Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-06-2012, n. 9785

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.V.A. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Isernia, l’Istituto diocesano per il sostentamento per il clero di Isernia-Venafro, per l’accertamento dell’acquisto per usucapione della proprietà di un appezzamento di terreno posto in agro di (OMISSIS), intestato in catasto al ridetto istituto.

Quest’ultimo resisteva alla domanda, chiedendone il rigetto.

Il Tribunale con sentenza n. 495/04 accoglieva la domanda.

L’impugnazione dell’Istituto diocesano, che aveva dedotto l’incompetenza del giudice di primo grado, competente essendo la sezione specializzata agraria, il difetto di motivazione su tale eccezione, l’esistenza di un contratto di affitto agrario e l’assoluto difetto della possessio ad usucapionem, era respinta dalla Corte d’appello di Campobasso con sentenza n. 270/08 del 18.10.2008.

Riteneva la Corte territoriale che l’eccezione d’incompetenza per materia non era stata specificamente e tempestivamente sollevata, nè la relativa questione era stata rilevata in primo grado; che era irrilevante, nel merito, la circostanza che i figli della D.V. avessero sottoscritto per la richiesta d’acquisto del terreno un modulo recante la dicitura a stampa "fittuario", sia per essere questi ultimi terzi rispetto alla controversia, sia in considerazione del fatto che l’acquisto per usucapione della proprietà del fondo da parte della D.V. si era perfezionato (già alla fine degli anni 80 del secolo appena trascorso) in epoca anteriore alla sottoscrizione del documento; e che, infine, l’esistenza di un contratto agrario fra le parti non era stata dimostrata in alcun modo.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre l’Istituto diocesano per il sostentamento per il clero di Isernia-Venafro, formulando quattro motivi di annullamento.

Resiste con controricorso D.V.A..

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, non avendo, a detta della parte ricorrente, la Corte molisana motivato in alcun modo sul primo motivo d’appello, con il quale era stata denunciata la carenza di motivazione della sentenza di primo grado in ordine all’eccezione d’incompetenza per materia del giudice adito, competente essendo la sezione specializzata agraria.

Parte ricorrente formula al riguardo il seguente quesito ex art. 366- bis c.p.c. (applicabile ratione temporis al presente giudizio di cassazione): "se sia conforme alla legge ed all’art. 112 c.p.c. la totale omissione di pronuncia su un motivo di appello (nel nostro caso attinente alla carenza di motivazione sulla decisione relativa all’infondatezza dell’eccezione di incompetenza per materia del Giudice adito)".

1.1. – Il motivo è doppiamente infondato.

1.1.1. – La Corte d’appello si è pronunciata sulla censura riguardante la competenza per materia del giudice adito, e ciò ha fatto nella parte in cui ha ritenuto non specificamente proposta in primo grado la relativa eccezione. Dunque, vi è stata non omessa pronuncia, ma decisione espressa (che per il suo contenuto negativo non cessa di essere tale) sul motivo.

1.1.2. – In secondo luogo, va osservato che il vizio motivazionale, denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche, giacchè – ove il giudice del merito abbia correttamente deciso le questioni di diritto sottoposte al suo esame, sia pure senza fornire alcuna motivazione o fornendo una motivazione inadeguata, illogica o contraddittoria – la Corte di Cassazione, nell’esercizio del potere correttivo attribuitole dall’art. 384 c.p.c., comma 2, deve limitarsi a sostituire, integrare o emendare la motivazione della sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 28054/08;

conforme, Cass. n. 5595/03).

Pertanto, la pretesa omessa motivazione su di un’eccezione di carattere processuale è denunciabile ai sensi non dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma del n. 4.

2. – Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 327 e 329 c.p.c., per non avere la Corte territoriale ritenuto acquisita in causa la proposizione dell’eccezione d’incompetenza per materia del Giudice adito. La Corte territoriale, si sostiene, avrebbe errato nel ritenere infondata (rectius, inammissibile) l’eccezione d’incompetenza perchè tardiva, in quanto su tale questione, in assenza di specifica impugnazione, si è costituito il giudicato.

Segue il quesito, "se sia conforme alla legge ed all’art. 342, 327 e 329 c.p.c. la declaratoria di tardività dell’eccezione di incompetenza per materia del Giudice di appello in assenza di una specifica e formale impugnazione della sentenza di primo grado sul punto".

2.1. – Il motivo è, di per sè solo, inconcludente.

Sebbene sia esatto che la sentenza del Tribunale di Isernia abbia ritenuto proposta l’eccezione (vi si legge, infatti, che "atteso che il possesso uti dominus ai fini dell’usucapione è l’esatto contrario del possesso qualificato che esercita l’affittuario in nome e per conto del proprietario, deve ritenersi manifestamente infondata prima facie, l’eccezione d’incompetenza del giudice ordinario per presunta esistenza di un contratto d’affitto agrario, formulata velatamente e genericamente dall’Istituto convenuto (senza indicazioni circa l’epoca precisa d’instaurazione del rapporto e del canone pattuito e corrisposto)", il relativo giudicato interno non può produrre, da solo, alcun effetto rescindente.

Sulla base del principio di economia processuale, ormai espressamente accolto anche nel giudizio di legittimità dalla seconda parte dell’art. 384 c.p.c., comma 1, nonchè di un’interpretazione complessiva dell’art. 384 che induce ad escludere che l’ambito di applicazione del comma 1 – tradizionalmente identificato con l’ipotesi della violazione o falsa applicazione di una norma di diritto sostanziale (di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3) – coincida con quello del secondo comma – dove si fa riferimento alle "sentenze erroneamente motivate in diritto" e, quindi, essendo la sentenza risultante tanto dall’applicazione di norme sostanziali quanto di norme processuali, all’incidenza causale dell’errore sulle une e sulle altre – deve ritenersi configurabile il potere della Corte di Cassazione di correzione della motivazione della sentenza impugnata anche in relazione ad un errar in procedendo, fermi restando anche in tal caso i limiti della non necessità di indagini di fatto (ulteriori rispetto a quelle che la Corte di Cassazione può compiere sul fascicolo, come di norma, nell’esame di detto error) e del rispetto del principio dispositivo (dovendosi trattare di fatti ed eccezioni rilevati dalle parti o rilevabili d’ufficio) (Cass. nn. 15810/05, 5894/06, 1615/08).

Potere di correzione che, nella specie, va esercitato in una con la decisione sul motivo che segue.

3. – Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 29 del 1990, art. 9 sulla competenza delle sezioni specializzate agrarie, formulando il seguente quesito: "se sia conforme alla legge e alla L. n. 29 del 1990, art. 9 la decisione che non riconosce la competenza della sezione specializzata agraria di una controversia nella quale in base alla domanda dell’attore o all’eccezione del convenuto, sia richiesto un accertamento positivo o negativo dei rapporti soggetti alle speciali norme cogenti in materia di contratti agrari".

3.1. – Anche tale motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora nel giudizio instaurato dall’attore con domanda di rilascio di un bene immobile il convenuto eccepisca l’incompetenza del giudice adito, deducendo la competenza della Sezione Specializzata Agraria, il giudice deve rimettere a questa la decisione della causa, rientrando nella competenza della medesima anche l’accertamento della natura del rapporto, tranne che sulla base delle deduzioni delle parti e senza necessità di attività istruttoria risulti prima facie che la materia del contendere è diversa da quella devoluta alla cognizione del giudice specializzato. L’infondatezza prima facie dell’eccezione di incompetenza in questione sollevata da una delle parti deve ritenersi sussistente, tra l’altro, allorchè l’eccezione medesima risulti in insanabile contrasto con la ricostruzione della situazione di fatto e di diritto operata dalla parte a sostegno delle proprie tesi difensive, ovvero manchi del supporto argomentativo minimo indispensabile per chiarire i dati essenziali del rapporto agrario dedotto (specifica natura, data di inizio, corrispettivo, oggetto, ecc.) (fra le tante, v. Cass. nn. 22895/05 e 4786/01).

3.1.1. – Nel caso in esame, deve rilevarsi – trattandosi di questione di carattere processuale su cui questa Corte ha poteri di accertamento di fatto – che la parte odierna ricorrente non ha minimamente circostanziato la propria eccezione, non ha, cioè, allegato i fatti storici specifici che, soli, avrebbero potuto illustrare sia la preesistenza di un rapporto fra le parti, sia la natura agraria di esso, di talchè l’eccezione deve ritenersi priva del requisito minimo di possibile fondatezza, in assenza del quale non può radicarsi la competenza del giudice specializzato.

4. – Con il quarto motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte d’appello non ha considerato in ordine all’esistenza dell’animus possidendi, che i figli della D.V. essendo le persone più vicine alla madre erano anche coloro che più di ogni altro sapevano che la D.V. non possedeva il fondo animo domini. A riprova di ciò, sostiene parte ricorrente, milita la deposizione del teste F.E., che ha ricordato come il terreno in questione fosse stato affittato alla D.V. nel corso degli anni 50, anche se non ha saputo specificare da chi, e del teste D.M., il quale ha rammentato che due o tre anni a dietro dei tecnici dell’Istituto diocesano avevano effettuato un sopralluogo per la regolarizzazione dell’affitto o il rilascio del fondo.

Formula in sintesi il seguente quesito: "se sia conforme alla legge e all’art. 1158 c.c. il riconoscimento del possesso utile all’acquisto per usucapione di un bene, in assenza di una percepibile esternazione dell’animus domini del richiedente".

4.1. – Il quesito è inammissibile perchè logicamente sganciato dal motivo.

Il quesito previsto dall’art. 366-bis c.p.c. (applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze pubblicate tra il 2.3.2006 e il 4.9.2009), dovendo consistere in una sintesi logico-giuridica del motivo d’impugnazione intesa a postulare un principio di diritto, deve porsi, rispetto al mezzo di annullamento dedotto, nel medesimo rapporto di implicazione stretta richiesto dalla logica di tipo condizionale all’interno della regula iuris proposta, con la conseguenza che, in difetto, viene meno la stessa connessione rilevante tra gli enunciati (premessa e conclusione) necessaria per validare il ragionamento.

4.1.1. – Nella specie, tra la premessa, di mero fatto, che dalle deposizioni raccolte si trarrebbe la preesistenza di un rapporto contrattuale escludente il possesso del terreno da parte dell’attrice, e la conclusione, di puro diritto, secondo cui la possessio ad usucapionem richiede una percepibile esternazione dell’elemento soggettivo del possesso, non intercede un’implicazione giuridica stretta perchè la conclusione è indipendente dalla premessa: questa ha per oggetto un fatto ostativo il sorgere del possesso (id est, l’esistenza fra le parti di un rapporto contrattuale attributivo della sola detenzione), lì dove quella suppone un possesso inidoneo all’usucapione perchè viziato da clandestinità.

5. – In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.

6. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *