Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43710Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 3/3/11 la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza 11/6/10 del Gup del Tribunale di Brescia che in esito a giudizio abbreviato, con le attenuanti generiche, la continuazione e la diminuente del rito, condannava C.A. alla pena (sospesa) di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 500 di multa per i reati di cui ai capi 1 e 3 dell’imputazione (illegale detenzione di un fucile cal. 12 ad anima liscia e relative munizioni e ricettazione dello stesso, in quanto con le canne mozzate e il calciolo modificato: in (OMISSIS)), assolveva l’imputato dal reato sub 3 (ricettazione) perchè il fatto non sussiste e determinava la pena per la residua imputazione sub 1 (illegale detenzione) in anni uno di reclusione ed Euro 300 di multa.

Con conferma nel resto (confisca e trasmissione alla direzione di artiglieria dell’arma e munizioni in sequestro; confisca e distruzione di una pistola giocattolo parimenti in sequestro).

Alfine provato in grado d’appello che l’arma (perfettamente integra e senza alcuna alterazione, giusta la dichiarazione del venditore) era stata acquistata nel 2003 dal defunto padre del C. per Euro 500 da tale L. e che pertanto era pervenuta all’imputato ture ereditatis (di qui l’assoluzione per il capo sub 3), restava la penale responsabilità per l’omessa denunzia, lo stesso imputato avendo ammesso di essere a conoscenza da un anno della presenza dell’arma, e quindi per l’illegale detenzione (di qui la confermata condanna per il capo sub 1 e le pronunce accessorie di confisca).

Ricorrevano per cassazione, avverso la confermata condanna, la difesa dell’imputato (28/3/11) e, dal carcere, l’imputato personalmente (1/4/11) e, avverso l’assoluzione, il PG presso la Corte di Appello (14/4/11).

Il ricorso del difensore deduceva tre motivi: 1) vizio di motivazione, per avere il giudice di merito disatteso la circostanza, risultante dagli atti, che dopo la morte di C.G. il possesso del fucile era in capo alla madre dell’imputato, erede del defunto e coabitante col figlio (entrambi i genitori si erano allontanati da (OMISSIS) dopo le minacce di morte e la tentata estorsione subite dal C.), tanto che era stata lei (il (OMISSIS)) a spedire ai CC di Adro la denuncia dell’arma, mai pervenuta al destinatario per fatto addebitatole alle Poste; 2) violazione di legge per la mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 697 c.p.; 3) vizio di motivazione per l’omesso esame del corrispondente motivo di appello.

Nel ricorso a sua firma l’imputato poneva (anche se in modo confuso e prolisso) le medesime doglianze (ipotizzando tra l’altro l’oblazione per il delitto relativo all’arma una volta derubricato in contravvenzione). Concludeva in conformità (anche se nei modi di merito di un atto di appello), anche in riferimento alle pronunce accessorie (confisca del fucile e della pistola giocattolo).

Nel suo ricorso il PG deduceva a sua volta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata condanna per ricettazione: una volta assodato che il C. era venuto nel possesso dell’arma quando questa era già stata modificata (da qui l’assoluzione in primo grado dai corrispondenti capi nn. 2 e 4), ne derivava che nel momento in cui egli aveva acquisito il bene jure ereditatis con quelle caratteristiche di evidente manomissione (alle canne e al calciolo) doveva rispondere anche del reato di ricettazione, giusta la (citata) dottrina e la giurisprudenza in materia.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG presso questa S.C. concludeva per l’accoglimento del ricorso del PG a quo e la declaratoria di inammissibilità del ricorso dell’imputato. La difesa di quest’ultimo concludeva per il rigetto del ricorso del PG di Brescia e l’accoglimento del proprio.

Il ricorso della pubblica accusa va accolto. Invero non è dato comprendere perchè mai la circostanza che il fucile manomesso sia pervenuto all’imputato iure ereditatis scrimini la sua condotta.

Ricettare significa ricevere consapevolmente e volutamente, al fine di trame profitto, un bene di provenienza delittuosa, senza che il titolo di tale ricezione abbia rilevanza alcuna. Trattasi di reato istantaneo, che in ipotesi di ripetuti passaggi di possesso da uno ad altro soggetto (qual che ne sia il titolo) l’accipiente volta per volta commette. Diversamente opinare significherebbe, contrariamente a logica e diritto, che del reato risponderebbe solo il primo accipiente, mandando esenti da responsabilità tutti gli eventuali successivi. Si impone pertanto l’annullamento sul punto della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.

Infondato, infatti, il correlato rilievo contenuto nel ricorso dell’imputato, secondo cui (obliterando gli istituti della successione legittima e necessaria) sola erede del defunto (e quindi unica responsabile della ricettazione) sarebbe stata la madre dell’imputato, vedova del de cuius, dove invece in capo all’imputato si assommano il consapevole possesso dell’arma (ritrovata nella sua abitazione) e la sua comproprietà (ereditaria). Inconcludente (per le ragioni spiegate nella sentenza impugnata) la pretesa prova di esclusiva proprietà vedovile del fucile modificato, rappresentata dalla ricevuta della lettera (di ignoto contenuto) spedita dalla donna il 20/2/09 ai CC di Adro e restituita (senza venire rinnovata) perchè non consegnata.

Del pari infondata la pretesa qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 697 c.p., per pacifica giurisprudenza di legittimità (alla quale il giudice di merito ha correttamente aderito) tale contravvenzione, dopo l’introduzione della legge sulle armi n. 895/67, essendo riservata alle armi proprie da punta e taglio e alle munizioni, isolatamente considerate, per armi comuni da sparo (per tutte Cass., sez. 1, sent. n. 7948 del 2/4/84, rv 165890, Brigandì).

Corrispondentemente infondati (e in larga misura non pertinenti) i motivi contenuti nel ricorso sottoscritto dal C..

Al rigetto del ricorso segue (art. 616 c.p.p.) la condanna della parte privata ricorrente al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato sub 3 (ricettazione) e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.

Rigetta il ricorso dell’imputato, che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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