Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43735

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 9.12.2010 il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva il reclamo proposto da R.A. avverso il decreto ministeriale del 14.4.2010 con il quale veniva prorogato il regime di cui all’art. 41 bis Ord. Pen..

Il tribunale premetteva che il R. è ristretto in carcere dal 20.4.2001 e, richiamati i principi di diritto in ordine al sindacato in sede di reclamo sul provvedimento amministrativo relativo allo speciale regime detentivo ed in specie avuto riguardo alla proroga di detto regime, pur dando atto che la motivazione del provvedimento impugnato appariva Incongrua perchè fondata su informazioni evidentemente insufficienti a fornire indicazioni circa il persistere dei presupposti per l’applicazione dello speciale regime, tuttavia, rigettava il reclamo affermando che il provvedimento appariva sufficientemente motivato per effetto del riferimento, pur sintetico, all’informativa del Ministero degli Interni in data 2.4.2010. Infatti, attesa la già vagliata pericolosità del sodalizio gelese e dei ruolo di vertice svolto dal R., le risultanze di detta Informativa in ordine alla persistente operatività della criminalità organizzata gelese comprovano l’attualità del pericolo derivante dal venir meno del regime speciale.

2. Ricorre l’interessato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione sotto diversi profili.

Il ricorrente lamenta la incongruità della deliberazione compiuta dal tribunale di sorveglianza in ordine alla sussistenza dei presupposti della proroga del regime detentivo differenziato. Afferma che nessun controllo in ordine al provvedimento reclamato è stato concretamente effettuato dal tribunale che avrebbe dovuto valutare gli elementi allegati dal ricorrente al fine di documentare la mancata presenza nel territorio dell’associazione mafiosa del clan Rinzivillo.

Censura, quindi, la motivazione del provvedimento impugnato, trattandosi di motivazione meramente apparente e assolutamente contraddittoria. Infatti, a fronte della rilevata carenza di attualità degli elementi indicati nelle informative, il tribunale rigettava il reclamo sulla base di informazioni ritenute indicative della persistente operatività del crimine organizzato gelese, senza alcun riferimento al ricorrente ed al sodalizio al quale lo stesso apparteneva.

Motivi della decisione

Il ricorso – ad avviso del Collegio – è fondato.

Come è stato ampiamente ricordato nello stesso provvedimento impugnato la vigente formulazione della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, comma 2 bis, prevede che la proroga dello speciale regime è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvivenza di incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto. Di contro, il mero decorso del tempo non costituisce, di per sè, l’elemento sufficiente ad escludere la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno dell’operatività della stessa.

Il tribunale, quindi, era tenuto a porre in risalto il duplice dato della biografia delinquenziale del detenuto e dell’attuale operatività del sodalizio di appartenenza, accompagnando l’indicazione di indici fattuali, anche non coesistenti, sintomatici dell’attuale pericolo di collegamenti con l’esterno.

Alla luce dei principi richiamati, invero, la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta di fatto meramente apparente.

L’accertamento delle condizioni giustificative del provvedimento reclamato è stato eseguito in modo generico ed astratto, articolando soltanto in apparenza una verifica con esito positivo del riferimento alla pericolosità criminale del detenuto ed in specie della persistenza di collegamenti con il gruppo criminale di appartenenza.

Basta evidenziare che lo stesso tribunale ha dato atto:

a) che la laconica nota in data 7.4.2010 la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta non fornisce alcuna effettiva informazione aggiornata e soprattutto non da alcuna informazione sull’esito delle indagini indicate come in corso e sui nominativi ed i procedimenti relativi a non meglio identificati esponenti del clan Rinzivillo in libertà;

b) che la nota della Direzione distrettuale antimafia di Roma non fornisce alcuna informazione utile a ritenere persistenti i presupposti di cui all’art. 41 bis comma 2 Ord. Pen.;

c) che la nota della Direzione nazionale antimafia è ripetitiva di quella della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta;

d) che quanto alla nota della D.I.A. vale quanto rilevato per quella della Direzione distrettuale antimafia di Roma;

e) che la nota del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri si limita ada elencare alcune delle precedenti condanne;

f) che la nota del Ministero degli Interni è l’unica fonte a fornire indicazioni sulle operazioni poste in essere tra aprile 2009 e gennaio 2010 che depongono in modo univoco per la persistente operatività, soprattutto nel settore delle estorsioni, di cosa nostra gelese.

Inoltre, il tribunale ha rilevato che "la motivazione del provvedimento impugnato appare incongrua nella parte in cui si fonda su informazioni evidentemente insufficienti per genericità e per carenza di attualità a fornire indicazioni circa il persistere dei presupposti per l’applicazione dello speciale regime" ed altresì che "la motivazione appare contraddittoria nella parte in cui fa riferimento alle informazioni elencate sub 2 e 4 le quali sono espressamente riferite al passato".

Nonostante ciò, il tribunale ha rigettato il reclamo affermando che il provvedimento appariva "sufficientemente motivato per effetto del riferimento, pur sintetico, all’informativa del Ministero degli Interni", facendo per vero un apodittico rinvio ai contenuti della predetta nota della quale in premessa riportava un breve e generico passaggio: "sono ancora numerosi i personaggi di spicco latitanti o in stato di libertà che gravitano nell’organizzazione mafiosa "cosa nostra" facente capo al clan Rinzivillo". Null’altro è dato rintracciare nel provvedimento impugnato al fine di motivare le ragioni della proroga assunta.

Il tribunale, quindi, ha sostanzialmente eluso il tema della perdurante attualità della pericolosità del ricorrente.

Pertanto, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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