Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-11-2011) 28-11-2011, n. 44073

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Brescia ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di B.G. e B.S. in ordine al reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui al capo 2) dell’imputazione, nonchè di una serie di ulteriori reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, frode fiscale, distruzione di documenti contabili, emissione di fatture per operazioni inesistenti, false comunicazioni sociali limitatamente al bilancio della M.B.C. Costruzioni S.r.l. del 2003.

All’esito di complesse indagini relative a ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni dello Stato e di frodi fiscali connesse alle attività di varie società di capitali, tutte facenti capo allo studio professionale del B.G., entrambi i B., unitamente ad altri indagati, venivano tratti a giudizio per rispondere di detti reati, in quanto ritenuti amministratori di fatto delle varie società collegate tra loro ed utilizzate per la commissione degli illeciti. Nei confronti dei due B. era stato contestato anche il reato di associazione per delinquere, dalla quale, però, erano stati prosciolti ai sensi dell’art. 425 c.p.p..

Per quanto interessa direttamente il giudizio di legittimità la Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame con il quale gli appellanti avevano eccepito la inutilizzabilità delle prove rinnovate a seguito della modificazione della composizione del Collegio di primo grado per irritualità della assunzione della deposizione dei testi mediante conferma delle precedenti dichiarazioni. La Corte territoriale ha inoltre confermato la sussistenza del più grave delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, individuato quale reato base per la determinazione della pena inflitta.

Secondo l’ipotesi accusatorie gli imputati, in concorso tra loro e con altri, avrebbero posto in essere una serie di artifici e raggiri, consistiti nel simulato acquisto di un immobile, nel simulato aumento del capitale sociale della MAGRI’ Pietro S.P.A. e nel simulato acquisto di macchinali nuovi dalla Titoli & Carati S.a.s. e dalla Bellatrix S.r.l., finalizzati all’indebito percepimento del contributo di cui alla L. n. 488 del 1992, del quale effettivamente percepivano la prima tranche per un ammontare di Euro 1.547.393,00, inducendo in errore il Ministero delle Attività Produttive che la aveva erogata, mentre l’intero contributo sarebbe ammontato complessivamente alla somma di Euro 3.094.786,00. In sintesi, la sentenza ha affermato che effettivamente gli imputati avevano posto in essere gli artifizi descritti in imputazione e che gli stessi erano destinati a far apparire sussistenti i requisiti previsti dalla legge citata, necessari per ottenere il finanziamento.

Va ancora precisato che la Corte territoriale ha assolto gli imputati da alcuni reati e dichiarato estinti per prescrizione altri, rideterminando le pene inflitte nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati, che la denunciano per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con identici mezzi di annullamento i ricorrenti denunciano:

1) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o di decadenza.

Con il motivo di gravame viene riproposta la questione della inutilizzabilità delle prove reiterate a seguito del mutamento della composizione del Collegio e la conseguente nullità, ai sensi degli artt. 511, 522, 526 e 604 c.p.p., della sentenza che su di esse ha fondato l’affermazione di colpevolezza degli imputati.

Si deduce che le prove sono state espletate mediante la mera conferma da parte dei testi di quanto in precedenza dichiarato e, quindi, mediante la loro lettura reale o fittizia, sicchè non vi è stata una rituale assunzione delle deposizioni dei testi mediante il loro esame incrociato. Si aggiunge che con ordinanza del 12 gennaio 2010 il tribunale ha impedito al difensore di proporre le stesse domande già formulate prima del cambio del Collegio ed ha espressamente limitato il diritto del difensore ad interrogare i testi.

2) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale.

Si osserva che con i motivi aggiunti era stato prodotto dalla difesa il decreto di archiviazione della Procura presso la Corte dei Conti della Regione Sicilia, documento che sanciva la legittimità del finanziamento erogato alla Magrì Pietro S.p.A. e l’assoluta assenza del danno erariale. Si deduce che l’assenza di danno fa venir meno un elemento costitutivo del delitto di truffa, sicchè a nulla rileva, seppure si dovesse ritenere provata, l’assenza dei requisiti indicati dalla legge da parte della Magrì Pietro S.p.A. al momento dell’erogazione del contributo, così come a nulla rilevano eventuali irregolarità nell’iter amministrativo ai fini della configurabilità del reato.

3) Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

Si deduce che era stata chiesta alla Corte di Appello l’acquisizione del fascicolo relativo al provvedimento emesso dalla Procura presso la Corte dei Conti per la Regione Sicilia e l’espletamento di una perizia presso la Magrì Pietro S.p.A. diretti alla verifica dell’esistenza dei macchinari, della loro installazione e degli ampliamenti dell’immobile, trattandosi di prove necessarie ai fini del decidere. La Corte territoriale ha, però, omesso di pronunciarsi su tali richieste; nè la sentenza contiene una motivazione in ordine alla esclusione della necessità dei citati mezzi di prova;

necessità che, al contrario, è stata ritenuta dalla stessa Corte di Appello con riferimento al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di cui al capo 19) della imputazione, la cui decisione assolutoria è fondata proprio sul fatto che non è stata mai disposta una perizia sul valore dei macchinari forniti dalla Titoli e Carati S.a.s. alla Magrì Pietro S.p.A..

4) Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

Con riferimento al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui al capo 29) della imputazione si denunciano vizi di motivazione, deducendosi che il macchinario oggetto della fattura n. (OMISSIS) della Bellatrix S.r.l. era stato effettivamente consegnato e pagato e che l’unica difformità rilevata è consistita nella applicazione di una targhetta identificativa della Titoli e Carati S.a.s. in luogo del predetto fornitore; detto macchinario fa parte di quelli oggetto del finanziamenti ex L. n. 488 del 1992 e la sua effettiva presenza ed installazione è stata sancita dalla Procura presso la Corte dei Conti, sicchè anche per detto reato si sarebbe dovuti pervenire ad una pronuncia assolutoria.

5) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale.

Con riferimento al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui al capo 28) della imputazione si deduce che la fattura n. (OMISSIS) è una fattura per caparra e come tale non è soggetta ad IVA, nè poteva essere inserita in contabilità al fine di evadere le imposte sui redditi. Ne consegue l’impossibilità di configurare il reato, mancando in concreto la possibilità di utilizzare tale documento ai fini di una detrazione di qualsivoglia imposta.

Con motivi nuovi, depositati il 25.10.2011, la difesa dei ricorrenti ha sostanzialmente riproposto l’eccezione di inutilizzabilità delle deposizioni delle quali è stata effettuata la rinnovazione mediante conferma delle dichiarazioni precedentemente rese e gli altri motivi di gravame di cui ai ricorsi principali.

I ricorsi non sono fondati.

E’ stato già affermato da tempo da questa Suprema Corte, con riferimento al primo motivo di gravame, che, in materia di impugnazioni, "incombe su chi denuncia con il ricorso per cassazione l’inutilizzabilità di determinati atti l’onere di indicare se ed in quale misura il giudice di merito li abbia posti a fondamento della sua decisione e le ragioni per le quali questa non sia in grado di resistere senza la loro valorizzazione" (sez. 2, 1.2.2000 n. 669, Cartoni, RV 215408).

Il citato principio di diritto è stato, poi, di recente e definitivamente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, le quali hanno affermato che "In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato". (sez. un. 23.4.2009 n. 23868, Fruci, RV 243416) L’ammissibilità del motivo di gravame, con il quale il ricorrente deduca la inutilizzabilità di determinati mezzi di prova, presuppone, perciò, che vi sia stata la analitica indicazione delle singole prove inutilizzabili e la specificazione della loro incidenza, che deve essere decisiva, sulla valutazione complessiva del compendio probatorio acquisito dai giudici di merito.

E’ alla luce del citato parametro di valutazione, pertanto, che deve essere accertata l’ammissibilità della eccezione di inutilizzabilità delle prove testimoniali assunte dal Tribunale successivamente all’ultima e definitiva modificazione che ha subito la composizione del Collegio giudicante.

Si deve quindi osservare, al fine di inquadrare nei suoi termini esatti la questione processuale, che le vicende che hanno visto coinvolti i fratelli B. nel ruolo di amministratori di fatto di una galassia di società, tramite le quali sono state poste in essere le truffe e le frodi fiscali di cui ai vari capi di imputazione, secondo la ricostruzione che ne hanno fatto le sentenze di primo e secondo grado, hanno formato oggetto di complesse attività investigative, sviluppatesi attraverso perquisizioni, acquisizioni documentali e sequestri effettuati dalla GG.FF., intercettazioni telefoniche, assunzioni di sommarie informazioni, destinate, queste ultime, a costituire l’oggetto delle richieste di prove testimoniali in dibattimento.

Riguardo alle acquisizioni di materiale probatorio da parte del Collegio giudicante definitivo, a seguito della richiesta dei difensori che venisse disposta la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, la sentenza di primo grado ha in primo luogo correttamente osservato che devono essere acquisite mediante la loro semplice indicazione le prove documentali e le trascrizioni delle intercettazioni ((sez. 2, 28.2.2007 n. 16626, Guarnirei e altro; sez. 4, 14.4.2004 n. 24078, Polito; sez. 1, 26.3.2009 n. 26700, Bozzaotre e altri), in quanto non si tratta di prove la cui formazione possa avvenire nel contraddittorio delle parti.

Emerge, poi, dalla ricostruzione della istruttoria dibattimentale contenuta sempre nella sentenza di primo grado che il Tribunale ha proceduto all’esame di oltre cinquanta testimoni tra quelli già sentiti in precedenza, dinanzi al collegio diversamente composto, e quelli escussi per la prima volta.

Per quanto riguarda i testi già sentiti in precedenza inoltre il Tribunale ha consentito alla difesa degli imputati di sottoporre i testimoni a ulteriori domande, chiarimenti e contestazioni secondo quanto affermato nella sentenza impugnata e neppure sostanzialmente contestato dai ricorrenti. Con riferimento alla valutazione complessiva del compendio probatorio, in particolare, la sentenza di primo grado ha osservato, in relazione all’esame dei testimoni, che il difensore si è avvalso della possibilità di porre domande a chiarimenti dei fatti di cui in imputazione, soprattutto per quanto riguarda i verbalizzanti, e che quanto dichiarato da costoro costituisce solo l’esposizione di quanto già "emerge dalla documentazione acquisita, dai sequestri, dalle perquisizioni, dalla documentazione bancaria", cioè da quelle risultanze probatorie già acquisite per le quali non esiste alcuna preclusione all’utilizzo da parte del Collegio diversamente composto. La sentenza di primo grado, ai fini dell’accertamento dei fatti contiene il continuo riferimento, oltre che a deposizioni testimoniali, a risultanze di intercettazioni telefoniche, di acquisizioni documentali, di perquisizioni e sequestri.

Orbene, appare evidente, a fronte della complessità del quadro probatorio sul quale è fondato l’accertamento di merito, che l’eccezione di inutilizzabilità delle prove testimoniali assunte dal Tribunale nella sua composizione collegiale definitiva, per avere numerosi testi confermato le dichiarazioni rese dinanzi al collegio in diversa composizione, si palesa inammissibile per la sua genericità, in quanto era onere dei ricorrenti specificare a quali deposizioni si riferisce l’eccezione, risultando dalle sentenze di primo e secondo grado che numerosi testi sono stati sentiti per la prima volta dal tribunale nella sua composizione definitiva; a quali parti delle deposizioni dei testi riesaminati, essendo stato consentito al difensore di porre domande.

Non è stata, infine, specificata l’incidenza decisiva delle prove o delle parti delle prove ritenute inutilizzabili sulla valutazione complessiva del materiale probatorio, che per quanto rilevato si presenta particolarmente complesso ed articolato.

Genericità del motivo di gravame da cui sicuramente è affetta l’eccezione contenuta nel ricorso principale, nel quale ci si limita a lamentare genericamente il modus procedendi del Tribunale nella assunzione delle prove testimoniali; ma anche l’analoga eccezione contenuta nel motivo di ricorso aggiunto, già da qualificarsi inammissibile per l’inammissibilità del principale motivo di gravame sul medesimo punto.

Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono infondati.

E’ stato già affermato reiteratamente da questa Suprema Corte che nel caso di truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di pubbliche erogazioni il danno patrimoniale dell’Ente pubblico si identifica soltanto con il "danno emergente" sorto al momento della elargizione di danaro in conseguenza di una falsa prospettazione riguardante la sussistenza delle condizioni previste dalla legge perchè sorga il diritto al finanziamento (sez. 6, 13.11.2003 n. 938 del 2004, P.G. in proc. Oddo e altri, RV 227889; sez. 2, 15.1.2010 n. 4839, Racchelli e atei, RV 246282).

E’ stato, infatti, precisato, in tema di truffa ai danni della pubblica amministrazione, che il danno dell’Ente pubblico è costituito da un esborso patrimoniale che non corrisponde a quanto previsto dalla legge, in quanto il danno risulta qualificato dalle finalità pubblicistiche dell’Ente e sorge allorchè le stesse sono vanificate, prescindendo siffatto tipo di danno dal cosiddetto "lucro assente" e identificandosi soltanto con il "danno emergente" sorto al momento della elargizione in denaro in conseguenza di una falsa prospettazione riguardante la spesa, (cfr. sez. 6, 30.9.1991 n. 12212, Frediani ed altri, RV 189323).

Pertanto, allorchè la concessione del finanziamento sia stata determinata da una falsa rappresentazione della esistenza dei requisiti previsti dalla legge per la sua l’erogazione, a nulla rileva il fatto che successivamente all’erogazione del contributo vengano effettivamente realizzati gli interventi per i quali il finanziamento era stato erogato o poste in essere le condizioni previste dalla legge per il conseguimento del finanziamento stesso.

Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi della truffa finalizzata all’ottenimento del finanziamento previsto dalla L. n. 488 del 1992 nella fraudolenta predisposizione della apparente sussistenza delle condizioni previste dalla legge medesima per ottenerne l’erogazione (simulati trasferimenti di un immobile finalizzati ad attribuire allo stesso un valore superiore a quello reale; aumento di capitale non destinato a perseguire le finalità previste dalla legge, simulato acquisto di macchinari nuovi), mentre ha implicitamente affermato l’irrilevanza della eventuale insussistenza del cosiddetto danno erariale, osservando che a nulla rilevano le modalità successive con le quali i B. hanno attuato il programma.

Sicchè si palesa evidente la irrilevanza, al fine di escludere la sussistenza del reato, della decisione della Procura Regionale presso la Corte dei Conti per la Regione Siciliana di archiviazione degli atti relativi alla vicenda di cui si tratta, per la ritenuta insussistenza del danno erariale, nonchè dell’accertamento peritale richiesto per la verifica della esistenza dei macchinari successivamente all’erogazione del finanziamento, in quanto è stata accertata dai giudici di merito, tramite le perquisizioni ed ispezioni eseguite dalla GG.FF., l’inesistenza di detti macchinari ovvero la assoluta non corrispondenza degli stessi a quanto prescritto dalla legge per ottenere il finanziamento, oltre alla predisposizione solo apparente degli altri requisiti richiesti.

Deriva, pertanto, da tali rilievi la inammissibilità della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello secondo il disposto dell’art. 603 c.p.p., comma 1.

Tali rilievi in punto di diritto in ordine al momento consumativo del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche rendono palese anche l’infondatezza della denuncia di illogicità della motivazione per contrasto tra l’affermazione di colpevolezza in ordine a detto reato e l’assoluzione degli imputati da quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui al capo 19) dell’imputazione.

E’ irrilevante, infatti, come già in precedenza osservato, che successivamente all’ottenimento dell’erogazione del finanziamento pubblico gli imputati abbiano posto in essere le condizioni richieste dalla legge per accedervi, fatto che sarebbe emerso dal citato provvedimento della Procura presso la Corte dei Conti della Regione Siciliana, citato nella stessa sentenza impugnata.

Va comunque osservato a proposito del reato di cui all’art. 640 bis c.p., che i giudici di merito hanno particolarmente valorizzato, ai fini dell’accertamento della inesistenza delle condizioni richieste dalla legge per l’ottenimento del finanziamento pubblico, il fittizio aumento del valore attribuito all’immobile oggetto di successivi trasferimenti e la circostanza che l’aumento di capitale – anche esso in parte fittizio secondo quanto accertato tramite verifiche bancarie con riferimento al capo 23) dell’imputazione – "non era (integralmente) destinatole all’attuazione del progetto" per il quale era stato ottenuto il finanziamento, "in quanto una buona parte (per Euro 1.116.000,00) era stata distratta in favore di altra società;

che altra porzione dei mezzi propri della quale Magrì si era dotata era stata concretamente destinata alla copertura di precedenti passività".

Il quarto motivo di ricorso è sostanzialmente fondato su una deduzione fattuale (errata applicazione della targhetta relativa al fornitore del macchinario diverso da quello effettivo) che non trova alcun riscontro nell’accertamento di merito ed è, perciò, inammissibile.

Peraltro, il carattere fittizio della fattura, emessa a fronte di operazione inesistente, è stato desunto dai giudici di merito dall’assenza di un contratto di fornitura del predetto macchinario e dalle differenti caratteristiche riscontrate tra il macchinario rinvenuto dalla GG.FF. e quello indicato in fattura, sicchè le deduzioni di cui al ricorso non tengono neppure conto delle argomentazioni sulle quali è stata fondata l’affermazione di colpevolezza.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

Sul punto della configurabilità della frode fiscale di cui al capo 28) dell’imputazione la sentenza impugnata ha correttamente affermato che, una volta accertata la inesistenza della operazione per la quale era stata emessa la fattura in contestazione, a nulla rileva che la stessa non fosse soggetta al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, ben potendo essere annotata per l’esposizione di costi fittizi ai fini dell’imposta sui redditi.

Esaurito l’esame dei motivi di gravame la Corte rileva che, pur tenendosi conto delle sospensioni subite dal processo per rinvii del dibattimento per impedimento o su richiesta di parte, per il complessivo periodo di mesi due e giorni ventisette, secondo il prospetto analitico contenuto nella sentenza di primo grado, attualmente risulta maturato, ai sensi degli artt. 157 e 160 c.p., nella formulazione attualmente vigente, più favorevole per gli imputati, il termine di prescrizione dei reati di cui ai capi: 4), limitatamente ai fatti commessi nell’anno (OMISSIS), 8), 9), 16) e 24).

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio con riferimento a detti reati dei quali deve essere dichiarata la estinzione per prescrizione.

Per l’effetto, dalla pena complessivamente inflitta agli imputati devono essere eliminati i corrispondenti aumenti applicati su quella determinata per il reato più grave di cui al capo 2), che risultano, per quanto riguarda la posizione di B.G., di mesi cinque per ciascuna delle violazioni di cui ai capi 8), 9) e 16, di mesi quattro per la violazione di cui al capo 24) e si determina in mesi uno per la violazione, dichiarata estinta parzialmente, di cui al capo 4), per il complessivo ammontare di anni uno e mesi otto;

risultano, per quanto riguarda la posizione di B.S., di mesi quattro per ciascuna della violazioni di cui ai capi 8), 9) 16), di mesi tre per la violazione di cui al capo 24) e si determina in mesi uno per la violazione, dichiarata estinta parzialmente, di cui al capo 4), per il complessivo ammontare di anni uno e mesi quattro.

I ricorsi, pertanto, vanno rigettati nel resto con le conseguenze di legge, tra cui la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalle parti civili Agenzia delle Entrate e Ministero dello Sviluppo Economico, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato di cui al capo 4), limitatamente all’anno 2003, ed i reati di cui ai capi 8), 9), 16 e 24) estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di anni uno e mesi otto di reclusione per B. G. e di anni uno e mesi quattro di reclusione per B. S.. Rigetta nel resto i ricorsi. Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili Agenzia delle Entrate e Ministero dello Sviluppo Economico, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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