Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-06-2012, n. 9779

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con atto notificato il 27 gennaio 2005 la Sig.ra B.M. citò in giudizio la Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. (poi divenuta Banca Antonveneta s.p.a.) e chiese che venissero dichiarati nulli, annullati o altrimenti risolti alcuni contratti d’acquisto di titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica argentina, da lei stipulati con detta banca in epoca compresa tra il febbraio 1999 ed il giugno 2001. A fondamento di tali domande, e di quella di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali altresì proposta l’attrice dedusse il difetto di sufficienti informazioni ricevute in ordine al livello di rischio dell’investimento e la mancata doverosa valutazione, da parte della banca, dell’adeguatezza di tali operazioni finanziarie rispetto alle caratteristiche personali e patrimoniali dell’investitore.

Il tribunale rigettò tutte le domande, ma il gravame proposto dalla Sig.ra B. fu parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Milano, la quale, con sentenza resa pubblica il 31 agosto 2009, dichiarò risolti per colpa della Banca Antonveneta gli acquisti dei titoli obbligazionari argentini di cui si discute e condannò la medesima Banca Antonveneta a restituire alla Sig.ra B. l’importo a suo tempo investito, pari a complessivi Euro 85.000, con interessi legali decorrenti dal giorno della domanda (indicazione, quest’ultima, figurante nella motivazione ma non anche nel dispositivo della sentenza). Furono invece rigettate tutte le altre domande, ivi compresa quella di risarcimento dei danni; e fu altresì disattesa, per difetto di sufficienti indicazioni al riguardo, la richiesta della banca appellata di detrarre dalla somma sopra indicata l’importo degli interessi medio tempore riscossi dalla Sig.ra B. in relazione alle obbligazioni sottoscritte.

La Sig.ra B. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, formulando due motivi di censura.

La Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (incorporante della Banca Antonveneta) si è difesa con controricorso ed, a propria volta, ha proposto ricorso incidentale, illustrato anche con successiva memoria.

Motivi della decisione

1. I ricorsi proposti avverso la medesima sentenza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l’art. 335 c.p.c..

2. Il primo motivo del ricorso principale, nel denunciare vizi di motivazione dell’impugnata sentenza, prospetta tre censure diverse.

Anzitutto, la ricorrente lamenta che la corte d’appello non abbia spiegato le ragioni del mancato riconoscimento del suo diritto al risarcimento del danno in misura pari al presumibile rendimento degli investimenti che ella avrebbe potuto fare, in alternativa all’acquisto delle obbligazioni argentine verso le quali incautamente la banca l’aveva indirizzata; in secondo luogo, si duole del mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma che la banca è stata condannata a restituirle a titolo di ripetizione d’indebito in conseguenza della risoluzione degli acquisti delle anzidette obbligazioni; infine, ravvisa una contraddizione tra motivazione e dispositivo della sentenza impugnata, giacchè quest’ultimo non reca traccia della condanna della banca al pagamento degli interessi indicati in motivazione.

2.1. Benchè il motivo di ricorso, contrariamente a quanto eccepito dalla banca controricorrente, non possa dirsi nel suo insieme inammissibile, nessuna delle doglianze in esso espresse appare meritevole di accoglimento.

Non la prima, giacchè l’individuazione di un danno commisurato al presumibile maggior rendimento di un diverso investimento, che la ricorrente avrebbe eventualmente potuto fare ove non avesse impegnato il proprio denaro nell’acquisto delle obbligazioni argentine, presuppone un confronto tra il rendimento che effettivamente quelle obbligazioni hanno dato nel periodo di tempo considerato e quello, ipoteticamente maggiore, che si sarebbe potuto ricavare da un investimento alternativo. La ricorrente, sulla quale incombeva il relativo onere di prova, non indica però di aver mai allegato (e tanto meno documentato) nel giudizio di merito quale sia stato il reale rendimento delle obbligazioni da lei acquistate – e, come si vedrà esaminando il ricorso incidentale, la controparte assume invece che quelle obbligazioni abbiano fruttato interessi nè sarebbe possibile in questa sede formulare una qualsiasi attendibile ipotesi in ordine agli investimenti alternativi in cui ella avrebbe potuto impiegare il medesimo capitale. Il che basta ad escludere che si sia in presenza di una questione decisiva per l’esito del giudizio, in ordine alla quale possa ravvisarsi il vizio di motivazione configurato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Quanto alla pretesa rivalutazione monetaria, è sufficiente osservare che quello per restituzione dell’indebito è un credito di valuta, non perciò suscettibile di automatica rivalutazione monetaria; e che l’eventuale maggior danno subito dal creditore dev’essere dimostrato, ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, essendo il creditore tenuto a fornire almeno gli elementi dai quali si possa trarre in proposito una prova presuntiva. Elementi che, viceversa, la ricorrente non indica se e quando siano stati dedotti nel giudizio di merito.

La circostanza, poi, che la condanna della banca al pagamento degli interessi, formulata in motivazione, non sia ripetuta anche nel dispositivo dell’impugnata sentenza, non integra certo un vizio della medesima motivazione, nè comunque inficia la validità della sentenza, il cui esatto contenuto va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela l’effettiva volontà del giudice (cfr. tra le altre, in tal senso, Cass. 11 luglio 2007, n. 15585).

3. Infondato è anche il secondo motivo del ricorso principale, che nuovamente denuncia vizi di motivazione della sentenza impugnata, ma questa volta con riguardo al mancato riconoscimento del richiesto danno non patrimoniale.

La ricorrente però neppure in questo caso indica se e quali specifiche circostanze ella abbia allegato e documentato nel corso del giudizio di merito. Se è vero che l’esistenza di un tal genere di danno ben può essere dedotta attraverso un ragionamento presuntivo, che faccia leva su indizi ed argomenti logici, ciò non equivale certo a dire che qualsiasi inadempimento contrattuale di una parte che abbia causato all’altra un pregiudizio patrimoniale automaticamente comporti la risarcibilità anche di un danno non patrimoniale connesso "allo stato di ansia e di preoccupazione" cui la ricorrente allude.

4. Il ricorso incidentale della banca è volto a lamentare che la corte d’appello, negando che sia mai stato precisato in causa l’importo delle cedole per interessi sulle obbligazioni argentine riscosse dalla Sig.ra B. e sostenendo che non risultano al riguardo "adeguate e sufficienti indicazioni", ha del tutto ignorato la produzione in giudizio dell’estratto conto bancario intestato alla medesima Sig.ra B. (doc. 5 di parte appellata), dal quale emergerebbe che alla stessa sono state accreditate cedole in due distinte occasioni, per un importo complessivo di L. 14.226.588 (pari ad Euro 7.347,42), come era stato ben precisato nelle difese svolte dalla banca in sede di merito.

La doglianza è ammissibile, perchè il documento sul quale si basa (doc. 5 della produzione di primo grado della convenuta) è stato specificamente indicato nel ricorso e risulta reperibile nel fascicolo di parte, allegato al ricorso incidentale, così come risultano specificamente indicate le difese nelle quali a quel documento si era fatto riferimento in grado d’appello.

Risulta in effetti che la difesa della Banca Antonveneta sin dal primo grado aveva eccepito che, in caso di accoglimento della domanda della Sig.ra B., dalla somma a costei spettante avrebbe dovuto esser detratto l’importo degli interessi medio tempore la lei riscossi, e che aveva al riguardo prodotto un estratto conto bancario dal quale si evince la misura di tali interessi; e risulta pure che tali difese sono state richiamate in appello.

Stando così le cose, appare innegabile che la motivazione con cui la corte distrettuale ha disatteso quell’eccezione non è sorretta da una motivazione adeguata, non avendo la corte spiegato – se non in modo assolutamente apodittico e non dando assolutamente conto del documento potenzialmente decisivo cui s’è fatto cenno per quali ragioni ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per delibarla.

5. L’impugnata sentenza deve quindi esser cassata, in accoglimento del ricorso incidentale, con conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi, rigetta il principale, accoglie l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

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