T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 04-01-2012, n. 62 Spettacoli e trattenimenti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 20 luglio 2011 e depositato il successivo 5 agosto 2011, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale, in data 23 maggio 2011, il Questore di Roma gli ha vietato "di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati" per anni cinque, estendendo il suddetto divieto, da due ore prima a due ore dopo l’espletamento delle manifestazioni sportive, "agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni per lo stesso arco temporale", a causa dell’attribuzione al medesimo di un evento lesivo – in particolare, lesioni personali a danno di due austriaci – verificatosi nei minuti iniziali dell’incontro Roma – Chievo Verona disputatosi presso lo stadio Olimpico di Roma in data 23 aprile 2011.

Ai fini dell’annullamento, il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO PER L’IRROGAZIONE DELLA MISURA INTERDITTIVA, atteso che è sì intervenuta denuncia alla autorità giudiziaria per i fatti accaduti, ma il ricorrente risulta ora indagato per il reato di lesioni personali solo a causa dell’individuazione fotografica di un terzo soggetto, il fratello delle persone offese, predisposta dalla P.G. "fuori dal contraddittorio" tra le parti e "dalle garanzie che ne derivano". Posto che un’individuazione di tal genere "è in sostanza un mero atto di indagine finalizzato ad orientare l’investigazione, ma non ad ottenere la prova" e, dunque, ha un valore "assolutamente minimo", la stessa non può giustificare l’adozione del provvedimento previsto dall’art. 6 della L. n. 401 del 1989. Ne consegue che il provvedimento impugnato è illegittimo, anche perché non può trovare autonomo sostegno nella circostanza che il ricorrente sia stato in passato già oggetto di autonoma misura ed annoveri pregiudizi di polizia per violazioni di legge "e che faccia parte del tifo organizzato romanista".

DIFETTO DI MOTIVAZIONE IN RELAZIONE AL PRINCIPIO DI GRADUALITA’ DELLA SANZIONE E PER DIFETTO DI DETERMINATEZZA DELLE PRESCRIZIONI, per la genericità che caratterizza la durata e l’estensione del divieto.

Con atto depositato in data 23 agosto 2011 si è costituita l’Amministrazione intimata, la quale – nel prosieguo e precisamente in data 17 settembre 2011 – ha prodotto documenti, tra cui una nota in data 18 agosto 2011, in cui è rappresentato – in sintesi – quanto segue: – nel corso della partita Roma-Chievo Verona, disputatasi in data 23 aprile 2011, due fratelli austriaci venivano malmenati da tifosi giallorossi, riportando rispettivamente una prognosi di 20 gg. e 7 gg.; – in medesima data, i due ragazzi sporgevano denuncia; – escusso il successivo 4 maggio 2011 un terzo fratello, in qualità di persona informata sui fatti, lo stesso riconosceva il ricorrente – già conosciuto agli atti della Digos sin dal 2003 – come uno dei soggetti che avevano posto in essere gli atti di violenza; – sulla base di tali presupposti, veniva emesso il provvedimento impugnato, nel pieno rispetto dell’art. 6 della L. n. 401 del 1989.

Con ordinanza n. 3168 del 2 settembre 2011 il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione.

All’udienza pubblica del 24 novembre 2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei termini e nei limiti di seguito indicati.

2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Questore di Roma gli ha vietato, per anni cinque, l’accesso all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati, estendendo lo stesso divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni.

Ai fini dell’annullamento il ricorrente lamenta – in primis – l’"insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’irrogazione della misura interdittiva", insistendo sullo scarso valore dell’individuazione fotografica compiuta dal fratello degli austriaci vittime degli atti di violenza.

Tale censura è infondata.

2.1. Al riguardo, appare opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, della L. 13 dicembre 1989, n. 401, "nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all’art. 4, primo e secondo comma, della L. 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della L. 22 maggio 1975 , n. 152, all’articolo 2, comma 2, del D.L. 16 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 1993, n. 205, all’art. 6 bis, commi 1 e 2, e all’articolo 6 ter della presente legge, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni sportive….".

Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, si tratta di un’ipotesi restrittiva della libertà personale che necessariamente presuppone una relazione con eventi sportivi, in quanto diretta ad eliminare non una generica pericolosità sociale del soggetto ma quella specifica che deriva dal verificarsi di determinate condotte in un ambito specifico, ed esse sole è destinata a contrastare (cfr., tra le altre, TAR Campania, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403).

In altri termini, il divieto di cui sopra presenta natura interdittiva atipica, nel senso che deve fondarsi su una situazione di pericolosità sociale specifica, ossia sulla pericolosità che deriva dal verificarsi di ben individuate condotte in occasione di manifestazioni sportive, generatrici di tumulto, allarme e/o di pericolo, in carenza delle quali il divieto non può essere disposto (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7552; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 11 marzo 2010, n. 567; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 2 dicembre 2009, n. 8303).

E’, dunque, evidente che l’adozione di provvedimenti di tal genere, riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia e, quindi, comminabili "ante delictum", deve risultare motivata con riferimento a comportamenti del destinatario connotati da una certa attualità e concretezza, ossia da comportamenti che – anche se non ancora oggetto di accertamento in sede penale – si profilano idonei a rivelare talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica (cfr., tra le altre, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I. 4 marzo 2011, n. 301).

2.2. Orbene, nel caso in esame i presupposti di fatto sopra rappresentati sono ravvisabili.

Soprassedendo sulla formulazione letterale del provvedimento impugnato laddove afferma che il ricorrente "si rendeva responsabile del reato di lesioni personali in concorso" – la quale può rivelarsi non pienamente corretta, non essendo ancora intervenuta una sentenza penale di condanna (peraltro, non richiesta dalla legge) – appare, infatti, incontestabile che:

– al ricorrente risulta attribuita la commissione di atti di violenza "in occasione di un incontro di calcio". In particolare, al predetto risulta attribuita l’aggressione di "due giovani fratelli, di cui uno minore, senza un chiaro motivo procurando loro contusioni varie";

– tale attribuzione trova origine in dichiarazioni rese alla DIGOS da una persona che era presente ai fatti;

– ricevono, altresì, evidenza ulteriori condotte del ricorrente, atte a rafforzare la pericolosità sociale di quest’ultimo, per nulla contestate dal ricorrente.

Ciò detto, appare evidente che l’Amministrazione ha proceduto sulla base di circostanze concrete, atte a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato.

Stanti i rilievi formulati, appare comunque opportuno aggiungere che l’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 6 in argomento soggiace a regole ben diverse da quelle che regolamentano il giudizio penale e, dunque, l’emissione di sentenze penali di condanna.

Si intende così evidenziare – proprio in ragione di quanto già esposto ed, in particolare, della riconducibilità di detti provvedimenti nell’ambito del genus delle misure di prevenzione – che, ai fini della presa in considerazione e, quindi, valutazione di determinati fatti da parte dell’Amministrazione, rilevanza alcuna può assumere il rigoroso rispetto o meno delle previsioni codicistiche che regolamentano l’assunzione delle prove – sostanzialmente invocate dal ricorrente – bensì è sufficiente anche la semplice conoscenza di elementi concreti, di per sé idonei a dare conto della "pericolosità" di un soggetto.

Ciò detto, la disquisizione del ricorrente sul valore "assolutamente minimo" che andrebbe riconosciuto all’"individuazione" fotografica compiuta dal terzo fratello non è meritevole di condivisione.

3. Il ricorrente denuncia, ancora, il difetto di motivazione in relazione al principio di gradualità della sanzione.

Anche tale censura è infondata.

Pur condividendo l’orientamento secondo il quale l’Amministrazione deve dare conto delle valutazioni effettuate in ordine alla congruità della durata della misura applicata, il Collegio ritiene, infatti, che tale esigenza svilisca o, comunque, perda consistenza in tutti i casi in cui la congruità della durata trovi chiaro ed inequivoco supporto nella gravità dei fatti contestati.

In altri termini, si intende affermare – in linea, del resto, con l’orientamento assunto anche in altri settori ed, in particolare, in quello della sanzioni disciplinari – che l’obbligo di motivazione va commisurato alla gravità dei fatti contestati, con la conseguenza che detto obbligo è da ritenersi comunque adempiuto in tutti i casi in cui la gravità dei fatti già di per sé concretizza una valida ragione giustificatrice della misura adottata.

Nel caso in esame, i fatti ascritti al ricorrente – per come descritti nel provvedimento – si rivelano gravi e, dunque, ben valgono a supportare la durata di cinque anni del divieto impartito.

4. In ultimo, il ricorrente denuncia il difetto di "determinatezza delle prescrizioni" relative all’estensione del divieto.

Al riguardo, va evidenziato che l’Amministrazione ha provveduto a specificare – seppure in "nota" – gli incontri di calcio e le zone limitrofe dello stadio Olimpico e dello stadio Flaminio interessati dal divieto.

Ciò detto, la censura de qua è da ritenere fondata limitatamente ai luoghi interessati dall’estensione del divieto, con eccezione di quelli antistanti o comunque limitrofi ai predetti stadi.

Al riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 6, comma 1, della L. n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare luoghi "interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime" "specificamente indicati".

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli impianti sportivi e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).

Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, tenuto conto della genericità che caratterizza – nonostante le specifiche riportate in "nota" – l’individuazione dei luoghi interessati dall’estensione divieto, la quale – con l’unica eccezione dei riferimenti allo stadio Olimpico ed allo stadio Flaminio – è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso, con conseguente illegittimità della relativa prescrizione provvedimentale.

5. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto nei limiti e nei termini sopra indicati.

Tenuto conto delle peculiarità della vicenda e dello sforzo che l’Amministrazione dimostra – comunque – di aver compiuto al fine di limitare la genericità del divieto, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7077/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui – fatta eccezione per gli stadi Olimpico e Flaminio di Roma – estende il divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi nonché "alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipino o assistono alle medesime competizioni".

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei Magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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