Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-11-2011) 28-11-2011, n. 44075

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 14.12.2010 la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Catania 14.05.2008, escluse le concesse attenuanti generiche e ritenuta la recidiva, ha rideterminato in anni tre mesi sei di reclusione Euro 1.500 di multa la pena inflitta nel giudizio di primo grado ad A.F. quale colpevole dei reati di cui al D.P.R. n. 389 del 2001, art. 44, lett. c), artt. 64, 65 e 71; D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181; L. n. 394 del 1991, art. 30; artt. 81 e 349 cod. pen. per avere, senza alcun titolo abilitativo, proseguito i lavori, in zona sismica e rientrante nell’area naturale protetta detta (OMISSIS), su una costruzione in cemento armato già sottoposta a sequestro e per avere effettuato, essendo custode, plurime violazioni dei sigilli apposti al manufatto abusivo (lavori in corso d’opera in prossimità del (OMISSIS)).

Riteneva la corte territoriale:

– che l’opera non era sanabile perchè contrastante con gli strumenti urbanistici;

– che alla data dell’accertamento l’opera non era ultimata;

– che era configurabile il delitto per la qualità di custode rivestita dall’imputato, il quale aveva reiterato la condotta nel tempo;

– che doveva essere revocata la concessione delle attenuanti generiche per i negati precedenti penali dell’imputato e per la reiterazione della condotta.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando illogicità della motivazione e violazione di legge:

– sulla conferma della pronuncia di condanna per il delitto perchè dall’istruttoria svolta era emerso che egli non era custode e che perciò (e non per la concessione delle attenuanti generiche) il tribunale aveva escluso l’aggravante di cui al secondo comma dell’art. 349 c.p.;

– che immotivata era la rideterminazione della pena, peraltro in misura eccessiva, posto che non era specificate le singole porzioni di pena applicate per la continuazione.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è manifestamente infondato perchè i motivi addotti a sostegno del gravame si limitano alla generica contestazione della ricostruzione giudiziale dei fatti senza segnalare alcun elemento avente pregnanza decisiva per una pronunzia di assoluzione.

Si afferma, infatti, in contrasto con quanto accertato in sede di merito, che l’imputato non fosse custode dell’immobile sequestrato sul quale erano stati apposti i sigilli, ma il contrario risulta dalla motivazione della sentenza del tribunale in cui si da atto che il predetto era stato nominato custode con provvedimento emesso dal GIP il 17.12.2005.

Anche l’altro motivo non è puntuale perchè, secondo il più recente orientamento di questa Corte (Sezione 5 n. 7164/2011, RV. 249710;

Sezione 1 n. 3100/2009, RV. 245958; n. 873/1987, RV. 176330) l’aumento per continuazione operato sul reato più grave (e quindi sulla pena base) può anche essere determinato in maniera cumulativa, senza la necessità di indicare il quantum di pena per ciascun reato satellite.

Non esiste infatti un obbligo di motivazione per ciascun aumento (non è previsto dalla vigente normativa e si ricava, per altro, anche da SU, sent. n. 25956 del 2009, ric. Vitale, Rv 243589).

La giurisprudenza sul punto è costante, con l’eccezione della sentenza n. 2501/1992, RV 189295, relativa al caso, che qui non ricorre, in cui l’aumento per continuazione sia di notevole entità.

L’inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare eventuali cause di non punibilità sopravvenute a norma dell’art. 129 c.p.p. (Cassazione SU n. 32/2000, De Luca, RV. 217266).

Grava, quindi, sul ricorrente l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 1.000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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