T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 04-01-2012, n. 72 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con bando del 30.12.2009, la Regione Lazio – Direzione Regionale Trasporti ha indetto una gara per l’affidamento della elaborazione della progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per la realizzazione degli interventi per la eliminazione dei passaggi a livello della ferrovia regionale Roma – Viterbo alle chilometriche 57+855, 58+980, 59+994, 60+828, 61+507, 62+078, 64+578, 73+062 (CIG n. 0417407725), per un importo a base d’asta pari a Euro 6.539.382,00, comprensivi di Euro 460.478,00 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso.

Ai fini dell’aggiudicazione è stato previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base dei contenuti dell’offerta tecnica e di quella economica, secondo le specificazioni esplicitate nel bando.

Hanno partecipato alla gara sei concorrenti, quattro dei quali sono stati esclusi prima dell’apertura delle offerte economiche.

In data 21.6.2010 si è provveduto, in seduta pubblica, all’apertura delle buste contenenti le offerte economiche dei due operatori economici rimasti in gara: la costituenda ATI Consorzio Costruzioni Cooperatice CCC Società Cooperativa – I.C.O.P. S.p.A. e la costituenda ATI P. S.r.l. – T.E. S.r.l..

All’esito della valutazione delle offerte tecnica ed economica è risultata avere conseguito il miglior punteggio la costituenda ATI P. – Tantari.

Con nota del 5.8.2010, la Regione ha, quindi, chiesto ai due concorrenti classificatisi al primo ed al secondo posto la documentazione comprovante il possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara.

La Regione Lazio non è, però, addivenuta all’aggiudicazione definitiva della gara, avendo, invece, assunto una determinazione con la quale ha annullato, in via di autotutela, l’intera procedura ad evidenza pubblica.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la P. S.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI con la mandante T.E. S.r.l., ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.

La Regione Lazio, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza delle censure avanzate dalla ricorrente ed ha chiesto il rigetto del ricorso.

L’AREMOL – Agenzia Regionale per la Mobilità del Lazio, si è costituita in giudizio ed ha: – eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, perché Ente strumentale dell’Amministrazione, mentre la vera e propria Stazione appaltante è la Regione Lazio; – eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto il provvedimento impugnato è motivato de relato rispetto alla nota regionale del 4.3.2011 che non è stata censurata dalla ricorrente; – eccepito la tardività del ricorso proposto il 28.5.2011 a fronte della determinazione regionale del 18.4.2011; – l’infondatezza delle censure di parte ricorrente, poiché i presupposti di fatti e di diritto necessari per disporre l’annullamento d’ufficio sono espressi nella nota regionale del 4.3.2011 da considerare alla luce di quanto disposto dagli artt. 22 e 25, lett. p), del bando di gara.

Si sono costituite in giudizio anche il Consorzio Cooperative Costruzioni CCC Società Cooperativa e I.C.O.P. S.p.A., rappresentando, tra l’altro, di avere con autonomo ricorso (RG n. 4685/2011), l’annullamento del provvedimento di annullamento disposto in via di autotutela.

Con ordinanza 28 luglio 2011, n. 2864 è stata accolta la domanda cautelare proposta dalla ricorrente.

Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.

All’udienza del 1° dicembre 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, il Collegio respinge l’eccezione di tardività del ricorso, perché la determinazione regionale del 18.4.2011 è stata impugnata il 28.5.2011 in quanto comunicata il 28.4.2011.

Va respinta anche l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’AREMOL, perché se è vero che trattasi di Ente strumentale dell’Amministrazione regionale, è anche vero che nella fattispecie tale Soggetto ha avviato e curato la procedura ad evidenza pubblica in questione – il cui esito costituisce è stato messo in discussione dalla parte ricorrente – e, quindi, non può ritenersi estranea al contenzioso oggetto di causa.

Infine, va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione della nota regionale del 4.3.2011 (che secondo l’AREMOL conterrebbe le motivazioni del provvedimento di autotutela, richiamate de relato nel provvedimento di annullamento contestato), perché ciò che la parte ricorrente ha impugnato è il provvedimento di autotutela ed, in particolare, la sua motivazione. Quindi, una volta impugnato il provvedimento di annullamento d’ufficio, la verifica della correttezza della motivazione della decisione assunta dalla Stazione appaltante e la verifica dei presupposti utili per annullare d’ufficio la gara, costituiscono questione di merito e oggetto di causa, senza che sia necessario impugnare formalmente il presunto atto che, a parere dell’Amministrazione, reca l’esplicitazione delle ragioni dell’annullamento.

2. Passando all’esame del merito della controversia, il Collegio osserva che la parte ricorrente, con il ricorso introduttivo del giudizio, ha proposto il seguente motivo di ricorso: violazione della L. n. 241 del 1990 e dell’art. 11, co. 9 del D.Lgs. n. 163 del 2006; difetto di motivazione, contraddittorietà, eccesso di potere e violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa; violazione dei principi generali in materia di gare e procedure ad evidenza pubblica.

In particolare, la parte ricorrente ritiene illegittimi gli atti impugnati in quanto nel provvedimento impugnato non è stato dato atto delle valutazioni compiute dalla Regione Lazio in merito alle ragioni dell’illegittimità degli atti di gara in rapporto alla sussistenza di specifiche ragioni di interesse pubblico che ne hanno suggerito la rimozione, malgrado gli interessi dei controinteressati.

3. L’Amministrazione regionale resistente e l’AREMOL si sono difese in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

4. Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto.

Dalla documentazione prodotta in giudizio ed, in particolare, dagli atti di gara e dal provvedimento di autotutela contestato risulta che:

– la graduatoria provvisoria è stata trasmessa dalla Commissione di gara al Direttore Regionale Trasporti e da quest’ultimo al RUP;

– il RUP ha comunicato, con nota del 1.12.2010, "che sono emerse illegittimità/irregolarità ostative all’approvazione della aggiudicazione provvisoria, richiedendo l’individuazione del nuovo aggiudicatario";

– la Commissione di gara ha sospeso la procedura "per approfondimenti e chiarimenti relativi alle constatazioni fatte dal RUP sulla regolarità della documentazione presentata, trasmettendo copia del verbale redatto alla Direzione Regionale Trasporti";

– con nota del 22.12.2010, il RUP ha sollecitato la richiesta fatta con la propria precedente nota "ai fini degli adempimenti in materia di comunicazione ex art. 79, comma 5, lett. b, D.Lgs. n. 163 del 2006";

– il Direttore Regionale Trasporti ha, però, comunicato al RUP l’avvenuta sospensione del procedimento di gara per approfondimenti e chiarimenti;

– con nota del 24.12.2010, il RUP, contestando l’operato della Commissione di gara, ha manifestato "l’intenzione di rinunziare al proprio ruolo di RUP’;

– con nota del 4.3.2011, il Direttore Regionale Trasporti, ravvisando "che l’evolversi delle vicende" aveva "determinato un esito che non garantisce più l’interesse dell’Amministrazione", ha ritenuto "opportuno procedere in sede di autotutela ad un annullamento d’ufficio della procedura messa in atto". Ciò in quanto, secondo quanto risulta dalla nota del 4.3.2011, "le verifiche effettuate, a seguito dell’aggiudicazione provvisoria, hanno fatto emergere un vizio di forma, rispetto alla stessa procedura di gara, che pregiudicherebbe, in ogni caso, qualsiasi conseguente aggiudicazione definitiva, esponendo la Regione ad un sicuro contenzioso, ostativo per una ordinata e immediata esecuzione della stessa commessa";

– la determinazione di procedere all’annullamento della procedura di gara è stata adottata in sede di autotutela, "ai sensi dell’art. 11, comma 9, del D.Lgs. n. 163 del 2006 ed avvalendosi della clausola dell’art. 25, lettera p), del Bando Integrale di Gara, la quale recita espressamente che ‘La Stazione Appaltante si riserva di differire, spostare o revocare il presente procedimento di gara senza alcun diritto dei concorrenti a rimborsi, spese o quant’altro".

A parere del Collegio, da tali atti e considerazioni, emerge che con il provvedimento di autotutela è stata annullata l’intera procedura di gara senza indicare ed esplicitare i vizi inficianti la procedura ad evidenza pubblica, essendosi limitata l’Amministrazione ad affermare che un presunto vizio di forma "pregiudicherebbe, in ogni caso, qualsiasi conseguente aggiudicazione definitiva, esponendo la Regione ad un sicuro contenzioso, ostativo per una ordinata e immediata esecuzione della stessa commessa".

Dall’esame degli atti di gara emerge che, all’esito della procedura ad evidenza pubblica e dopo l’aggiudicazione provvisoria in favore dell’ATI P., il RUP ha riscontrato elementi di ‘illegittimità/irregolarità’ incidenti sulla posizione del primo classificato (odierna parte ricorrente), che avrebbero dovuto costituire oggetto di esame e valutazione da parte dei competenti organi della Stazione appaltante.

Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che l’annullamento di una gara pubblica, specie se in stato avanzato di espletamento, implica la frustrazione dell’affidamento ingenerato in capo ai partecipanti e, segnatamente, all’aggiudicatario; ne consegue la necessità, consacrata dal disposto dell’art. 21-nonies e dell’art. 21- quinquies, L. n. 241 del 1990, della precisa individuazione della ragione di interesse pubblico che giustifichi il provvedimento di secondo grado reso in autotutela e del rispetto dei principi in tema di giusto procedimento (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 18 marzo 2011 , n. 1500; Cons Stato, sez. V, n. 1° ottobre 2010, n. 7273;). Infatti, il provvedimento di annullamento di una gara d’appalto va considerato illegittimo se si limita a richiamare la sussistenza di errori e discrepanze della procedura concorsuale, senza evidenziarli in modo puntuale, e, soprattutto, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della procedura di gara; ciò in quanto è necessario che il provvedimento adottato in autotutela indichi puntualmente la natura, la gravità e l’incidenza delle anomalie che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidatesi in capo alle ditte partecipanti alla procedura, impone l’annullamento integrale degli atti di gara (Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2009, n. 17).

Invece, la Regione Lazio ha ritenuto di dover adottare la nota del 4.3.2011 evidenziando che "l’evolversi delle vicende" aveva "determinato un esito che non garantiva più 1’interesse dell’Amministrazione". Ciò in ragione del fatto che "le verifiche effettuate ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. a seguito dell’aggiudicazione provvisoria, come evidenziato dalla S.V., hanno fatto emergere un vizio di forma, rispetto alla stessa procedura di gara, che pregiudicherebbe, in ogni caso, qualsiasi conseguente aggiudicazione definitiva, esponendo la Regione ad un sicuro contenzioso, ostativo per una ordinata e immediata esecuzione della stessa commessa" (motivazione ripresa nel provvedimento di annullamento).

Nella nota del 4.3.2011 è contenuta anche una seconda potenziale motivazione dell’annullamento d’ufficio (non esplicitata nel provvedimento di autotutela) "Inoltre, il limitato numero di offerte ricevute, e l’ancora più limitato numero di offerte prese in considerazione, a seguito del controllo effettuato sugli atti amministrativi posti in essere nell’ambito di detta procedura, e che, peraltro, si ridurrebbe ad una sola offerta, secondo quanto dalla SV evidenziato sulla base della verifica eseguita ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 163 del 2006, non possono assicurare le migliori condizioni per l’amministrazione committente.".

Tuttavia, anche sotto questo profilo, la circostanza che sia risultata una sola offerta valida e l’assenza di valutazioni concrete che inducessero a ritenerla non conveniente per l’Amministrazione, non consentono di ritenere giustificabile l’adozione di un provvedimento di annullamento in via di autotutela, considerato, peraltro, che il punto 22 del bando di gara stabilisce che "Anche in presenza di una sola offerta valida, la Stazione Appaltante è in facoltà di procedere all’aggiudicazione sempreché l’offerta sia considerata conveniente o idonea in relazione all’affidamento. In ogni caso, indipendentemente dal numero delle offerte valide, la Stazione Appaltante può decidere di non dare corso all’aggiudicazione qualora ritenga nessuna delle offerte presentate conveniente o idonea in relazione all’oggetto dell’affidamento.".

In sostanza, la presentazione di una sola offerta non costituisce, di per sé, motivo utile per non concludere la procedura ad evidenza pubblica, in assenza di specifiche valutazioni circa la sua convenienza.

5. Va verificata, infine, la possibilità della Stazione appaltante di agire in via di autotutela avvalendosi della clausola di cui art. 25, lett. p), del bando integrale di gara, secondo la quale "la Stazione Appaltante si riserva di differire, spostare o revocare il presente procedimento di gara senza alcun diritto dei concorrenti a rimborsi spese o quant’altro".

Sulla base di tale clausola, la Regione Lazio avrebbe potuto decidere di revocare motivatamente la procedura di gara, mentre ha scelto di disporre un annullamento d’ufficio della procedura ad evidenza pubblica deducendo genericamente la presenza di vizi di legittimità.

Se, invece, si volesse ritenere che tale clausola attribuiva all’Amministrazione un insindacabile (da parte dei concorrenti) potere di scelta in ordine alle sorti della procedura ad evidenza pubblica, allora se ne dovrebbe affermare l’invalidità in quanto, da una parte, la scelta di procedere al ritiro degli atti di gara deve ritenersi sempre sindacabile in sede giurisdizionale (avuto riguardo, peraltro, ai principi e alle regole contenute nella L. n. 241 del 1990 e nel D.Lgs. n. 163 del 2006, che disciplinano il potere di autotutela) e, dall’altra, non risulta consentito rendere vana la tutela offerta al soggetto pregiudicato da atti amministrativi prescrivendo l’impossibilità di chiedere il risarcimento del danno o l’indennizzo in conseguenza di provvedimenti di autotutela che dovessero rivelarsi illegittimi.

Una clausola del genere, in sostanza, deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 1355 c.c. (condizione meramente potestativa), poiché subordina qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione alla mera volontà dell’Amministrazione medesima (Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; Cass. S.U. 16 ottobre 2007 n. 8951).

6. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che la domanda di annullamento del provvedimento di autotutela sia fondata e debba essere accolta nei limiti indicati in motivazione.

7. Va, invece, respinta la domanda di risarcimento danni, sia perché l’annullamento del provvedimento di autotutela comporta la necessità per la Stazione appaltante di concludere procedura ad evidenza pubblica alla luce delle considerazioni e degli elementi di valutazione forniti dal RUP, sia perché la parte ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova in ordine alla responsabilità delle parti resistenti e al danno subito.

8. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– accoglie la domanda di annullamento nei sensi indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

– respinge la domanda di risarcimento danni;

– condanna in solido la Regione Lazio e l’AREMOL al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente, che si liquidano in complessivi 3.000,00 (tremila/00) euro, compresi gli onorari di causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Roberto Proietti, Consigliere, Estensore

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