Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43700

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 22/10/09 la Corte di Assise di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza 6/12/07 della Corte di Assise di Foggia, che condannava I.C., esclusa la premeditazione e con la recidiva e la continuazione, alla pena di anni 24 di reclusione per i reati in concorso (in (OMISSIS); su istigazione del padre I.G., separatamente giudicato ed infine assolto dalle imputazioni più gravi) di omicidio in danno di C.A. (capo A), porto e detenzione illegali di pistola clandestina (una cal. 6,35 non catalogata: capi C-B), ricettazione della medesima (capo D) ed esplosioni pericolose (capo E), riteneva il fatto di cui al capo A) diverso da quello contestato all’imputato (di esserne cioè l’autore materiale) e disponeva trasmettersi gli atti al Pm per quanto di competenza; rideterminava la pena per le restanti imputazioni (B, C, D, prescritta quella sub E) in anni 3, mesi 6 di reclusione ed Euro 1.500 di multa.

Il fatto si era verificato in un autosalone di (OMISSIS) in esito ad una lite tra I.G., il padre, e C. A., la vittima, per un’autovettura del primo che il secondo non intendeva restituire se non dopo avere avuto dall’altro Euro 5.000. Lo I., presto raggiunto dal figlio C., si era recato all’appuntamento armato di pistola, temendo le intenzioni dell’altro (che fosse armato a sua volta di pistola e addirittura di una bomba a mano, che veniva effettivamente trovata, nel successivo sopralluogo, all’interno dell’autosalone). Erano esplosi sei colpi (cinque andavano a bersaglio) e dopo un breve inseguimento il C. rimaneva ucciso. All’intervento dei CC lo I., ancora sul luogo, consegnava l’arma ed ammetteva di avere sparato.

L’uomo, confesso, veniva tratto in arresto, ma in esito alle indagini veniva assoggettato a custodia cautelare anche il figlio I. C., l’odierno imputato, che, tra l’altro, risultava fortemente positivo al prelievo degli stubs. L’accusa formulata era che a sparare fosse stato il figlio, istigato dal padre. I due però erano separatamente giudicati, il padre col rito abbreviato, il figlio col rito ordinario. Se nonchè I.G., imputato come concorrente morale (istigatore), veniva definitivamente assolto dall’imputazione di omicidio (ritenendosi solo autore di esso il figlio), mentre nei confronti di I.C., condannato in primo grado come autore materiale, vi era in appello, in esito alle perizie disposte in quella sede, una nuova definizione dei ruoli che vedeva in I. padre lo sparatore, moralmente coadiuvato dal figlio C.. Trattandosi di fatto diverso, gli atti erano rimessi in prime cure per una nuova contestazione. Confermati gli altri reati relativi all’arma.

Ricorreva per cassazione la difesa di I.C., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: non si comprendeva in base a quali certezze la Corte di Appello avesse affermato che la presenza dell’imputato avesse rafforzato l’intento omicida del padre, in contrasto con l’atteggiamento moderatore del figlio costantemente riferito da entrambi gli imputati; conseguentemente era illogica la confermata condanna per l’arma, specie a fronte della definitiva assoluzione del concorrente da tutti i reati diversi dal suo porto illegale; era infine viziato ed immotivato il giudizio sul diniego delle attenuanti generiche e della provocazione e sulla quantificazione della pena.

All’udienza fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 6, sent. n. 14595 del 12/1/10, rv. 246678, Naio), "nell’ipotesi in cui il giudice d’appello abbia dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per erronea qualificazione giuridica del fatto, rinviando gli atti al Pm perchè si proceda ad un nuovo giudizio, è tenuto ad accertare che il fatto è diverso da quello contestato, senza poterne verificare in tale ipotesi la fondatezza o meno, in quanto sottrarrebbe all’imputato un grado di giudizio, violandone pertanto in maniera irreparabile il diritto di difesa".

E’ quanto ha correttamente fatto la sentenza impugnata. Dopo un’attenta analisi del fatto e delle prove scientifiche raccolte nel processo, il giudice di appello ha concluso attendibilmente che la condotta omicida (capo A) deve ritenersi diversa da quella contestata, per la ragione che l’odierno imputato, individuato nel capo d’imputazione come esecutore materiale del delitto, non risulta aver agito su istigazione del padre (sul punto vi è ormai giudicato) nè aver esploso con la pistola cal. 6,35 in sequestro alcuno dei colpi di arma da fuoco che hanno attinto la vittima, nè tanto meno quello letale. Risulta per contro che egli, anche per prevenire azioni violente del C., ha tempestivamente seguito il padre presso l’autosalone e ne ha rafforzato con la sua presenza il proposito omicida (concorso morale). L’imputato, prosegue la sentenza, è intervenuto anche nella fase esecutiva del reato, fornendo un contributo concorsuale – materiale e psicologico – che per la condotta in concreto posta in essere ha avuto in definitiva efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, dovendosi dubitare che lo I., senza l’apporto del figlio, sarebbe risuscito a neutralizzare il C. e ad attentare alla sua vita. Il figlio, in realtà, al fine di prevenire azioni violente dell’antagonista (che era in possesso di esplosivo), al pari del padre, che impugnava l’arma, ha affrontato il C. per farlo allontanare dall’autovettura in cui quello aveva occultato la bomba a mano, impedendogli di ripararsi dietro le autovetture lì parcheggiate ed "accerchiandolo", per renderlo, in definitiva, più facile bersaglio del padre (che lo attingeva con plurimi colpi di pistola, di cui uno mortale), allontanandosi poi entrambi dal luogo del delitto senza chiedere alcun soccorso in aiuto della vittima.

Conseguentemente – il fatto descritto nel capo A delle imputazioni essendo risultato diverso da quello contestato – gli atti sono stati trasmessi al Pm perchè riformuli l’imputazione (in maniera unitaria, per quanto possibile, vista la frammentazione del processo per i diversi riti scelti dagli imputati), tenendo conto dei risultati probatori dell’istruzione dibattimentale del secondo grado del giudizio. A tali valutazioni, sorrette da logica coerenza, la difesa (inammissibilmente in sede di giudizio di legittimità) si è limitata ad opporre le proprie diverse valutazioni. Manifestamente infondate, allo stesso modo, le censure sulla confermata condanna dello I. per il porto e la detenzione illegali dell’arma ricettata, la condotta concorsuale riconosciuta in capo all’imputato (la sincronica azione posta in essere col padre in danno del C.) giustificando ampiamente il giudizio di correità o di autonoma responsabilità (lì dove il padre nel diverso processo è stato assolto) per ciascuno dei reati contestati (a proposito dell’omicidio, ma la valutazione vale anche per i reati sulle armi, la sentenza parla di un consapevole accordo istantaneo tra padre e figlio in un unico contesto violento).

Non censurabile la sentenza impugnata anche sul trattamento sanzionatorio: generica la doglianza sulla pretesa provocazione, manifestamente infondata sul diniego delle attenuanti generiche e sulla quantificazione della pena (l’uno e l’altra espressamente e correttamente motivati).

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una congrua sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

visti l’art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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