Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-06-2012, n. 9632 Tassa rimozione rifiuti solidi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 72/6/10, depositata il 25.6.10, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dal Partito della Rifondazione Comunista avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, con la quale era stato disatteso il ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella di pagamento emessa per il pagamento della TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), per l’anno di imposta 2006.

2. La CTR, invero, condividendo le argomentazioni del giudice di prime cure, riteneva sussistente – alla stregua delle risultanze di causa – la qualità di contribuente, ai fini del pagamento della TARSU, in capo alla Direzione Nazionale del Partito, in conseguenza dell’occupazione di un locale sito nel Comune di Modugno, adibito ad uso della sezione locale.

3. Per la cassazione della sentenza n. 72/6/10 ha proposto ricorso il Partito della Rifondazione Comunista affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva. Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, il Partito della Rifondazione Comunista deduce l’insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

1.1. Dalla documentazione in atti non si desumerebbe, invero, a parere del ricorrente, elemento alcuno dal quale possa inferirsi la riconducibilità dell’immobile sotto la sfera giuridica del Direzione nazionale del partito, essendo stato il locale, cui si riferisce l’imposta in questione, sempre nella disponibilità della sezione locale.

Il giudice di appello sarebbe, pertanto, incorso in un palese malgoverno delle risultanze processuali, avendo valutato in modo del tutto incongruo – ad avviso del partito ricorrente – le circostanze relative all’avvenuto pagamento della TARSU, per le annualità precedenti quella in contestazione (2006), da parte della Direzione nazionale del partito, nonchè all’indebito uso – da parte del rappresentante della sezione locale, del codice fiscale della Direzione nazionale.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.2.1. Va osservato, infatti, che la deduzione di un vizio di motivazione della decisione impugnata con ricorso per cassazione conferisce alla Corte, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, al fine di rivedere il ragionamento decisorio poichè non conforme alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi presi in considerazione. E’, per vero, fin troppo evidente che, in siffatta ipotesi, il motivo di ricorso si tradurrebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice stesso, volta ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.

La denuncia del vizio di motivazione può comportare, dunque, soltanto una verifica, da parte del giudice di legittimità, della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, scegliendo – dopo avere valutato l’attendibilità e la concludenza delle prove assunte – tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a comprovare i fatti in discussione (cfr, ex plurimis, Cass. 2212/01, 27162/09, 6694/09, 6288/11).

1.2.2. Ebbene, nel caso di specie, la deduzione, da parte del Partito della Rifondazione Comunista, della pretesa erroneità delle valutazioni operate in fatto dal giudice di appello, circa la qualità di effettivo contribuente ascrivibile alla Direzione nazionale, si traduce in un’istanza di riesame del merito della controversia, del tutto inammissibile in questa sede. Il ricorrente si è limitato, invero, a sottoporre a questa Corte gli stessi elementi di fatto (concernenti la concreta individuazione del soggetto passivo del tributo) già sottoposti alla valutazione della CTR nel giudizio di appello, chiedendone – in buona sostanza- una rivisitazione del tutto incompatibile con la natura ed i limiti del giudizio di legittimità.

Per tali ragioni, dunque, il motivo in esame non può che essere disatteso.

2. Con il secondo motivo di ricorso, il Partito della Rifondazione Comunista deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2.1. L’erroneità dell’addebito della tassa in questione alla Direzione nazionale del partito deriverebbe, invero, dalla piena autonomia organizzativa e gestionale delle singole sezioni provinciali e regionali, costituenti a loro volta – come il partito nazionale – delle autonome associazioni riconosciute, distinte ed indipendenti dall’organizzazione centrale, sebbene a questa strettamente legate. Ne conseguirebbe – a parere del ricorrente, e sulla base della mera, asserita, natura giuridica delle articolazioni del partito – la totale estraneità della Direzione nazionale del partito all’addebito concernente il mancato pagamento della TARSU per l’anno 2006.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Va osservato, infatti, che il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, postula che, in relazione al fatto accertato dal giudice di merito, le norme non siano state applicate quando dovevano esserlo, ovvero che lo siano state quando non si doveva applicarle, o – ancora – che siano state male applicate. Il ricorrente deve, pertanto, in ogni caso prospettare l’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata, nonchè indicare – a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 4 – i motivi per i quali chiede la cassazione della medesima sentenza (v. Cass. 22348/07).

2.2.2. Ebbene, nel caso di specie, il partito ricorrente non ha, anzitutto, indicato norma alcuna che il giudice di appello possa avere – in ipotesi – violato (il motivo di ricorso è, infatti, genericamente rubricato "violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto"), si da giustificare la censura della decisione in punto di diritto. Ma, soprattutto, il ricorrente ha del tutto omesso di addurre specifiche argomentazioni, intellegibili ed esaurienti, volte a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie concreta, o con l’interpretazione delle stesse resa dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 5353/07).

Ed è appena il caso di soggiungere che siffatte omissioni impediscono a questa Corte regolatrice di adempiere -nella fattispecie in esame – il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione.

3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, senza statuizione alcuna sulle spese, attesa la mancata costituzione del resistente Comune di Modugno.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione; rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012

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