Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43703 Materie esplodenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza 20.7.2009 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città, nella parte in cui, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato A.C., B. G., B.M., F.C., M.A. e S.M., colpevoli di furto consumato (capo 3), ricettazioni (capi 1 e 2) e detenzione e porto di esplosivi (capo 4), tutti variamente aggravati e con la recidiva per i primi tre, commessi il (OMISSIS). La Corte di appello, ritenuta la recidiva semplice per gli imputati ai quali era stata contestata, riduceva tuttavia le pene inflitte, determinandole in quattro anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione e Euro 2.000 di multa per A.C., B.G. e B.M.; in tre anni e quattro mesi di reclusione e Euro 1.400 di multa per F.C., M. A. e S.M..

Ai sei imputati era in particolare contestato di essersi impossessati del denaro di un bancomat del Banco di Roma, che avevano raggiunto a bordo di due autovetture provento di furto, dopo avere infranto la vetrina e fatto saltare la cassa con una miscela esplosiva a base di ossigeno e acetilene, trasportata in due bombole.

2. A.C. ha proposto ricorso personalmente e chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunziando:

2.1. violazione della legge sostanziale, e in particolare dell’art. 648 c.p., per l’errata qualificazione dei reati ai capi 1 e 2 come ricettazione anzichè come furti semplici e per l’errata considerazione del dolo (di ricettazione);

2.2. violazione della legge penale, e in particolare dell’art. 648 c.p., comma 2, e dell’art. 62 c.p., n. 4, trattandosi di circostanze compatibili e cumulabili (Sez. U, 26.4.1989); l’attenuante comune era ravvisabile perchè il valore delle cose era moderato e il danno patrimoniale recato di non particolare gravità; dovevano essere inoltre riconosciute le circostanze attenuanti generiche;

2.3. mancato riconoscimento, in relazione al reato al capo 3), del tentativo di furto anzichè del furto consumato, posto che l’azione delittuosa, e i suoi preparativi, erano stati costantemente monitorati dalle Forze dell’ordine e gli imputati erano stati bloccato solo dopo la perpetrazione del reato per scelta operativa degli agenti; sicchè la refurtiva non era mai entrata nella loro piena disponibilità;

2.4. erronea contestazione dei fatti al capo 4 alla stregua di delitti (ai sensi della L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 4) anzichè della contravvenzione di cui all’art. 678 c.p., attesa la scarsa portata deflagrante e pericolosità per l’incolumità pubblica della miscela utilizzata;

2.5. vizi della motivazione, non avendo i giudici di merito giustificato adeguatamente le decisioni, dato risposta esaustiva alle deduzioni articolate dall’imputato, applicato correttamente le regole della logica.

3. B.G., B.M. e F.C. hanno proposto ricorso a mezzo dell’avvocato Roberto D’Errico, chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunziando:

3.1. violazione di legge in relazione alla qualificazione del reato al capo 3) alla stregua di furto consumato anzichè tentato (sulla scorta di considerazioni analoghe a quelle del terzo motivo del precedente ricorso);

3.2. violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti genetiche, dovute per il comportamento successivo al fatto (all’intervento dei Carabinieri si erano spontaneamente arresi).

4. M.A. ha proposto ricorso personalmente e chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunziando:

4.1. violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla qualificazione del reato al capo 4 (sulla base di considerazioni analoghe a quelle del quarto motivo del ricorso A.: si trattava di sostanze non micidiali se custodite in bombole e non innescate in ambiente saturo);

4.2. violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche anche solo equivalenti, essendo il diniego fondato soltanto sul silenzio mantenuto in udienza di convalida e la ritenuta mancata resipiscenza, senza considerare che si trattava di giovane incensurato, "normoinserito", che aveva comunque confessato.

5. S.M. ha proposto ricorso a mezzo dell’avvocato Ercole Cavaretta, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunziando:

5.1. violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla qualificazione del reato al capo 3) alla stregua di furto consumato anzichè tentato (sulla scorta di considerazioni analoghe a quelle dei precedenti ricorsi, sintetizzate sub 2.3 e 3.1);

5.2. violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla qualificazione del reato al capo 4) (sulla base di considerazioni analoghe a quelle dei precedenti ricorsi, sintetizzate sub 2.4. e 4.1);

4.2. violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche; la sentenza impugnata ricalcava la decisione del primo giudice e si fondava soltanto sul giudizio di gravità dei fatti, senza considerare la specifica posizione del singolo imputato e arbitrariamente valorizzando il silenzio in sede di convalida.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che i ricorsi appaiono per la gran parte al limite dell’ammissibilità e sono comunque nel complesso infondati.

2. Del tutto prive di fondamento sono, in particolare, le censure – sviluppate nel terzo motivo del ricorso A.; nel primo motivo del ricorso di G. e B.M. e di F.; nel primo motivo del ricorso S. – relative alla qualificazione del delitto contestato al capo 3) alla stregua di furto consumato, anzichè, come si sostiene, tentato.

Non soltanto, difatti, gli imputati hanno sottratto il denaro dal Bancomat fatto saltare con l’esplosivo, e se ne sono impossessati, portandolo nel loro rifugio, in tal modo completando sotto ogni profilo l’azione delittuosa, ma neppure corrisponde ai dati processuali che detta azione era stata costantemente "monitorata", ovverosia controllata e seguita dalle forze dell’ordine che procedevano alle intercettazioni. Stando a quanto riferiscono i giudici di merito, in risposta alle analoghe deduzioni sviluppate con gli atti d’appello, i Carabinieri avevano in realtà perso i contatti con i soggetti che stavano controllando ed ebbero notizia dell’oggetto e del luogo esatto del furto soltanto ex post, grazie all’allarme diramato dalla Centrale operativa, a seguito dell’effrazione e della sottrazione del denaro. Nè i ricorsi svolgono alcuna specifica censura con riguardo a tale aspetto fattuale, che appare dirimente.

Può solo aggiungersi che non è certamente equiparabile ad una situazione di permanente controllo materiale e giuridico della persona offesa sulla cosa sottrattagli, quella in cui le forze dell’ordine hanno sentore della preparazione di un furto, e sono forse in grado di ipotizzare i probabili bersagli, ma per qualsivoglia motivo non riescono a prevenirne – come era per loro doveroso fare ed è da presumere sino a incontrovertibile prova contraria che abbiano tentato di fare – la sua realizzazione.

3. Parimenti infondate sono le doglianze riferite alla qualificazione del delitto al capo 4) – sviluppate nel quarto motivo del ricorso A.; nel primo motivo dei ricorso M.; nel secondo motivo del ricorso S. – alla stregua di detenzione e porto di esplosivi anzichè ai sensi dell’art. 678 c.p..

Come è stato già adeguatamente evidenziato nella sentenza impugnata, l’elevata capacità distruttiva e la intrinseca pericolosità del materiale impiegato dagli imputati emergeva inequivocabilmente dagli effetti con esso in concreto realizzati, l’esplosione dell’ordigno aveva difatti divelto la struttura blindata della banca, e poteva perciò produrre effetti micidiali per chiunque ne fosse stato investito. Correttamente l’ordigno è stato dunque considerato esplosivo e non come alla stregua di mero materiale esplodente. La circostanza, poi, che i gas, se mantenuti all’interno della bombola di contenimento e non innescati, non sarebbero stati in grado di autodeflagrare, è priva di ogni rilievo: quasi tutti gli esplosivi richiedono, difatti, per produrre gli effetti devastanti loro propri, d’innesco.

4. Passando alle restanti censure, deve rilevarsi che il primo motivo del ricorso A., relativo alla configurabilità, oggettiva e soggettiva, delle ricettazioni, è assolutamente generico e in ogni caso manifestamente infondato: è pacifico infatti che gli imputati, e con loro il ricorrente, abbiano usato autovetture di provenienza furtiva, e non vi è alcun elemento concreto che consenta di ritenere che le auto erano state rubate dagli stessi.

5. Manifestamente infondato è il secondo motivo dello stesso ricorso A., laddove lamenta il diniego delle attenuanti del capoverso dell’art. 648 c.p. e dell’art. 62 c.p., n. 4.

Correttamente i giudici del merito hanno escluso le prime due in considerazione del fatto che nè le vetture oggetto di ricettazione nè il compendio di furto si prestavano ad essere considerati di valore particolarmente tenue.

6. Generiche e manifestamente infondate sono quindi le doglianze articolate con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche nell’ambito del secondo motivo del ricorso A., nel secondo motivo del ricorso di G. e B.M. e F., nel secondo motivo del ricorso M., nel secondo motivo del ricorso S.. Correttamente i giudici del merito hanno valorizzato il numero e la gravità dei reati realizzati, l’accurata organizzazione e la predisposizione di mezzi e risorse che essi avevano richiesto, la elevata capacità criminale, perciò, che le stesse condotte poste in essere esprimevano, così congruamente fondando la loro decisione su parametri previsti dall’art. 133 c.p., utilizzabili anche ai fini dell’art. 62 bis c.p..

E plausibilmente hanno osservato che a fronte di codesti allarmanti elementi appariva assolutamente privo di rilievo il comportamento, praticamente necessitato, tenuto dagli imputati all’atto dell’arresto e nel corso del processo.

7. Del tutto generico è infine l’ultimo motivo del ricorso A., che lamenta vizi di motivazione, per ogni aspetto, come detto, inesistenti.

8. I ricorsi devono per conseguenza essere rigettati e gli imputati vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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