Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13-06-2012, n. 9589 Enti e comitati agricoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione del 28 e 29.1.1988 l’ICCRI conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la Federazione dei Consorzi Agrari soc. coop. a r.l. (Federconsorzi) ed il Ministero del Tesoro, per sentirli condannare al pagamento di L. 41.167,606.289, oltre interessi maturati successivamente al 31.12.1987, in ragione di un finanziamento di 2.407.584 dollari USA effettuato in favore della detta società, nel novembre 1950.

Più precisamente, nell’ambito della campagna di approvvigionamento dell’olio di semi e di semi oleosi importati nell’anno 1950/51, campagna da effettuare nell’interesse e sotto il controllo dello Stato in conformità di quanto disposto con il D.L. 26 gennaio 1948, n. 169, la Federconsorzi aveva aperto presso l’istituto bancario un conto di finanziamento (del quale veniva trimestralmente trasmesso l’estratto, rappresentativo del credito in linea capitale e degli interessi maturati) per ciascun contratto stipulato o da stipulare.

Con la L. 22 novembre 1957, n. 1294, era stato poi stabilito che le differenze attive o passive riconducibili alle operazioni di importazione e di gestione degli olii e dei semi oleosi, effettuate dalla Federconsorzi per conto dello Stato, sarebbero state rispettivamente a favore o a carico di quest’ultimo, mentre i relativi pagamenti sarebbero intervenuti a cura delle Amministrazioni interessate, sulla base di rendiconti finali da emettere secondo modalità concordate con il Ministero del Tesoro.

A fronte della mancata restituzione delle somme corrisposte per la causale indicata e dell’esito negativo della richiesta di pagamento del dovuto (accompagnata dalla comunicata intenzione di recedere dal contratto) inoltrata il 4.3.1983, l’ICCRI aveva dunque iniziato il giudizio davanti al Tribunale.

La Federconsorzi ed il Ministero del Tesoro, costituitisi, si opponevano all’accoglimento della domanda, la prima eccependo il mancato avveramento della condizione del previo rimborso da parte dello Stato delle differenze passive di gestione e comunque chiedendo di essere tenuta indenne dal Ministero, il secondo deducendo la propria estraneità al rapporto di finanziamento.

All’esito dell’istruttoria, nel corso della quale intervenivano in giudizio la Banca Eurosistemi, quale successore a titolo particolare dell’ICCRI, e il concordato preventivo della Federconsorzi, che rilevava come l’adempimento del proprio obbligo di pagamento fosse subordinato alla predisposizione della relativa provvista da parte del Ministero, il tribunale condannava il Ministero dell’Economia, in solido con il commissario giudiziale del concordato, al pagamento di Euro 33.629.700, oltre interessi, affermava il diritto della banca all’ammissione al passivo nella detta misura, accoglieva infine la domanda di garanzia del concordato nei confronti del Ministero.

2. – La sentenza, impugnata dal Ministero dell’Economia, dalla Federconsorzi e dal concordato preventivo della stessa società, veniva riformata dalla Corte di Appello, che sui diversi aspetti sottoposti al suo esame rilevava:

a) il rapporto contrattuale fra ICCRI e Federconsorzi era sorto nel 1950, con una previsione di concessione di un fido di 2.407.584 dollari per lo svolgimento di attività d’importazione di semi oleosi e di olii di semi, per conto, nell’interesse e sotto il controllo dello Stato;

b) per effetto di detto accordo la Federconsorzi si era obbligata a versare all’ICCRI i ricavi delle vendite e quanto ricevuto dallo Stato a titolo di rimborso delle eventuali risultanze passive, sulla base di indicazioni contenute in emanande disposizioni di legge, mentre l’ICCRI avrebbe mantenuto il finanziamento fino alla copertura integrale del proprio credito;

c) con nota del 22.8.1950 il Ministero del Tesoro aveva posto a carico della Federconsorzi il compito di assicurare il finanziamento delle partite acquistate, ed il relativo rapporto sarebbe stato inquadrabile nella fattispecie delineata dall’art. 1705 c.c.;

d) l’obbligo dello Stato di corrispondere le somme necessarie per il ripianamento della gestione affidata alla Federconsorzi, a tacitazione del credito vantato dall’istituto finanziatore, deriverebbe dalla L. n. 1294 del 1957, ma si tratterebbe di obbligo assunto nei confronti dell’ente gestore, "la cui attività non può essere organicamente imputata allo Stato";

e) il Ministero sarebbe quindi privo di legittimazione passiva, mentre sarebbe insussistente il debito della Federconsorzi, poichè sottoposto a condizione sospensiva (avvenuta copertura integrale delle differenze passive di gestione da parte dello Stato) non avverata;

f) la domanda subordinata, riproposta dai successori a titolo particolare dell’ICCRI Bipielle e Banca Eurosistemi ed avente ad oggetto il risarcimento del danno extracontrattuale per lesione del diritto di credito da parte del Ministero dell’Economia, sarebbe infine inammissibile, essendo stata proposta in primo grado solo con la comparsa conclusionale, e quindi tardivamente.

3. – Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione sia la Federconsorzi in liquidazione e il concordato preventivo della società, che il Banco Popolare (quale successore di Bipielle Investimenti s.p.a.) e la Banca Popolare di Lodi, il primo affidato ad un motivo, il secondo articolato in cinque motivi.

A detti ricorsi hanno rispettivamente resistito con controricorso il Banco Popolare e la Banca Popolare di Lodi, nonchè il Ministero dell’Economia e la Federconsorzi in liquidazione e in concordato preventivo, quest’ultima proponendo anche con l’atto difensivo ricorso incidentale di contenuto identico a quello già dedotto con il ricorso principale.

All’udienza dell’1.3.2011, fissata per la trattazione, il Collegio disponeva la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. e ravvisava inoltre l’opportunità di rimettere gli atti al Presidente della Corte per la loro eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, in ragione del fatto che i motivi di impugnazione avrebbero posto questioni di massima di particolare importanza.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 3.4.2012.

Motivi della decisione

4. – Con i motivi di impugnazione il Banco Popolare e la Banca Popolare di Lodi hanno rispettivamente denunciato:

1) violazione del D.Lgs. n. 169 del 1948, art. 2, L. n. 1294 del 1957, art. 10, atteso che le prescrizioni relative al reperimento dei mezzi finanziari necessari per il soddisfacimento delle esigenze alimentari della popolazione avrebbero avuto incidenza esclusivamente sulle modalità di attuazione dell’obbligo dello Stato, che sarebbe stato incontestabilmente desumibile dalla lettura del dettato normativo. La lettera in data 22.8.50, con la quale l’Alto Commissariato ed il Ministero del Tesoro avevano conferito alla Federconsorzi il compito di dare corso all’importazione di prodotti alimentari, avrebbe dunque dato luogo non già ad un mandato senza rappresentanza, come ritenuto dalla Corte territoriale, ma ad un mandato speciale finalizzato alla soddisfazione di un interesse pubblico, disposto da espresse disposizioni di legge e per il quale sarebbe configurabile la responsabilità dello Stato in forza della garanzia impropria assunta in connessione con l’affidamento dell’incarico;

2) violazione del D.Lgs. n. 169 del 1948, art. 2, L. n. 1294 del 1957, art. 10 e denuncia di illegittimità costituzionale della detta normativa per contrasto con gli artt. 81, n. 4, 41, 3 e 97 Cost., ove non interpretata in senso ad essi conforme.

In punto di fatto risulterebbe invero incontestata la circostanza che lo Stato, dopo aver delegato alla Federconsorzi il compito di gestire le importazioni dall’estero di prodotti alimentari, si sarebbe assunto l’onere finanziario relativo.

Tale onere si sarebbe attualizzato nel momento in cui è stato definitivamente accertato il deficit relativo alla campagna olearia 1950 – 1951, vale a dire alla data in cui si è estinto il giudizio di rendiconto davanti alla Corte dei Conti.

A fronte di tale evento sarebbe dunque sorto l’obbligo di provvedere alla copertura finanziaria degli oneri debitamente quantificati, ed il giudizio di legittimità formulato dalla Corte di Appello in ordine alla decisione di non approvare la relativa legge (peraltro in difformità da quanto espressamente previsto dal legislatore), ove condiviso, contrasterebbe sotto diversi aspetti con il dettato costituzionale, e segnatamente con le norme sopra indicate;

3) vizio di motivazione sull’affermata subordinazione della facoltà di recesso dell’ICCRI dal contratto di finanziamento con la Federconsorzi alla condizione dell’avvenuta copertura, da parte dello Stato, delle passività maturate nella campagna di approvvigionamento in questione.

La decisione sarebbe infatti viziata sul punto, non avendo la Corte territoriale dato adeguata ragione dei motivi che l’avevano indotta a considerare quella copertura come condizione, anzichè come termine "incertus quando";

4) violazione dell’art. 1355 c.c., sotto il subordinato profilo che, se di condizione si fosse trattato, questa sarebbe stata qualificabile come meramente potestativa, essendo il suo verificarsi rimesso alla volontà del debitore (Federconsorzi) o del debitore sostanziale (lo Stato);

5) vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta tardività della domanda di risarcimento danni.

La responsabilità extracontrattuale del Ministero sarebbe stata infatti prospettata sin dall’atto introduttivo, in considerazione del denunciato contrasto fra l’impegno assunto dallo Stato a ripianare le eventuali perdite che fossero state registrate nell’esecuzione delle operazioni in questione e la mancata emanazione della legge di copertura degli oneri finanziari (e ciò pur dopo il deposito del rendiconto, avvenuto nel 1987).

La Corte di Appello, dunque, non avrebbe dato adeguato conto della valutazione del contenuto sostanziale della pretesa, quale originariamente azionata dalla banca.

5. – Con il solo motivo di impugnazione la Federconsorzi, nella duplice veste sopra indicata, ha dal canto suo denunciato violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento del proprio credito, formulata con la comparsa di intervento volontario del 22.6.2001 (più esattamente introdotta con istanza di condanna, poi successivamente precisata nei termini riferiti per motivi fiscali) nei confronti del Ministero dell’Economia per L. 520.000.000.000 (pari ad Euro 268.557.590), ovvero per erroneo assorbimento della stessa per effetto del rigetto della richiesta della banca, ove in tal senso interpretato il silenzio della Corte territoriale sul punto.

Al riguardo la ricorrente invero precisava che con la comparsa di costituzione in primo grado la società convenuta aveva sollecitato il rigetto della domanda dell’ICCRI, chiedendo subordinatamente la condanna del Ministero del Tesoro a sollevarla da ogni eventuale pretesa, e tali conclusioni aveva poi mantenuto ferme nel corso dell’intero giudizio.

Successivamente il concordato preventivo della società, nel corso del giudizio di primo grado, aveva spiegato atto di intervento volontario e con la comparsa di costituzione aveva sollecitato la condanna del Ministero al pagamento di L. 520.000.000.000, oltre interessi, quale saldo passivo al 31.12.1996 della complessiva gestione 1950/51 dell’olio di semi e dei semi oleosi di importazione, secondo quanto risultante dal rendiconto oggetto del giudizio dichiarato estinto dalla Corte dei Conti.

Per motivi fiscali, poi, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 4.3.2003 la domanda di condanna era stata modificata in una richiesta di mero accertamento del dovuto, domanda sulla quale, come detto, il giudice del merito non aveva compiuto alcuna valutazione, omettendo così – secondo la prospettazione del ricorrente – di pronunciarsi sul punto.

6.a) – Prendendo dapprima in esame il ricorso delle banche, si osserva che con i primi due motivi di impugnazione, che devono essere esaminati congiuntamente perchè fra loro connessi, le ricorrenti hanno sostanzialmente denunciato l’erroneità della decisione nella parte in cui la Corte di Appello ha escluso l’esistenza di una diretta esposizione debitoria dell’amministrazione nei confronti di essi istituti di credito, in relazione ai finanziamenti effettuati in favore della Federconsorzi per l’acquisizione dei necessari approvvigionamenti alimentari.

Più precisamente tale esclusione è stata incentrata sulla qualificazione del rapporto intercorso tra Amministrazione e Federconsorzi, configurato come un mandato senza rappresentanza "in cui la mandataria Federconsorzi ha agito in nome proprio nella stipula del contratto di finanziamento".

Secondo le ricorrenti, tuttavia, la decisione sarebbe errata, e non già in ragione di un preteso rapporto diretto Banche – Amministrazione, che per vero non è stato prospettato, ma piuttosto in considerazione dell’affermata esistenza di un obbligo di pagamento di quest’ultima, derivante da principi di diritto pubblico e dalle "espresse previsione delle leggi relative a quella campagna".

La censura non è condivisibile.

Al riguardo occorre preliminarmente osservare che il rapporto tra Amministrazione Statale e Federconsorzi è stato oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore, che ne ha puntualmente delineato il perimetro con disposizioni riconducibili all’interno della categoria del mandato.

Tale istituto è invero connotato da un fatto di cooperazione, che si realizza come espressione di un dovere giuridico di una delle parti e di un diritto dell’altra, per il cui conto e per il cui soddisfacimento del relativo interesse viene posta in essere l’attività delegata, caratteristiche che sono tutte riscontrabili nella normativa di interesse oggetto di esame.

Ed infatti il primo parametro normativo di riferimento va individuato nel D.Lgs. n. 169 del 1948, dettato in tema di importazione dall’estero di cereali (e quindi non di olii e semi oleosi come nella specie) ma rilevante anche nel caso in esame per l’identica configurazione del rapporto delineata nella successiva L. n. 1294 del 1957 in tema di importazione di olii e semi oleosi e per l’assoluta analogia fra le situazioni contemplate, che segnatamente: nell’art. 1 stabilisce che le importazioni dall’estero dei cereali vengano svolte per conto dello Stato; nell’art. 2 pone a carico di quest’ultimo (così come d’altro canto è precisato in termini generali nello stesso titolo della legge) l’onere derivante dalla differenza tra le spese sostenute ed il ricavo ottenuto; nell’art. 4 prevede il ricorso al credito bancario da parte dell’ente gestore, ed ipotizza inoltre la possibilità, per detto ente, di ricevere acconti, da ripartire poi tra gli istituti bancari creditori ai sensi del successivo art. 6.

Al D.Lgs., ora richiamato ha poi fatto seguito la L. n. 1294 del 1957, avente specificamente ad oggetto l’importazione di olii e semi oleosi, che analogamente sui punti di interesse prevede: nell’art. 2, comma 1, la facoltà dei Ministeri di affidare i compiti di approvvigionamento indicati dalla legge ad enti pubblici e privati;

nell’art. 3, che l’ente gestore provveda al finanziamento per gli acquisti e le importazioni ovvero, quale mandatario, sia autorizzato a ricorrere al credito bancario; nell’art. 5, che l’ente gestore sia assoggettato ad un regime di contabilità pubblica con obbligo di rendiconto e mantenga la gestione separata dalle altre attività;

nell’art. 6, che alla scadenza annuale dell’obbligo del gestore di predisporre il rendiconto corrisponda la possibilità per lo Stato di provvedere al finanziamento delle merci invendute, fino al 75% dell’esposizione bancaria.

Oltre che la formulazione letterale della normativa richiamata, da cui come visto si desume più di un riferimento all’esercizio della funzione "per conto" e "nell’interesse e per conto", i compiti demandati alla Federconsorzi in via normativa e le previste modalità della relativa attuazione inducono dunque a ritenere, così come d’altro canto affermato dal giudice del merito, che il rapporto oggetto di esame fra Amministrazione e Stato sia inquadrabile nella categoria del mandato, sia pur connotato da specifiche peculiarità, e più precisamente in quello del mandato senza rappresentanza, che va espletato con assunzione diretta da parte del rappresentato del vincolo negoziale con i terzi finanziatori, e con esclusione quindi di un rapporto diretto fra. questi ed il rappresentato.

Tale conclusione poi, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non determina un’applicazione della normativa (e cioè del D.Lgs. n. 169 del 1948, art. 2 e L. n. 1294 del 1957, art. 10) contrastante con il dettato costituzionale (e segnatamente con gli artt. 3, 41, 81 e 97).

In proposito occorre invero rilevare che le norme di interesse contenute nei citati provvedimenti n. 169 e 1294 non comportano alcuna incertezza ermeneutica, avendo le stesse semplicemente ad oggetto l’indicazione delle misure necessarie che lo Stato deve porre in essere per adempiere agli obblighi assunti con l’emanazione di una legge (senza con ciò affermare l’inesistenza dell’obbligo patrimoniale nel caso di mancata attuazione delle prescritte misure), e la detta interpretazione, sorretta dalla formulazione letterale delle norme, esclude la pur astratta configurabilità di un contrasto con le norme della Costituzione.

D’altro canto, a conforto di quanto sopra esposto, va evidenziato come il punto di doglianza delle ricorrenti sia focalizzato sulla condotta emissiva dello Stato – che per l’appunto non avrebbe poi ottemperato agli adempimenti attuativi dapprima indicati nelle norme in questione – e quindi su profili comportamentali che comunque sarebbero stati posti in essere in epoca successiva all’emanazione delle norme.

Come ultima notazione sull’argomento oggetto di esame, non sembra infine inutile ricordare che la stessa Corte Costituzionale ha affrontato diverse volte in passato denunce aventi ad oggetto profili di incostituzionalità ravvisati in disposizioni normative in tema copertura finanziaria, e fra le altre ha rilevato la mancanza di un nesso fra eventuali carenze sul punto e la configurabilità di un onere finanziario a carico dello Stato, così indirettamente affermando l’assoluta autonomia di quest’ultimo rispetto ai profili attinenti alle modalità di copertura delle spese (Corte Cost. n. 30 del 1959); la corretta formulazione delle norme di impegno di spesa nell’avvenuta individuazione delle modalità di reperimento delle risorse, e quindi senza alcun riferimento alla titolarità di diritti di credito in capo a terzi (Corte Cost. n. 1 del 1966); l’esigenza della rappresentazione delle indicazioni relative al reperimento dei mezzi finanziari necessari per far fronte ad impegni di spesa nella legge istitutiva dei relativi servizi, e non già nella legge di approvazione del bilancio (Corte Cost. n. 158 del 1969).

I principi affermati dalla Corte Costituzionale sopra richiamati costituiscono dunque ulteriore conferma dell’infondatezza della prospettata eccezione di incostituzionalità formulata.

6.b) – Sono viceversa fondati il terzo ed il quarto motivo di impugnazione, da trattare congiuntamente perchè fra loro connessi, con 1 quali le ricorrenti hanno denunciato l’erroneità della decisione nella parte in cui la Corte di Appello aveva ritenuto inesistente il credito azionato nei confronti della Federconsorzi, in quanto sottoposto a condizione sospensiva non avverata.

Più precisamente l’ICCRI si sarebbe obbligato a mantenere il finanziamento erogato fino alla copertura integrale delle differenze passive di gestione da parte dello Stato, sicchè la lettera di recesso trasmessa dall’ICCRI in data 4.3.1933 sarebbe stata inefficace, non essendosi ancora verificata la condizione (ripianamento delle perdite) cui il relativo esercizio sarebbe stato subordinato.

La statuizione sarebbe tuttavia viziata sotto il duplice aspetto: a) che la Corte avrebbe omesso di rappresentare la ragione per la quale la clausola in questione sarebbe stata qualificabile come condizione, anzichè come termine; b) che comunque, se anche di condizione si fosse trattato, la detta clausola sarebbe stata nulla perchè meramente potestativa, essendo rimesso il suo verificarsi alla volontà del debitore negoziale (e cioè la Federconsorzi) ovvero di quella del debitore sostanziale (vale a dire lo Stato).

Osserva il Collegio che è condivisibile il primo rilevo (che determina l’assorbimento del secondo, peraltro anch’esso fondato) ove si consideri che il contratto di finanziamento ha avuto piena esecuzione (circostanza incontestata) e che la facoltà del recesso risulta subordinata al verificarsi di un fatto incerto solo nel "quando", essendo l’adempimento riconducibile ad un obbligo dettato dalla legge.

Per di più, oltre ad essere puntualmente procedimentalizzate dalla normativa vigente le modalità di spesa del denaro pubblico (art. 81 Cost. e leggi di contabilità statuale), la relativa attuazione risulta nella specie ancorata a scansioni temporali definite.

La L. n. 1294 del 1957, art. 6, impone infatti agli enti gestori un obbligo annuale di rendicontazione, sulla cui base le somme necessarie per far fronte alle differenze passive sarebbero state inserite nello stato di previsione del Ministero del Tesoro in relazione ai mezzi di copertura reperiti; l’art. 7 stabilisce che il pagamento delle dette differenze sarebbe stato effettuato in ragione dei rendiconti finali di gestione, ferma la possibilità di anticipazioni sulla base di rendiconti annuali; l’art. 10 fissa un termine finale per l’adempimento da parte dello Stato degli obblighi in questione, indicando a tale scopo gli stanziamenti di bilancio a carico degli esercizi 1955 – 1956 e seguenti "da autorizzarsi con apposita legge, la quale dovrà anche indicare i mezzi di copertura degli oneri". Da ciò inevitabilmente consegue che la scadenza di detto termine comporta il ripristino della facoltà di recesso dell’istituto finanziatore e la legittimità, quindi, della contestata iniziativa dallo stesso adottata.

6.c) – Resta infine il quinto motivo di ricorso, con il quale le ricorrenti si sono dolute dell’affermata inammissibilità, per tardività, della domanda di risarcimento del danno extracontrattuale, per lesione del diritto di credito da parte del Ministero dell’Economia. Secondo la Corte di Appello, cui era stata sottoposta la medesima questione risolta in senso sfavorevole per le banche dal giudice di primo grado, la detta domanda, contrariamente a quanto sostenuto, non sarebbe stata formulata fin con l’atto introduttivo, atteso che in tale sede la violazione dell’obbligo era stata dedotta esclusivamente con riferimento al D.Lgs. n. 169 del 1948 e alla L. n. 1294 del 1957, mentre la domanda risarcitoria sarebbe stata proposta soltanto con la comparsa conclusionale.

La Banca Popolare di Lodi ed il Banco Popolare hanno quindi ravvisato un vizio di motivazione sul punto in ragione del fatto che l’ICCRI avrebbe ravvisato la lesione del proprio diritto nell’inerzia dell’Amministrazione (che avrebbe dato causa all’insolvenza della Federconsorzi) senza poi immutare i fatti costitutivi della domanda, prospettazione che il Collegio ritiene non possa essere condivisa.

Ed infatti, sia nell’atto di citazione che nelle conclusioni del 4.3.2003 e del 25.11.2003 l’ICCRI aveva formulato domanda di pagamento del saldo debitore del conto corrente intestato alla Federconsorzi in relazione al finanziamento in questione, mentre solo con la comparsa conclusionale era stato sollecitato il risarcimento, in relazione ad un danno asseritamente derivante dalla lesione del proprio diritto di credito.

Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere considerata nuova la domanda che alteri anche uno soltanto dei presupposti della domanda inizialmente proposta per effetto dell’enunciazione di un fatto giuridico diverso, tale cioè da integrare una pretesa nuova suscettibile di una corretta interpretazione nell’ambito di un nuovo tema di indagine (C. 08/24996, C. 06/4980, C. 04/22473, C. 04/19605, C. 04/14581, C. 01/2080, C. 00/10129), ipotesi certamente ravvisabile nel caso in esame in cui, all’originaria prospettazione di un risarcimento basato sulla violazione di un obbligo "ex lege", ha fatto seguito una diversa domanda basata sulla responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione, e quindi sulla violazione del principio del divieto del "neminem laedere".

7.a) – Venendo quindi all’esame del ricorso della Federconsorzi, occorre innanzitutto precisare che la società in persona sia del commissario liquidatore che del commissario giudiziale, e quindi nella duplice veste che ne consegue, ha proposto due ricorsi affidati ad un solo motivo di identico contenuto, e cioè uno principale autonomo ed un secondo incidentale nel controricorso depositato per contrastare il ricorso del Banco Popolare e della Banca Popolare di Lodi, sicchè il secondo risulta assorbito dal primo.

Nel merito la doglianza denuncia una violazione dell’art. 112 c.p.c., che si sarebbe concretizzata nell’omessa pronuncia sulla domanda di accertamento del proprio credito nei confronti del Ministero dell’Economia, nella misura di L. 520.000.000. Più precisamente originariamente (e cioè nel 1988) l’ICCRI aveva convenuto nel giudizio la Federconsorzi "in bonis", che si era difesa chiedendo il rigetto della domanda e spiegando subordinatamente domanda di manieva nei confronti del Ministero, per le somme che fosse stata eventualmente tenuta a pagare in favore della banca attrice.

La società convenuta veniva però ammessa successivamente alla procedura di concordato preventivo ed in tale qualità nel giugno 2001, pendente ancora il giudizio di primo grado, aveva spiegato intervento volontario con il quale, pur ribadendo le precedenti posizioni, aveva chiesto anche la condanna del Ministero al pagamento della somma sopra indicata (domanda poi modificata in una di accertamento in sede di precisazione delle conclusioni), richiesta sulla quale il giudice del merito si sarebbe pronunciato parzialmente soltanto in primo grado e non anche in sede di impugnazione, laddove per l’appunto era stata sollevata identica censura di omessa (parziale) pronuncia.

7.b) – Il Ministero ha per vero eccepito l’inammissibilità della detta domanda sotto un duplice aspetto, vale a dire poichè la società in concordato non avrebbe potuto proporre domande diverse da quelle formulate dalla Federconsorzi, ed in quanto la domanda sarebbe stata formulata per la prima volta all’udienza di precisazione delle conclusioni davanti al G.O.A., cui era stata assegnata la controversia ai sensi della L. n. 276 del 1997, art. 13.

Entrambi i rilievi sono privi di pregio.

Quanto al primo, si osserva infatti che la società in concordato si è costituita quale soggetto terzo rispetto alla società "in bonis", che si era limitata a chiedere di essere tenuta indenne da eventuali esborsi derivanti dall’accoglimento della domanda, ed ha fatto dunque valere un autonomo diritto, finalizzato ad ottenere il saldo delle risultanze passive, previo relativo accertamento.

Si tratta dunque di un intervento principale autonomo, che ben legittima l’introduzione di nuove domande (C. 07/20987, C. 07/2093, C. 06/3186, C. 05/15797).

Quanto al secondo, è sufficiente rilevare che l’assegnazione della causa al G.O.A. determina necessariamente la riproposizione della trattazione delle fasi precedenti, che risultano in tal modo assorbite poichè reiterate da quelle successive (C. 11/18564).

7.c) – La doglianza risulta dunque ammissibile ed è fondata nei termini e nei limiti appresso precisati.

Ed invero la ragione della contestata decisione è incentrata sulla insussistenza della posizione debitoria del Ministero e della Federconsorzi nei confronti delle banche ricorrenti, quanto ai primo, per inesistenza di un rapporto negoziale fra le parti e la tardività della domanda risarcitoria a titolo extracontrattuale, quanto alla seconda, per la mancata verificazione della condizione sospensiva (copertura integrale delle differenze passive di gestione da parte dello Stato) che avrebbe reso liquido il credito.

Poichè dunque, secondo quanto rappresentato nella stessa sentenza, la posizione creditoria della Federconsorzi nei confronti del Ministero con riferimento alle richieste di pagamento della Banca Popolare di Lodi e del Banco Popolare sarebbe stata comunque subordinata ad una corrispondente esposizione debitoria nei confronti delle due banche, in virtù dei finanziamenti da esse erogati per l’attuazione della delega conferita alla Federconsorzi dallo Stato, una volta escluso il debito della società per l’illiquidità del credito azionato, ne è disceso, nella "ratio" della decisione della Corte di Appello, l’assorbimento della questione relativa alla sussistenza o meno del credito della stessa società verso lo Stato.

Senonchè, reso liquido dalla richiesta delle due banche alla Federconsorzi il loro credito di restituzione, è divenuto contestualmente azionabile il credito della Federconsorzi verso il Ministero avente ad oggetto la costituzione della relativa provvista.

In questi termini il motivo di ricorso della Federconsorzi è fondato.

7.d) – La domanda di accertamento della Federconsorzi era stata tuttavia proposta, come detto, in termini più ampi, e cioè in relazione alla complessiva consistenza del credito che sarebbe maturato nei confronti del Ministero, per tutti i finanziamenti ricevuti al fine di realizzare i necessari approvvigionamenti alimentari.

Su tale specifica domanda, peraltro, la Corte territoriale non si è pronunciata e pertanto anche sotto questo aspetto il motivo è fondato.

7.e) – Nel merito, al cui esame può darsi corso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 (C. 05/3388), la richiesta non risulta però meritevole di accoglimento.

Al riguardo va invero considerato che la L. 22 dicembre 1957, n. 1294, art. 7, stabilisce che le differenze passive riscontrate nelle operazioni di acquisto all’estero di materie prime per conto dello Stato sono a carico di quest’ultimo, circostanza da cui si desume che l’accoglimento della domanda di accertamento del credito della Federconsorzi nei confronti dello Stato a tale titolo avrebbe presupposto l’avvenuto pagamento, da parte della detta società, delle somme pretese dalle banche in relazione ai finanziamenti effettuati per la causale indicata ovvero, pur se non ancora evasa, la sollecitazione all’adempimento inoltrata alla debitrice Federconsorzi dai detti istituti di credito.

La Federconsorzi, viceversa, non ha dato dimostrazione nè di aver effettuato il pagamento delle somme pretese da tutti gli istituti di credito interessati alle operazioni di finanziamento per l’acquisto all’estero di prodotti alimentari, nè di aver ricevuto dai predetti formale sollecitazione al relativo adempimento.

Da ciò dunque discende che la relativa domanda di accertamento del credito formulata dalla Federconsorzi è infondata.

La stessa sarebbe comunque infondata anche sotto altro riflesso, vale a dire con riferimento alla quantificazione della somma pretesa dalla società in liquidazione.

Ed infatti, tenuto conto dei diversi contratti di finanziamento stipulati con una pluralità di istituti bancari e l’astratta configurabilita di una responsabilità extracontrattuale del Ministero (come pure richiesto – sia pure con esito negativo – nel presente giudizio), ai fini della delibazione della domanda della Federconsorzi occorrerebbe tener conto dell’eventuale esistenza di pagamenti effettuati a diverso titolo dal Ministero per le causali indicate ai fini delle relative detrazioni, profilo che viceversa è stato del tutto pretermesso.

Inoltre la determinazione del dovuto è avvenuta facendo richiamo alla somma risultante dal rendiconto oggetto del giudizio davanti alla Corte dei Conti dichiarato estinto, esito all’evidenza del tutto diverso da quello relativo all’approvazione del conto, ed al quale pertanto non può essere direttamente attribuito valore probatorio.

Conclusivamente, con riferimento alle questioni considerate di particolare importanza con l’ordinanza del 12.4.2011, devono essere formulati i seguenti principi di diritto: "Il rapporto intercorrente fra l’Amministrazione Statale e la Federazione Italiana Consorzi Agrari per gli approvvigionamenti di prodotti agricoli, quale risultante dalla normativa vigente e segnatamente dalla L. n. 1294 del 1957, va inquadrato nell’ambito della categoria del mandato, e segnatamente in quella del mandato senza rappresentanza. Ne consegue che non è configurabile una responsabilità contrattuale dell’Amministrazione, in relazione ad inadempimenti riconducibili all’esecuzione dei contratti di finanziamento stipulati da istituti di credito con la Federconsorzi in attuazione del rapporto di mandato da questa instaurato con l’Amministrazione, risultando quest’ultima terza rispetto al contratto di finanziamento.

Il credito della Federconsorzi nei confronti dell’Amministrazione, corrispondente all’entità del suo debito verso le banche per la mancata restituzione dei finanziamenti ricevuti per gli approvvigionamenti di prodotti agricoli, trova titolo nell’impegno assunto dallo Stato ai sensi della citata L. n. 1294, ma il diritto ad essere tenuto indenne di quanto corrisposto agli istituti di credito presuppone la prova della relativa erogazione, e la sua esigibilità è condizionata all’eventuale richiesta di adempimento del contratto di finanziamento formulata dall’altro contraente, ovvero al pagamento eventualmente effettuato in favore di quest’ultimo".

Pertanto, decidendo sui ricorsi si rileva, quanto al ricorso delle banche, che devono essere accolti il terzo ed il quarto motivo, mentre devono essere rigettati il primo, il secondo ed il quinto;

quanto ai ricorsi della Federconsorzi, che va accolto quello principale, rispetto al quale va però rigettata nel merito la domanda di accertamento dell’intero credito vantato per la complessiva operazione di finanziamento, mentre resta assorbito quello incidentale.

Per effetto dell’accoglimento del ricorso nei termini indicati, va quindi cassata la sentenza impugnata in relazione alla statuizione concernente l’accertamento del credito vantato nei confronti della Federconsorzi, con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione per la relativa delibazione.

In proposito osserva il Collegio che il giudice del rinvio dovrà provvedere tenendo conto delle diverse contestazioni che erano state precedentemente sollevate avverso la relativa quantificazione, e quindi determinare la somma dovuta dal Ministero in accoglimento della domanda di rivalsa originariamente proposta dalla Federconsorzi, e implicitamente contenuta in quella formulata da ultimo in questa sede concernente il riconoscimento dell’intero credito verso lo Stato.

Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio per quanto riguarda i rapporti Banche – Federconsorzi e Federconsorzi – Ministero, mentre devono essere compensate quelle concernenti il definito rapporto Banche – Ministero, in ragione della delicatezza delle questioni prospettate.

P.Q.M.

La Corte provvedendo sui ricorsi riuniti così decide:

– rigetta il ricorso proposto dalla Banca Popolare di Lodi s.p.a. e dal Banco Popolare società cooperativa contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– accoglie il medesimo ricorso in quanto rivolto contro la Federazione Consorzi Agrari in liquidazione e in concordato preventivo limitatamente al terzo e al quarto motivo;

accoglie infine il ricorso proposto dalla Federconsorzi Agrari in liquidazione ed in concordato preventivo contro il Ministero e, pronunciando nel merito della sola estensione domanda all’accertamento dell’intero credito derivante dall’operazione di finanziamento, la rigetta; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012

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