Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-06-2012, n. 9776 Aziende di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente impugna la sentenza 27.5.2006, n. 1339 della Corte d’Appello di Milano che, respingendo il suo appello avverso la sentenza del Tribunale di Sondrio del 22.3.2004, confermò il rigetto della domanda di declaratoria di inesistenza o invalidità della delibera assembleare assunta il 1.3.2003 dalla Banca Popolare di Sondrio s.coop. a r.l. (ora per azioni) e censurata sul preteso mancato rispetto del termine di convocazione. L’impugnante aveva eccepito che la delibera, nella specie approvativa del bilancio chiuso al 31.12.2002, non poteva essere convocata senza il rispetto del termine speciale dilatorio dei 30 giorni (tra pubblicazione dell’avviso e data di effettuazione), fissato per le società quotate dal D.M. 5 novembre 1998, n. 437 in deroga alla regola civilistica dell’art. 2366 cod. civ.. Sostenne il tribunale che non ricorreva alcun vizio nel procedimento di convocazione, perchè il termine dettato dalla citata disposizione ministeriale non era protetto da sufficiente delega ad intervenire, modificandola, su una norma primaria, sul punto esorbitando l’atto ministeriale, ove anche così inteso, dalla delega del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF).

L’avviso di convocazione in Gazzetta Ufficiale, comparso il 6.2.2003, era dunque correttamente idoneo ad affermare la regolarità dell’assemblea, in prima convocazione fissata al 28.2.2003, pur se il termine era inferiore ai 30 giorni del citato D.M.. La corte d’appello, per quanto rileva ai fini di causa, dopo aver ricostruito il sistema speciale sovraintendente all’abbreviazione del termine di convocazione delle assemblee delle società quotate, ai sensi del citato D.M. n. 437 del 1998, negò la sussistenza, da un lato, dell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 104, comma 2 (non essendoci, nè potendoci essere – dati i limiti alla circolazione della partecipazione nelle cooperative – alcuna offerta pubblica in corso) e, dall’altro, dell’ulteriore ipotesi cui il predetto D.Lgs. n. 58 del 1998, subordina l’esercizio della delega al Ministro, vale a dire i casi di cui al cit. D.Lgs. n. 58, art. 144, in quanto interna ad una sezione (la 3^, in materia di sollecitazione di deleghe) eccettuata per intero dal riferirsi alle cooperative stesse, per volere espresso dell’art. l37, comma 4, ancora del D.Lgs. n. 58 del 1998. Il potere delegato al Ministro di disciplinare, estendendolo, il termine codicistico dei 15 giorni per la convocazione assembleare venne così inteso quale incompatibile altresì con la ratto della disposizione delegante, volta ad assicurare le garanzie in un complesso procedimento di sollecitazione delle deleghe al fine del conferimento del potere di rappresentanza in assemblea e la determinazione in quella sede di nuclei consistenti di organizzate minoranze. Tale ragione normativa ritenne la corte fosse insussistente per le cooperative, con l’effetto di dover ricorrere ad un’interpretazione selettiva dello stesso D.M. n. 437 del 1998: letto alla luce del D.Lgs. n. 58 del 1998, esso si applicherebbe alle sole società con azioni quotate cui fosse a sua volta applicabile la disciplina, ivi regolata, della sollecitazione alla raccolta di deleghe.

Il ricorso è affidato ad unico motivo e resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.M. 5 novembre 1998, n. 437, art. 1, comma 1, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, contestandosi la regolarità della convocazione dell’assemblea della banca, società quotata ed alla quale dovevano applicarsi le regole speciali del cit. D.M., che portava a 30 giorni il più generale termine codicistico, intercorrente tra avviso in G.U. e data dell’adunanza, allora dettato dall’art. 2366 cod. civ., comma 2, vigente e pari a 15 giorni. La portata del D.M. n. 437 del 1998, art. 1, era infatti generale, tale cioè da riferirsi a tutte le assemblee delle società quotate e non solo a quelle che avessero in corso una raccolta o sollecitazione delle deleghe di voto, eventualità che, all’atto della convocazione, nemmeno era conoscibile. Senza contare, sostiene il ricorrente, che una rilevante eventualità, quale la presentazione di una lista dei sindaci da parte della minoranza assembleare, adempimento da attuare dieci giorni prima (come per lo statuto della banca) o quindici, anche ai sensi della L. n. 474 del 1994, art. 4, sarebbe stata nel concreto frustrata, ove fosse valso il mero termine civilistico.

La controricorrente avversa la domanda respingendo, perchè infondati, tutti i motivi.

1. Il motivo è infondato. Va premesso che alla fattispecie, relativa ad assemblea ordinaria di società cooperativa (in allora) a responsabilità limitata, convocata per il 1.3.2003, si applica l’art. 2366 cod. civ., nel testo in vigore prima delle modifiche disposte dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (e prima anche dell’assetto modificato dal D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37, art. 5), rubricato, come oggi, "Formalità per la convocazione": 1. L’assemblea deve essere convocata dagli amministratori mediante avviso contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare. 2. L’avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’assemblea. La norma, al di là di alcune puntualizzazioni successive in materia di pubblicità, ha trovato un ultimo assetto a seguito del recepimento, con D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, della Direttiva sui diritti degli azionisti (2007/36/CE Dshr) con applicazione nel procedimento di convocazione delle assemblee successivo al 31.10.2010 e sostanziale mantenimento, in via generale, del termine di 15 giorni intercorrente tra pubblicazione dell’avviso e data dell’adunanza.

Una disciplina di specialità, in parallelo, ha contrassegnato la normativa sul procedimento di convocazione dell’assemblea di società quotate, con peculiarità ulteriori, al suo interno, proprie del comparto cooperativo. Così il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 104, comma 2, stabilisce che, per le società quotate che abbiano in corso un’offerta pubblica sui propri titoli, ogni atto od operazione – che in genere sarebbe di competenza del solo organo amministrativo – volti ad incidere sulla passivity rule, dunque attivando una difesa che è la rubrica della disposizione, a contrasto del conseguimento degli obiettivi della offerta, subisca il passaggio autorizzatorio assembleare: oggi, dopo un’ultima modifica con il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 37, art. 3, comma 1, mediante un avviso di convocazione delle assemblee ai sensi dell’art. 125-bis del medesimo T.U.F.;

all’epoca dei fatti di causa, ancora secondo il medesimo art. 104, comma 2, ma con termini e modalità stabiliti con D.M. 5 novembre 1998, n. 437 e perciò con un aumento a trenta giorni del termine di cui all’art. 2366 cod. civ., comma 2, trattandosi di regime ancora anteriore alle modifiche inaugurate con la riforma societaria in un primo tempo dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 9, comma 62, inserito dal D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37, art. 3, e dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 229, art. 2, comma 4, poi così sostituito dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 13, comma 1.

Secondo la formulazione dell’art. 104, comma 2 T.U.F., applicabile alla vicenda i termini e le modalità di convocazione delle assemblee da tenersi in pendenza dell’offerta sono disciplinati, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge, con regolamento emanato dal Ministro di grafia e giustizia, sentita la CONSOB. A sua volta, anche l’art. 144 T.U.F., applicabile ratione temporis prevedeva che, in tema di svolgimento della sollecitazione e della raccolta di deleghe, mentre la CONSOB era abilitata a dettare con proprio regolamento disposizioni di trasparenza e correttezza (art. 104, comma 1) il Ministro di grafia e giustizia, sentita la CONSOB, disciplina con regolamento i termini di convocazione dell’assemblea, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge, assicurando una sufficiente e tempestiva pubblicità delle proposte di deliberazione (comma 3). Detto comma 3 è stato abrogato dal D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, art. 3, comma 20, lett. c), con i limiti di applicabilità indicati nell’art. 7 dello stesso decreto.

Il Regolamento recante norme per la disciplina dei termini e delle modalità di convocazione delle assemblee delle società quotate, assunto con D.M. 5 novembre 1998, n. 437 e, come visto, attuato in esecuzione delle disposizioni deleganti del T.U.F. (art. 104, comma 2 e art. 144, comma 3) al suo art. 1, comma 1, ha statuito che Salvo quanto previsto dal comma 2 e dall’art. 2, per le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell’Unione europea il termine stabilito dall’art. 2366 c.c., comma 2, e aumentato a trenta giorni. Il comma 2 fissa il termine a 20 giorni (nei casi di convocazione dell’assemblea a norma dell’art. 2367 c.c., art. 2449 c.c., comma 2, e del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 125, comma 1), mentre l’art. 2 concerne le Assemblee da tenersi in pendenza di un offerta pubblica di acquisto o di scambio per le quali la convocazione avviene mediante avviso, contenente le indicazioni prescritte dall’art. 2366 c.c., comma 1, pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale e trasmesso a due agenzie di stampa almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’adunanza.

2. Nella fattispecie non risulta controverso che la delibera censurata dal socio F. atteneva al bilancio 2002 della banca cooperativa, quotata ma senza pendenza di alcuna offerta pubblica sui suoi titoli, nè tale tipo di circolazione delle partecipazioni poteva prevedersi, già secondo il regime dell’epoca, tenuto conto delle regole più restrittive in materia vigenti – per espressa previsione legale, applicabile anche alle banche popolari: Cass. 13.12,2002, n. 17848 – per l’acquisto della qualità di socio di cooperative, allora ai sensi dell’art. 2523 cod. civ. (riflettentesi in analoghi limiti anche nell’aggiornato art. 2530 cod. civ.) che è subordinato al possesso di requisiti coerenti o non incompatibili con il perseguimento dell’oggetto sociale e le finalità mutualistiche dell’ente. In realtà ritiene il collegio che alla convocazione assembleare della banca cooperativa non potesse applicarsi il disposto del D.M. n. 437 del 1998, prevedente il raddoppio del termine intercorrente tra pubblicazione dell’avviso e data dell’assemblea stessa, non avendo la norma quella portata indifferenziata e generale invocata nel ricorso.

Va innanzitutto escluso che detta potestà regolamentare potesse estendersi a disciplinare, avuto riguardo al raccordo originario tra art. 104, comma 2 T.U.F. e D.M. 5 novembre 1998, n. 437, nei testi ratione temporis vigenti, ogni procedimento assembleare – già regolato in via generale dall’art. 2366 cod. civ., per tutte le società di capitali e, per estensione a tale norma, dall’art. 2516 cod. civ., ora art. 2519, anche per le cooperative – e non invece soltanto, come esplicitamente ivi indicato, solo il procedimento organizzativo dell’assemblea delle società quotate con in corso un’offerta (pubblica di acquisto o scambio). A sua volta, il quesito circa l’applicabilità del cit. D.M. per via del richiamo all’altra norma del TUF, cioè l’art. 144, comma 3, conduce al medesimo esito negativo, in quanto l’intera sezione (3^ deleghe di voto) in cui esso è inserito non si applica alle cooperative (qual è la banca originariamente convenuta dal socio attore) per esplicita previsione dell’art. 137, comma 4 TUF dettato in tema di disciplina della sollecitazione e raccolta delle deleghe di voto, regolate in quella sede in deroga all’art. 2372 cod. civ., dagli artt. 136 a 144 inclusi. Proprio la ratio di tali disposizioni, volte a favorire l’accorpamento dell’azionariato diffuso in consistenti nuclei organizzati per le assemblee, ha giustificato il conferimento al Ministro del potere di normazione in deroga alla disposizione civilistica, tenuto conto della concomitante necessità del rispetto delle norme di dettaglio emanate sul punto dalla competente CONSOB e tuttavia perdurando un’estraneità di pertinenza al settore cooperativistico, espressamente escluso dal procedimento – regolato dal TUF – di sollecitazione alla raccolta delle deleghe. Ne consegue la non applicabilità del D.M. n. 437 del 1998, da interpretarsi in senso selettivo, come correttamente statuito nella pronuncia impugnata.

3. Il ricorso va dunque respinto, ritenendo il Collegio che, con riguardo alle norme disciplinanti ratione temporis il procedimento di convocazione dell’assemblea di società cooperativa bancaria, si applichi la norma generale di cui all’art. 2366 cod. civ., ove prevede la previa pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale con termine di almeno 15 giorni, nella specie rispettato, tra detta pubblicazione e la data dell’assemblea stessa e non invece le norme di fonte regolamentare, di deroga alla citata disposizione civilistica, fissate all’arti del D.M. Giustizia n. 437 del 1998 e sulla base delle norme deleganti di cui all’art. 104, comma 2 e art. 144, comma 3 TUF, non essendo estensibili alle società cooperative le procedure di specialità delle regole di convocazione assembleare, nè in caso di offerta pubblica di acquisto o scambio (ove non ricorrente in fatto, come nella specie), nè di sollecitazione alla raccolta delle deleghe (esclusa espressamente ed in via programmatica, per tali società, dall’art. 137 del TUF).

4. Quanto al regolamento delle spese, se ne dispone la liquidazione, nella misura indicata in dispositivo, secondo le regole della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente, che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 2,500,00 per onorari e Euro 200,00 per spese, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

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