo il Comune ricorrente determinano la non riferibilità dell’atto di appello alla società e comporterebbero oltre che la nullità della procura, la inammissibilità dell’appello.

Il motivo di ricorso deve ritenersi infondato. E’ infatti valida la procura "ad litem" conferita da persona chiaramente identificabile, che abbia dichiarato la propria qualità di legale rappresentante dell’ente ricorrente, mentre incombe su colui che nega tale qualità l’onere di fornire la prova contraria (Cassazione civile, sezione 3, n. 575 del 17 gennaio 2001). La parte ricorrente avrebbe dovuto in ogni caso dimostrare di aver contestato tempestivamente la predetta qualità in modo da consentire al soggetto che aveva sottoscritto la procura speciale alle liti di indicare l’atto di conferimento dei poteri rappresentativi o della diversa situazione abilitante (cfr.

Cassazione civile, sezione 3, n. 13381 dell’8 giugno 2007).

2. Sono fondati gli ulteriori motivi di ricorso.

L’art. 12 prevede due fattispecie di presupposti impositivi distinti:

1) la pubblicità ordinaria, effettuate mediante insegne, cartelli simili (disciplinata dai commi uno e due), 2) la pubblicità effettuata mediante affissioni dirette, anche per conto altrui di manifesti simili su apposite strutture adibite all’esposizione di tali mezzi.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12 vigente ratione temporis, prevedeva che "1. per la pubblicità effettuata mediante insegne, cartelli, locandine, targhe, stendardi o qualsiasi altro mezzo non previsto dai successivi articoli, la tariffa dell’imposta per ogni metro quadrato di superficie e per anno solare è la seguente….2.

Per le fattispecie pubblicitarie di cui al comma 1 che abbiano durata non superiore a tre mesi si applica per ogni mese o frazione una tariffa pari ad un decimo di quella ivi prevista. 3. Per la pubblicità effettuata mediante affissioni dirette, anche perconto altrui, di manifesti e simili su apposite strutture adibite alla esposizione di tali mezzi si applica l’imposta in base alla superficie complessiva degli impianti nella misura e con le modalità previste dal comma 1.

Il comma 3 ha effettuato un espresso rinvio quanto alla "misura e modalità" della imposta, al solo comma 1 e non al comma 2, non trovando, quindi applicazione, la successiva modifica normativa, in vigore dal 1 gennaio 2001 che ha modificato il comma 3 inserendo anche il comma 2 tra le modalità di pagamento dell’imposta, stabilendo una durata prestabilita connaturale al tipo di impianti questioni, indipendentemente dallo sfruttamento dell’impianto e dell’invio di messaggi pubblicitari, dovendosi, all’epoca, valutare l’idoneità astratta dell’impianto ricevere messaggi ai fini dell’imposta, di là delle scelte concrete dell’operatore durante il periodo di durata della concessione, prevedendo un periodo di imposta fisso e non inferiore all’anno.

Con riferimento al caso di pubblicità per affissione diretta effettuata da società su impianti di proprietà e per conto di terzi, la modifica al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 12, comma 3, introdotta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 145, comma 56, ha portata innovativa e, quindi, è priva di efficacia retroattiva (così come la Delib. n. 42 in data 27 gennaio 2001, con cui il consiglio comunale di Roma dava pronta attuazione – ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 3 – alla suddetta disposizione innovativa), per cui alle fattispecie impositive di data anteriore non può essere applicata la tariffa commisurata alla durata non superiore a tre mesi del messaggio pubblicitario, ma il precedente sistema di calcolo dell’imposta in questione, riferito all’anno solare (Cassazione civile, sezione 5, n. 1915 del 30 gennaio 2007 e n. 2826 del 7 febbraio 2008).

Pertanto, nel caso di impianti di cui al terzo comma, con riferimento all’anno d’imposta 1997, non è consentito tener conto della durata delle singole esposizioni nel corso dell’anno solare ma della disponibilità degli impianti per tutto il periodo indicato nel titolo rilasciato.

3. L’imposta va commisurata, ai sensi del terzo comma del citato art. 12, alla "superficie complessiva degli impianti" e non già alla sola superficie espositiva; pertanto la superficie degli impianti è da intendersi quella comunque disponibile ed utilizzabile dal contribuente perchè i termini impianto, mezzo pubblicitario, superficie complessiva usati nelle varie disposizioni va riferito a tutta la installazione pubblicitaria, composta anche dalla struttura che lo contiene, comprensiva delle cornici (salvo che servano da mero sostegno).

Il principio di imponibilità omnicomprensiva di tutta la superficie "esposta" trova deroga solo nel caso in cui venga fornita dimostrazione da parte del contribuente che le strutture, destinate a veicolare messaggi pubblicitari (piedi, pali, grappe, supporti, cornici), hanno una funzione di mero sostegno quali "superfici tecniche", espressamente esenti dall’imposta D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 7 e dunque non comprese nel calcolo della superficie soggetta a tassazione in quanto strutturali al mezzo e privi di finalità pubblicitaria. (Cass. 552/07). Di tale specifica funzione non è stata fornita prova alcuna dalla società intimata che si è limitata ad una mera affermazione, risultando ammesso dalle intimata che la superficie disponibile degli impianti e di 18 m2.

4. La censura della intimata, sulla non applicabilità le sanzioni e, quindi, le soprattasse gli interessi moratori stante l’obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 8 va disattesa risultando sufficientemente chiaro l’ambito applicativo della disposizione nè ravvisandosi l’impossibilità, esistente in sè , d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione del caso di specie. (Corte cass. 28.11,2007 n. 24670 ; id. 21 marzo 2008, n. 7765; id. 11.9.2009 n. 19638).

Pertanto, in accoglimento del ricorso del Comune di Roma andrà cassata la sentenza e non occorrendo ulteriori indagini nel merito (non essendo stata impugnato dal Comune la determinazione della CTP, relativa all’erronea applicazione dell’aumento del 20% operato con la Delib. 17 febbraio 1998, n. 12), va confermata la sentenza della Commissione tributaria provinciale. Ricorrono giusti motivi – stante la natura e peculiarità della controversia – per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso del Comune, cassa la sentenza impugnata e – decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c. – conferma la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 456/21/2001. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012

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