T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 04-01-2012, n. 63 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con nota datata 9.6.2011, ricevuta dall’Amministrazione il 13.6.2011, il ricorrente ha presentato al Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale della Polizia Criminale – Servizio Centrale di Protezione, una istanza di visione ed estrazione di copia della Delibera con cui la citata Commissione Centrale ex art. 10 L. n. 82 del 1991 ha approvato la capitalizzazione spettante al collaboratore, indicando quale motivo alla base della propria richiesta il mancato riconoscimento dei benefici economici.

Non avendo ricevuto riscontro entro il termine di 30 giorni di cui all’art. 25 della L. n. 241 del 1990, l’interessato ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio impugnando il provvedimento tacito di rigetto formatosi al riguardo.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente eccependo l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta acquiescenza e carenza di interesse e, comunque, l’infondatezza del ricorso.

All’udienza del 24 novembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il Collegio, preliminarmente, giudica fondata l’eccezione proposta dall’Amministrazione resistente.

Al riguardo, l’Amministrazione ha evidenziato che il D.G. con atto notificato il 13 maggio 2011 aveva già proposto ricorso (n. 4917/2011) avverso il provvedimento con il quale la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, nella seduta del 6 aprile 2011, aveva dichiarato irricevibile il ricorso del D.G., ai sensi dell’art. 25, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241, teso a conseguire – a seguito di precedente istanza di accesso inoltrata al Ministero, copia del medesimo documento (delibera che ha approvato la capitalizzazione del collaboratore) la cui ostensione costituisce oggetto del presente ricorso.

Nel corso del giudizio RG n. 4917/2011 ed, in particolare, della camera di consiglio del 26 ottobre 2011, il ricorrente ha dichiarato a verbale la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’istanza di accesso e di ciò si è preso atto con sentenza n. 8368/2011 di improcedibilità del ricorso.

A parere del Collegio, tale circostanza impedisce la riproposizione di una identica istanza di accesso e l’impugnazione del conseguente diniego espresso o tacito, se il ricorrente non deduce fatti o circostanze nuove in relazione alla propria legittimazione ed interesse ad accedere agli atti richiesti.

Infatti, non è consentito superare il regime decadenziale previsto dall’art. 25, L. n. 241 del 1990, reiterando l’istanza di accesso a fronte della mancata impugnazione del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla prima istanza di accesso, in specie allorché la nuova domanda non sia giustificata da circostanze nuove (Consiglio Stato , sez. VI, 30 luglio 2009 , n. 4810).

Dalla natura impugnatoria del processo in materia di accesso ai documenti amministrativi, nonostante la qualificazione dell’accesso come diritto, deriva l’inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione del diniego o del silenzio e l’impossibilità di reiterare la medesima istanza se non è stata contestata giudizialmente la precedente risposta negativa; sicché una nuova istanza di accesso può ritenersi ammissibile solo per fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 30 settembre 2009 , n. 913).

E’ evidente che i principi espressi dalla giurisprudenza in relazione alla mancata impugnazione del diniego di accesso (espresso o tacito), valgono anche nel caso in cui (come nella fattispecie) l’interessato abbia rinunciato al ricorso proposta avverso il diniego di accesso (deducendo la sua sopravvenuta carenza di interesse) per poi proporre una istanza di accesso identica alla precedente (circostanza non contestata in giudizio).

Dagli atti di causa emerge che F.D.G., in qualità di collaboratore di giustizia, ha presentato, in data 29.11.2010, al Ministero dell’Interno – Servizio Centrale di Protezione, richiesta formale di visione/estrazione di copia della "delibera con cui la Commissione Centrale ex art. 10 L. n. 82 del 1991 ha approvato la capitalizzazione del collaboratore", indicando quale motivo alla base della richiesta d’accesso il mancato riconoscimento dei benefici economici derivanti dall’adozione dell’atto indicato.

Non avendo ricevuto alcuna risposta, in data 15.2.2011, lo stesso D.G. presentava una seconda istanza in data 16.2.2011, la quale ricalcava integralmente i contenuti della precedente.

Non avendo, ancora una volta, ricevuto riscontro, in data 16.3.2011, lo stesso D.G. presentava ricorso alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi ex art. 25, comma 4, L. n. 241 del 1990, acquisito al protocollo DICA n. 5109 del 18.3.2011.

Con decisione del 6.4.2011, notificata il 27.4.2011, la predetta Commissione dichiarava irricevibile il ricorso, rilevandone la tardività della presentazione.

Avverso la suddetta determinazione negativa il D.G. proponeva ricorso al TAR del Lazio rgn. 4917/2011, definito con sentenza di improcedibilità n. 8368/2011 per sopravvenuta carenza di interesse.

Per le ragioni sopra evidenziate, a parere del Collegio, tali circostanze mettono in discussione la facoltà dell’interessato di avanzare in data 13/6/2011 una nuova istanza di accesso formale agli atti, identica alle precedenti per contenuto ed oggetto, e di impugnare il conseguente silenzio serbato dall’Amministrazione.

Infatti, l’art, 116 comma 1 cpa, dispone che il gravame avverso provvedimenti di diniego e/o differimento dell’accesso debba essere presentato nei trenta giorni successivi alla piena conoscenza del provvedimento impugnato o alla formazione del silenzio, impedendo – come precisato dalla giurisprudenza sopra richiamata – la riproposizione dell’istanza di accesso e l’impugnazione dell’eventuale conseguente diniego.

Nel caso di specie, come rilevato dalla Commissione per l’accesso nella decisione del 6 aprile 2011, il termine per la formazione del silenzio e quello conseguente per la proposizione del gravame è cominciato a decorrere dalla prima istanza di accesso del 22 novembre 2010 ed è spirato il 22 gennaio 2011, a nulla rilevando le successive domande di accesso, rimaste inevase con provvedimenti meramente confermativi di tacito rigetto, considerato che le stesse riportavano integralmente i contenuti della precedente.

Diversamente, infatti, secondo quanto evidenziato nella decisione della Commissione per l’accesso (divenuta inoppugnabile a seguito della declaratoria di improcedibilità del ricorso rg.n. 4917/201 1), all’istante sarebbe sufficiente riproporre la richiesta ostensiva per riaprire i termini dell’impugnativa nel frattempo scaduti.

Va dunque ribadito il costante orientamento giurisprudenziale richiamati secondo cui non può eludersi, mediante la riproposizione della stessa domanda e la tempestiva impugnazione del secondo diniego, meramente confermativo, la perentorietà del termine per impugnare un diniego di accesso ai documenti amministrativi (TA,R. Lazio Roma Sez. III, 2003, n. 223).

Infatti, il termine per la presentazione del ricorso, previsto dall’art. 25, comma 5, L. 7 agosto 1990, n. 241, non può riprendere a decorrere per effetto della presentazione di un’ulteriore domanda di accesso avente a oggetto i medesimi documenti: si consentirebbe, altrimenti, l’elusione di un termine perentorio previsto dalla legge ai fini della presentazione di un ricorso giurisdizionale, a prescindere dalla qualificazione della situazione giuridica soggettiva lesa (diritto soggettivo o interesse legittimo), di per sé ininfluente sul carattere perentorio del termine, previsto dalla legge a pena di decadenza (Cons. di Stato, sez. VI, sent. del 7 giugno 2006 n. 3431).

Conseguentemente, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) – definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo dichiara inammissibile;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere, Estensore

Antonella Mangia, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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