T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 04-01-2012, n. 60 Sanità e igiene

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe l’istante censurava la ricomprensione dell’Università cattolica tra le "Aziende Policlinici privati", ai fini dell’attribuzione e dell’erogazione della quota per l’attività di alta complessità organizzativa, che risultano subordinate all’adozione del sistema di remunerazione delle prestazioni in corso di approvazione ed alla sottoscrizione dei conseguenti accordi. Sulla base della distinzione operata nella delibera impugnata, si fonda, infatti, la successiva nota 11.1.2008 prot. 3577, che nello svolgere le direttive applicative della Delib. n. 1050 gravata, è indirizzata per un verso alle aziende ospedaliere, Policlinici universitari statali e IRCCS pubblici e, per l’altro, ai Policlinici universitari non statali, IRCCS privati, Case di cura, Istituti e soggetti privati accreditati. La predetta nota stabilisce che tutti i soggetti privati siano tenuti a produrre con frequenza mensile e di regola entro il 10 giorno del mese successivo alle Aziende sanitarie locali di riferimento, le fatture per i corrispettivi dovuti, secondo il sistema di remunerazione tariffaria regolamentato regionalmente, per tutte le prestazioni erogate nel mese precedente.

La ricorrente, pertanto, evidenziava la lesione della propria posizione giuridica, in quanto il mancato riconoscimento della natura pubblica contrasta con l’obbligo posto a suo carico dagli artt. 5 e 8, D.Lgs. n. 517 del 1999 e ribadito dall’art. 15 undecies D.Lgs. n. 502 del 1992, di adeguare il proprio ordinamento ed assumere i conseguenti e maggiori oneri contrattuali che, al contrario, non trovano conferma nel sistema del finanziamento a tariffe predefinite, come avviene per le case di cura private accreditate.

L’istante, pertanto, censurava il provvedimento impugnato, deducendo il seguente articolato motivo di ricorso:

– violazione ed errata applicazione degli artt. 39 e 51, L. n. 833 del 1978, artt. 6 e 15 undecies, D.Lgs. n. 502 del 1992, artt. 2, punto 2, 5 e 7 punto 2 e 8, D.Lgs. n. 517 del 1999; violazione ed errata applicazione del vigente Protocollo di intesa recepito nella D.G.R. n. 264 del 2.4.2004; disparità di trattamento, carenza di motivazione e perplessità.

Si costituivano la Regione e l’Università La Sapienza chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza di discussione la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Osserva il Collegio che la domanda di annullamento in parte qua del provvedimento impugnato si incentra sulla questione dell’individuazione della natura del soggetto ricorrente.

L’istante proponeva a sostegno della propria natura pubblica le seguenti argomentazioni:

1 – la funzione di Istituto di ricerca dell’università;

2 – il ruolo assegnatole a partire dall’art. 39, L. n. 833 del 1978, che ha concepito i rapporti tra Policlinici universitari e la Regione in funzione del denominatore comune dell’assistenza sanitaria sulla base di convenzioni ovvero di "protocolli di intesa", la cui stipula si poneva come obbligatoria al fine di disciplinare anche sotto l’aspetto finanziario l’apporto assistenziale della facoltà di medicina alla realizzazione degli obiettivi della programmazione sanitaria regionale, sì da costituire parte dei piani sanitari regionali; ciò fino alla emanazione del D.Lgs. n. 517 del 1999, che ha ribadito il ruolo dei Policlinici universitari in generale nel quadro della programmazione nazionale e regionale, affidando la disciplina dei rapporti con la Regione alla redazione di un protocollo, che per quanto riguarda la ricorrente risulta codificato in quello per il triennio 2000-2002 (poi integrato il 15.4.2005 per il triennio 2003-2005 e ratificato con la D.G.R. del 2.4.2004, tuttora operante in proroga) ;

3 – il dato testuale del Protocollo predetto, secondo cui "I finanziamenti in c/capitale per il Policlinico A.Gemelli, verranno stanziati con le stesse modalità previste per le aziende ospedaliere e per i policlinici Universitari;

4 – il disposto dell’art. 7, punto 2, D.Lgs. n. 517 del 1999 che, nel riconoscere speciali trattamenti alle istituzioni pubbliche, non fa distinzione tra le aziende beneficiarie di cui al precedente art. 2 punto 2 dello stesso decreto;

5 – il riferimento all’obbligo di adeguare il proprio ordinamento concernente la dirigenza sanitaria, assumendo pertanto maggiori oneri, di cui all’art. 15 undecies, D.Lgs. n. 502 del 1992, che come avvertito dal Ministero della Sanità con la nota 18.1.2001 non trova conferma nel sistema del finanziamento a tariffe predefinite per prestazione.

Al contrario, la Regione negava la natura pubblica del Policlinico istante sul rilievo che gli enti pubblici non possono essere costituiti se non per legge.

Osserva in proposito il Collegio che sulla configurazione dell’università Cattolica del Sacro Cuore ha avuto modo di soffermarsi la Corte costituzionale, con la sentenza n. 195 del 1972, resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 38 del Concordato dell’11 febbraio 1929 fra lo Stato italiano e la Santa Sede e reso esecutivo con la L. 27 maggio 1929, n. 810. In quella occasione, la Corte precisava che "L’Università, già canonicamente eretta con decreto della Congregazione dei Seminari e delle Università degli studi, é stata "istituita" dal R.D. 2 ottobre 1924, n. 1661, con riferimento agli artt. 1 e 99 del R.D. 30 settembre 1923, n. 2102, sull’ordinamento dell’istruzione superiore, ed al R.D. 6 aprile 1924, n. 674, contenente il regolamento generale universitario: cioé, é stata "istituita" come Università "libera" rientrante nella previsione e negli schemi di detto ordinamento, con lo scopo di impartire istruzione superiore, complementarmente a quella delle Università di Stato e col potere di rilasciare titoli finali di studio aventi valore legale.

Nello schema generale figurano il riconoscimento di personalità giuridica, l’autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, sotto la vigilanza dello Stato (art. 1, terzo comma, del citato R.D. n. 2102 del 1923, testualmente ripetuto nell’art. 1 del successivo testo unico delle leggi sull’istruzione superiore di cui al R.D. 31 agosto 1933, n. 1592).

Con il R.D. n. 1661 del 1924, alla "istituzione" della Università libera in esame, si é aggiunta l’approvazione del relativo Statuto, in cui (art. 1) si legge che "scopo di essa é di contribuire allo svolgimento degli studi e di preparare i giovani alle ricerche scientifiche, agli uffici pubblici ed alle professioni liberali, con una istruzione, adeguata ad una educazione morale, informata ai principi del cattolicesimo".

Tale Statuto, rimanendo inalterato nelle sue linee, é poi stato trasfuso nel successivo R.D. n. 1163 del 1939 nel quale, confermato il resto, figura inserita nell’art. 22 la formulazione testuale dell’art. 38 del Concordato."

Esaminando la storia della istituzione dell’università cattolica, come anche esposta nei siti ufficiali della stessa, si riscontra che l’Università fu istituita nel 1920 dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori (ente fondatore e garante dell’Università), con l’avallo di Papa Benedetto XV, ottenendo solo nel 1924 il riconoscimento giuridico da parte dello Stato italiano che permette di rilasciare lauree e diplomi con valore legale (lo Statuto dell’Università Cattolica venne approvato con Regio Decreto del 2 ottobre 1924 e pubblicato il 31 dello stesso mese sulla Gazzetta Ufficiale).

Nella citata sentenza la Corte costituzionale, premesso che risulta "Accertato che non contrasta con l’art. 33 la creazione di università libere, che possono essere confessionali o comunque ideologicamente caratterizzate", si sofferma sulla considerazione che se dalla natura di "Università libere" per effetto del riconoscimento, consegue la natura di "persona giuridica di diritto pubblico", da ciò "non consegue che dell’Università Cattolica siano state attenuate la originaria destinazione finalistica e la connessa caratterizzazione confessionale, riaffermata, anzi, come si é ricordato, nel relativo Statuto debitamente approvato. Invero, l’art. 33 garantisce "piena libertà" a tutte "le scuole non statali che chiedono la parità": "non statale" appunto, come é ritenuto anche nella più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, deve considerarsi l’Università Cattolica del Sacro Cuore".

Ne consegue che alla ricorrente non può che essere riconosciuta una natura pubblica, seppur non statale.

In tale senso è anche la pronunzia del Consiglio di Stato che, nel riformare la sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 13574 del 2004, con la decisione n. 841 del 2010 ha ricondotto alla qualificazione formale dell’Università "quale persona giuridica di diritto pubblico" e all’imputazione all’ente del perseguimento di scopi di rilievo pubblico, l’obbligo dell’osservanza delle regole dettate per l’aggiudicazione degli appalti di servizi di cui al D.Lgs. n. 157 del 1995 (in terminis, cfr. TAR Lazio, sez. III, n. 39150 del 2010).

Nella fattispecie in esame, peraltro, accanto alla qualificazione precisata nello Statuto, il dato sostanziale delle finalità pubbliche, come richiamato dalla giurisprudenza amministrativa citata, risulta confermato da quanto contenuto nel Protocollo di intesa, recepito nella D.G.R. n. 264 del 2004, allegato agli atti di causa.

Per quanto sopra esposto, si evidenzia come il provvedimento impugnato ha omesso di considerare la specificità della qualificazione giuridica dell’Università ricorrente; ne deriva che la riconduzione dell’ente agli istituti privati, sic et simpliciter, appare unicamente riconducibile ad una, peraltro, inespressa, errata equiparazione tra ‘natura non statale’ e ‘natura privata’. Tale dato si riflette immediatamente sulla legittimità dell’atto gravato, che risulta viziato per carenza di motivazione laddove esso equipara l’Università istante alle strutture private, inserendola nel medesimo elenco, senza alcunché specificare a riguardo.

Quanto sin qui specificato appare sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso. Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato in "parte qua", laddove ricomprende il Policlinico Gemelli tra le "Aziende Policlinici privati".

La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei limiti indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Maria Luisa De Leoni, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

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