Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-06-2012, n. 9633 Tassa rimozione rifiuti solidi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 6/5/10, depositata il 26.1.10, la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla società Le Agavi Hotel a Positano s.r.l. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, con la quale era stato in parte accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamento, emessi per il pagamento della TARSU, per gli anni dì imposta dal 2001 al 2004.

2. La CTR, invero, dopo avere disatteso – in via pregiudiziale – l’eccezione di inammissibilità dell’appello per non corretta indicazione della CTR adita, proposta dall’appellato Comune di Positano, riteneva – nel merito – sussistente, nel caso concreto, la fattispecie di esenzione dall’imposta, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 in conseguenza del carattere stagionale dell’attività svolta dall’azienda alberghiera appellante.

2.1. Il giudice di appello riteneva, poi, di accogliere l’istanza di correzione materiale del dispositivo dell’emessa sentenza, proposta dalla appellante Le Agavi Hotel s.r.l. provvedendo a tale adempimento con ordinanza n. 18/5/10.

3. Per la cassazione della sentenza n. 6/5/10 ha proposto ricorso il Comune di Positano, affidato a quattro motivi.

La società resistente ha replicato con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. In via pregiudiziale, è necessario prendere in esame le eccezioni di rito sollevate dalla resistente, con le quali la società Le Agavi Hotel a Positano s.r.l. deduce l’inammissibilità ed improcedibilità – sotto diversi profili – del ricorso proposto dall’ente territoriale ricorrente .

1.1. In primo luogo, la resistente eccepisce, invero, 1’improcedibilità del ricorso per non avere il Comune di Positano allegato – all’atto introduttivo del presente giudizio di legittimità – i documenti sui quali tale impugnazione si fonda, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. L’eccezione è infondata.

Va osservato, infatti, che – ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2 – i fascicoli delle parti nel processo tributario restano acquisiti al fascicolo d’ufficio, e sono restituiti alle stesse solo al termine dell’intero giudizio. Ne discende che tali fascicoli, con i documenti in essi contenuti, non sono nella libera disponibilità delle parti, le quali, pertanto, non sono onerate, a pena di improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, della produzione del proprio fascicolo, e per esso di copia autentica degli atti e dei documenti ivi contenuti. Ed invero, tali atti e documenti, unitamente al fascicolo di parte che li contiene, restano allegati al fascicolo d’ufficio, del quale la parte provvede a richiedere la trasmissione a questa Corte, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, e sono, di conseguenza disponibili per le parti e per la stessa Corte – laddove occorra – a seguito di tale acquisizione (Cass. S.U. 22726/11).

Ne discende che l’eccezione in parola non ha fondamento alcuno e va, pertanto, disattesa.

1.2. La società Le Agavi Hotel s.r.l. eccepisce, poi, l’improcedibilità del ricorso, per non avere il Comune di Positano allegato, in violazione del disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, copia autentica della sentenza impugnata, contenete la relativa relata di notifica, ai fini di consentire alla Corte di verificare la tempestività, o meno, dell’intervenuta impugnazione. Anche l’eccezione in esame si palesa del tutto infondata. E’ bensì vero, infatti, che l’onere di deposito di copia della sentenza impugnata, con la relativa relata di notifica, di cui alla norma succitata, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitatale soltanto con l’osservanza del c.d.

termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.. Tuttavia, è del tutto evidente che siffatta esigenza è ravvisabile nelle sole ipotesi nelle quali il ricorrente alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, e – nondimeno – si limiti a produrre una copia autentica di tale sentenza, senza la pedissequa relata di notificazione; ipotesi questa alla quale non può che conseguire – in forza della disposizione summenzionata – la declaratoria di improcedibilità del ricorso (cfr. Cass.S.U. 9005/09).

Per converso, nel caso di specie, il Comune ricorrente ha, ben al contrario, dedotto (v. p. 1 del ricorso) che la sentenza dì appello non era stata ritualmente notificata presso il procuratore costituito per l’ente pubblico (a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 2, artt. 170 e 285 c.p.c.), essendo stata, invece, notificata direttamente a quest’ultimo, presso la propria sede. Per il che – non essendo tale forma di notifica, avvenuta personalmente alla parte anzichè al difensore costituito, idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione della sentenza ex art. 325 c.p.c. (per tutte, Cass. 10026/10, 17790/03) – deve ritenersi che, nella specie, il Comune di Positano abbia inteso impugnare la sentenza di appello nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..

Di conseguenza, l’eccezione in parola va, del pari, disattesa.

1.3. La contribuente eccepisce, inoltre, 1′ inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non contenendo – a suo parere – l’atto introdut-tivo del giudizio di legittimità l’indicazione dello svolgimento essenziale della vicenda processuale, e non essendo state, in particolare, riportate le argomentazioni, in fatto e in diritto, su cui si fondava la sentenza di secondo grado.

L’eccezione è manifestamente infondata.

Va osservato, infatti, che ai fini della sussistenza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, imposta ai pena di inammissibilità del ricorso dall’art. 366 c.p.c., è necessario che nel contesto dell’atto di impugnazione si rinvengano gli elementi indispensabile perchè il giudice di legittimità possa avere, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, una chiara e completa visione del "fatto" sostanziale e processuale, ovverosia dell’oggetto dell’impugnazione, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti (cfr. Cass. 5492/99, 3654/06, 16315/09).

E tale parte espositiva, in via sommaria, del fatto sostanziale e processuale ben può essere collocata – con pari efficacia, ai fini della conoscenza da parte del giudice di legittimità delle critiche mosse all’impugnata sentenza – sia in via autonoma, prima dell’articolazione dei motivi, sia nell’ambito dell’illustrazione degli stessi motivi di ricorso (cfr. Cass. 20393/09). Nel caso di specie, il ricorso del Comune di Positano a giudizio della Corte – contiene una chiara ed esaustiva – ancorchè sintetica – esposizione dei fatti di causa, della posizione assunta dalle parti, e del contenuto delle pronunce dì prime e di seconde cure, ed ulteriori elementi in ordine al fatto sostanziale e processuale controverso possono agevolmente desumersi dall’esame dei motivi di ricorso.

Se ne deve necessariamente inferire, pertanto, che l’eccezione in esame non può che essere disattesa.

1.4. La società Le Agavi Hotel s.r.l. eccepisce, ancora, l’inammissibilità del ricorso per non avere il ricorrente Comune di Positano indicato specificamente gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Anche tale eccezione, a giudizio della Corte, si palesa del tutto infondata.

Ed infatti, il ricorrente ha indicato chiaramente nell’atto introduttivo del presente giudizio di legittimità – gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda e che sono allegati nel fascicolo d’ufficio o nel fascicolo di parte in esso inserito. Per il che il ricorrente ben può avvalersi degli stessi – come dianzi detto una volta acquisito in cassazione il fascicolo d’ufficio di secondo grado, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3.

1.5. La società resistente eccepisce, infine, l’inammissibilità del ricorso, per avere il Comune di Positano richiesto la totale cassazione della decisione di appello, laddove in relazione all’annualità di imposta 2001 deve ritenersi si sia formato il giudicato interno, per non avere l’ente proposto alcun motivo di doglianza al riguardo. Nessuna inammissibilità del ricorso, a giudizio della Corte, può, peraltro, ritersi sussistente. E’, per vero, appena il caso di rilevare che la richiesta di cassazione dell’impugnata sentenza, proposta dal Comune di Positano, è da intendersi circoscritta nei confini della soccombenza dell’ente – nel giudizio di seconde cure – gravata dal medesimo con ricorso per cassazione, e va accolta dalla Corte in tali specifici limiti, nel rispetto della previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 e, quindi, del giudicato interno formatosi sul punto. Per tali ragioni, di conseguenza, anche l’eccezione in parola non può che essere rigettata.

2. Passando, quindi, all’esame dei motivi di ricorso proposti dal Comune di Positano, va rilevato che con la prima censura l’ente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2.1. Nel ricorso in appello la società Le Agavi Hotel s.r.l. non avrebbe, a parere del ricorrente, correttamente indicato il giudice destinatario del gravame, individuato, invero, con la sola indicazione – contenuta nell’intestazione del ricorso – "Alla Commissione tributaria regionale", seguita, al rigo successivo, dalla dizione Sezione di Salerno. Pertanto, difettando l’indicazione della Regione (la Campania) alla quale appartiene la predetta sezione di Salerno, che non costituisce una Commissione tributaria autonoma, l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile dalla CTR, per violazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.

2.2. Il motivo è infondato.

2.2.1. A tenore della norma succitata, infatti, il ricorso in appello è inammissibile nella sola ipotesi in cui manchi, o sia "assolutamente incerto" uno degli elementi essenziali dell’atto introduttivo del giudizio di seconde cure, tra i quali "l’indicazione della commissione tributaria a cui è diretto".

Ebbene, l’indicazione – nel caso concreto – della sezione di Salerno, da parte dell’appellante, vale senza dubbio ad escludere la sussistenza di un’incertezza assoluta ingenerabile nella controparte circa il giudice di appello adito, essendo del tutto evidente che – poichè detta località è ricompresa nell’ambito della circoscrizione territoriale della Regione Campania – la Commissione tributaria cui il ricorso in appello era rivolto non può che individuarsi in quella della Campania.

2.2.2. Ma vi è di più.

Va considerato, infatti, che il deposito dell’atto in questione nella cancelleria della predetta CTR della Campania, ed il decreto di fissazione dell’udienza da parte del presidente della stessa (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 30 e 61), escludono in radice che l’appellato – cui il ricorso ed il decreto siano notificati – possa essere incerto circa il giudice davanti al quale deve comparire, che va – per vero – identificato necessariamente in quello dinanzi a cui la causa è stata, in tal modo, radicata (cfr., sia pure con riferimento al rito del lavoro, Cass. 9344/11).

2.2.3. Ad ogni buon conto, va soggiunto che nella memoria ex art. 378 c.p.c. l’ente territoriale, evidentemente consapevole dell’estrema inconsistenza della censura suesposta, ha altresì rinunciato espressamente a farla valere, per cui la stessa va – a maggior ragione – disattesa dalla Corte.

3. Con il secondo motivo di ricorso, il Comune di Positano deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 287 c.p.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

3.1. Osserva, invero, il ricorrente che la CTR avrebbe ritenuto di aver commesso un errore materiale nella stesura del dispositivo della sentenza già emessa, accogliendo, di conseguenza, un’istanza di correzione proposta dalla società Le Agavi Hotel s.r.l..

La correzione operata sarebbe, peraltro, consistita nel dichiarare dovuta la TARSU "sulle maggiori superfici accertate di mq. 6.868, limitatamente ai mesi di effettivo esercizio delle attività come previsto dalla licenza comunale", laddove l’originario dispositivo della sentenza di appello si limitava a dichiarare dovuta la TARSU "sulle maggiori superfici accertate, limitatamente ai mesi di effettivo esercizio delle attività come previsto dalla licenza comunale". Rispetto al dispositivo originario, quindi, erano state aggiunte la parole "di mq. 6.868". Senonchè, detta correzione – ad avviso dell’ente territoriale – stravolgerebbe il testo della decisione, atteso che la maggiore superficie accertata era di soli mq. 1.997, mentre la superficie di mq. 6.868 è quella complessiva dell’intera struttura alberghiera da assoggettare a tassazione.

3.2. La censura è inammissibile per difetto di interesse.

3.2.1. Va osservato, per vero, che l’interesse ad impugnare la sentenza di appello con ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole alla parte che propone il gravame, non potendo detto presupposto dell’impugnazione esaurirsi in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, priva di riflessi pratici sulla decisione adottata (cfr., tra le tante, Cass. 15353/10, 11731/11).

3.2.2. Ciò posto è del tutto evidente che, nel caso concreto, difetta di interesse il Comune di Positano a far valere la pretesa erroneità della correzione dell’impugnata sentenza, laddove questa – lungi dal tradursi in un vantaggio per la società contribuente, in pregiudizio dell’ente territoriale impositore – si è, per contro, concretata nell’indicazione complessiva della superficie totale assoggettabile a tassazione, ben superiore a quella oggetto degli specifici atti impositivi contestati dalla contribuente.

Il motivo in esame non può, pertanto, che essere dichiarato inammissibile.

4. Con il terzo e quarto motivo di ricorso – da esaminare congiuntamente, attesa la loro evidente connessione – il Comune di Positano denuncia, infine, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62, comma 2, artt. 58 e 64 e L. n. 135 del 2001, art. 9, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la contraddittorietà della motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

4.1. La CTR avrebbe, invero, ritenuto di porre a fondamento della decisione il disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 ma – pur riconoscendo che tale disposizione presuppone che le circostanze che possono determinare l’esclusione del tributo devono essere comprovate nella denuncia originaria o di variazione, ed essere riscontrate in base ad elemento obiettivi – avrebbe poi, del tutto contraddittoriamente, affermato che tali condizioni di esclusione della TARSU, derivanti dalla stagionalità dell’attività della società Le Agavi, sarebbero state comunque a conoscenza dell’ente impositore.

In tal modo, il giudice di appello – a parere del ricorrente – sarebbe pervenuto al risultato di riconoscere alla contribuente, in violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 e con motivazione contraddittoria, "l’esonero o meglio l’esenzione" dal tributo, sebbene difettasse agli atti la prova dell’oggettiva impossibilità per la struttura alberghiera di produrre rifiuti per i mesi dall’1 novembre al 31 marzo di ogni anno, per essere l’attività dell’Hotel Le Agavi – a detta della contribuente, condivisa sul punto dalla CTR – limitata al periodo dall’I aprile al 31 ottobre di ogni anno.

4.2. Tali doglianze sono pienamente fondate.

4.2.1. Osserva, per vero, la Corte che – in tema di raccolta di rifiuti solidi urbani – il D.Lgs. n. 507 del 1993 contempla, all’art. 66 dei temperamenti dell’imposizione per le situazioni che obiettivamente possono comportare una minore utilizzazione del servizio, come nel caso dell’uso stagionale, previsto dalla lett. b) del co. 3 di tale disposizione. Tali situazioni, che danno luogo ad una riduzione percentuale, espressamente prevista, della tariffa applicabile, non possono – per converso – giammai comportare un totale esonero del pagamento della TARSU, come disposto, invece, nel caso di specie, dalla CTR della Campania.

Va osservato, infatti, che la tassa in questione è dovuta – in forza del disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1 – per effetto dell’occupazione o della detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, fatta eccezione: a) per le aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni; b) per i locali e le aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti. Siffatte esclusioni non sono, peraltro automatiche, giacchè la norma succitata – ponendo una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area – dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità debbano essere dedotte dal contribuente o nella denuncia originaria o in quella in variazione, ed essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili direttamente, o a mezzo di idonea documentazione (Cass. 19459/03, 19173/04).

4.2.2. Da quanto suesposto non può che inferirsi, a giudizio della Corte, la totale erroneità della decisione impugnata, laddove ha ritenuto di concedere alla contribuente l’esenzione dalla TARSU – per i mesi da novembre a marzo – sulla base della sola circostanza, presunta nota all’ente impositore, che l’attività alberghiera della contribuente era espletata esclusivamente nei mesi da aprile ad ottobre. Tale unica circostanza è stata – per vero – valorizzata dal giudice di appello e posta a fondamento esclusivo della decisione, senza che la società Le Agavi si fosse premurata – come affermato dalla stessa CTR – di adempiere l’onere di comprovare la spettanza di tale esenzione, alla stregua degli elementi formali suindicati.

Ebbene, la mancata utilizzazione della struttura alberghiera in questione per alcuni mesi dell’anno di per sè non può corrispondere alla previsione di esenzione dal tributo di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2. Ed invero, tale norma – come dianzi detto – indica come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di "obiettiva" impossibilità di utilizzo dell’ immobile, che – di certo – non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente (Cass. 18316/04, 17524/09), e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 (Cass. 22770/09).

5. Per tutte le ragioni esposte, dunque, in accoglimento del terzo e quarto motivo di ricorso, la sentenza n. 6/5/10 va cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che dovrà riesaminare il merito della controversia, determinando il quantum della pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, attenendosi al seguente principio di diritto: "il D.Lgs. n. 507 del 1993 contempla, all’art. 66 dei temperamenti dell’imposizione per le situazioni che possono obiettivamente comportare una minore utilizzazione del servizio, come nel caso dell’uso stagionale, previsto dalla lett. b) del comma 3 di tale disposizione, con conseguente riducibilità della tariffa applicabile; le circostanze escludenti, invece, del tutto la produttività di rifiuti e la conseguente tassabilità debbono essere dedotte dal contribuente o nella denuncia originaria o in quella in variazione, ed essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili direttamente, o a mezzo di idonea documentazione; la mancata utilizzazione di una struttura alberghiera per alcuni mesi dell’anno di per sè non può corrispondere alla previsione di esenzione dal tributo di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 indicando tale norma come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di "obiettiva" impossibilità di utilizzo dell’ immobile, che non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente, o al mancato utilizzo di fatto della medesima struttura per alcuni mesi dell’anno".

6. Il giudice di rinvio provvederà, altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo; accoglie il terzo e quarto motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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