Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-06-2012, n. 9732 Manutenzione di strade e responsabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 6 settembre 2007 il tribunale di Napoli, da un lato, ha rigettato la domanda proposta da F.F. nei confronti del Comune di Napoli per ottenere il risarcimento dei danni da lui subiti in occasione del sinistro stradale occorsogli allorchè, mentre percorreva via (OMISSIS) alla guida di un motoveicolo, quest’ultimo era sbandato a causa di una macchia d’olio esistente sulla carreggiata stradale e esso attore era caduto in terra riportando danni, dall’altro, ha dichiarato assorbita la domanda di manleva, proposta dal Comune nei confronti della ICEM – Impresa Costruzioni Edilizia Meridionale s.r.l. – quale impresa tenuta, in virtù di contratto di appalto stipulato con la amministrazione comunale, alla manutenzione della zona cittadina comprendente via (OMISSIS), da ultimo, sul rilievo che tale società era stata erroneamente evocata in giudizio, in quanto la obbligazione a suo carico riguardava solo gli elementi strutturali delle strade affidate alla sua manutenzione e non anche gli interventi volti alla eliminazione di macchie di olio o altri imprevisti del genere, ha condannato il comune al pagamento delle spese in favore della ICEM, assorbita la domanda di manleva da quest’ultima proposta nei confronti della propria compagnia assicuratrice, Italiana Assicurazioni s.p.a..

Gravata tale pronunzia in via principale dal comune di Napoli e in via incidentale dalla ICEM, nel contraddittorio altresì della Italiana Assicurazioni s.p.a. e di F.F. che, costituiti in giudizio hanno eccepito, la prima la infondatezza dell’appello incidentale proposto nei suoi confronti, il secondo che fosse rigettata ogni richiesta nei suoi confronti, la Corte di appello di Napoli con sentenza 30 agosto 2010 ha rigettato sia l’appello principale che quello incidentale con condanna, da una parte, del comune al pagamento delle spese di lite in favore della ICEM, distratte in favore del suo procuratore ad litem, dall’altra, della ICEM al pagamento delle spese in favore della Italiana Assicurazioni s.p.a., pur esse distratte in favore dei procuratori di quest’ultima.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia ha proposto ricorso, affidato a due motivi, il Comune di Napoli, con atto 20 ottobre 2010 2 date successive.

Motivi della decisione

1. Censurando, il comune appellante, la statuizione del primo giudice nella parte in cui lo aveva condannato al pagamento delle spese di lite in favore della Impresa Costruzioni Edilizia Meridionale s.r.l., e la interpretazione data – da quel giudice – al contratto di appalto inter partes, i giudici di secondo grado hanno evidenziato che deve .. condividersi l’opinione del primo giudice, secondo cui il dovere di manutenzione e vigilanza della ICEM era limitato agli interventi strutturali (ovvero generali) e non poteva estendersi alla eliminazione di pericoli accidentali quali quelli derivanti dalla presenza di una macchia d’olio sull’asfalto o da altri imprevisti, nè a diversa conclusione – può condurre la clausola 10 del contratto.

Ha osservato – altresì – la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione che l’astratta soccombenza del Comune rispetto alla domanda proposta nei confronti della ICEM si configurava, del resto, anche sotto altri profili, posto che nell’atto di citazione l’ente territoriale aveva domandato, in via principale, che l’appaltatrice venisse condanna in diretta al risarcimento dei danni del F. e aveva proposto la domanda subordinata di manleva in via del tutto generica limitandosi a invocare l’esistenza del contratto, senza minimamente preoccuparsi di enunciare i fatti costitutivi dell’inadempimento della convenuta (di talchè per tale parte la citazione avrebbe dovuto essere dichiarata nulla ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 4).

2. Il Comune ricorrente censura la riassunta pronunzia denunziando:

– con il primo motivo, violazione e falsa interpretazione delle regole di ermeneutica contrattuale e, in particolare, degli articoli 1362 e 1363 c.c., e, atteso che ove si fossero applicati i canoni interpretativi di cui alle ricordate disposizioni il contratto inter partes non poteva che essere letto nei termini suggeriti da esso concludente;

– con il secondo motivo, insufficienza e contraddittoria motivazione (violazione art. 360 c.p.c., n. 5) atteso, da un lato, che la sentenza impugnata, per giustificare il ricorso alla buona fede interpretativa, assume che lo spandimento di sabbia su aree sdrucciolevoli per la presenza di olii e ghiaccio non poteva riferirsi a qualsivoglia, anche minima superficie del manto stradale divenuta temporaneamente scivolosa e dovendosi ritenere .. sempre alla luce di una interpretazione del contratto secondo buona fede – che i predetto intervento fosse richiesto in dipendenza di eventi di notevole gravità, conoscibili in base all’ordinaria diligenza e tale motivazione è illogica, apodittica e contraddittoria, poichè travisa il contenuto della prestazione che connotava l’obbligazione di vigilanza e custodia non inerente solo gli eventi di maggiore gravità, ma che anzi prevedeva interventi urgenti, dall’altro, che la motivazione della sentenza impugnata è illogica, contraddittoria e insufficiente anche in punto della presunta indeterminatezza della domanda del comune, il quale sia sarebbe limitato genericamente a invocare la esistenza del contratto, senza indicare i fatti costitutivi dell’inadempimento, il che avrebbe giustificato la soccombenza in astratto dell’ente.

3. Entrambi i motivi sono inammissibili, alla luce delle considerazioni che seguono.

3.1. Quanto al primo e alla prima parte del secondo motivo deve richiamarsi il consolidato principio di diritto secondo cui "il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi della omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione: Il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (in termini, ad esempio, tra le tantissime, Cass. 29 marzo 2012, n. 5093, nonchè Cass. 30 novembre 2011, n. 25568; Cass. 31 agosto 2011, n. 17952).

Pacifico quanto precede, non controverso che nella specie parte ricorrente – pur trascrivendo, in ricorso, diversi passaggi delle clausole contrattuali a suo parere erroneamente interpretate dal giudice di appello – omette, totalmente, di indicare, in ricorso se e in quale occasione il contratto di appalto inter partes sia stato prodotto in giudizio (e a opera di quale parte) e ove lo stesso sia rinvenibile, è palese la inammissibilità del primo motivo.

3.2. Con particolare riferimento al secondo motivo, inoltre, si osserva che a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 – nel testo applicabile nella specie ratione temporis (è stata impugnata con ricorso per cassazione una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006) – le sentenze pronunciate in grado di appello o in un unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione, tra l’altro, "per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio".

E’ palese, pertanto, che i detti vizi – salvo che non investano distinte proposizioni contenute nella stessa sentenza, cioè diversi fatti controversi – non possono concorrere tra di loro, ma sono alternativi.

Non essendo logicamente concepibile che una stessa motivazione sia, quanto allo stesso fatto controverso, contemporaneamente, omessa nonchè insufficiente e – ancora – contraddittoria, è evidente che è onere del ricorrente precisare quale sia – in concreto – il vizio della sentenza, non potendo tale scelta (a norma dell’art. 111 Cost.

e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa al giudice (in termini, ad esempio, tra le tantissime, Cass. 27 settembre 2011, n. 19748; Cass. 10 marzo 2011, n. 5701; Cass. 13 dicembre 2010, n. 25127).

Pacifico quanto precede è palese la inammissibilità del secondo motivo nella parte in cui, del tutto apoditticamente, censura la sentenza impugnata assumendo che questa è affetta da motivazione, da un lato "illogica, apodittica e contraddittoria", dall’altro "illogica, contraddittoria e insufficiente" circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, omettendo di precisare in quali punti sussista ciascuno dei denunziati vizi.

3.3. In termini opposti rispetto a quanto pare supponga la difesa della ricorrente e giusta quanto assolutamente pacifico, presso una più che consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, in particolare, deve ribadirsi che il motivo di ricorso per cassazione con il quale alle sentenza impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione deve essere inteso a far valere carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nella attribuzione agli elementi di giudizio di un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, mentre non può, invece, essere inteso – come ora pretende dal difesa di parte ricorrente – a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggetto della parte e, in particolare, non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (Cass. 12 dicembre 2010, n. 25127; Cass. 2 novembre 2010, n. 22299; Cass. 26 aprile 2010, n. 9908).

3.4. Sempre in ordine alla interpretazione data -dalla sentenza impugnata – al contratto inter partes si osserva – per completezza di esposizione – che tutte le considerazioni svolte al riguardo dalla difesa della parte ricorrente sono inammissibili anche sotto un ulteriore, concorrente, profilo.

In particolare, giusta quanto assolutamente pacifico, presso una più che consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito a un contratto, o una delle sue clausole, non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni.

Deriva da quanto precede, pertanto, che quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (tra le tantissime, ad esempio, Cass. 30 gennaio 2012, n. 1303; Cass. 10 giugno 2011, n. 12862; Cass. 20 novembre 2009, n. 24539).

3.5. I giudici del merito, dopo avere ritenuto la soccombenza del Comune di Napoli rispetto alla domanda proposta nei confronti della ICEM sulla base degli obblighi derivanti dal contratto inter partes hanno precisato: l’astratta soccombenza del Comune .. si configurava del resto anche sotto altri profili …

Certo quanto precede, non controverso che le censure sviluppate dalla difesa del ricorrente comune sono risultate inammissibili con riguardo alla prima delle indicate rationes decidendi, ritiene la Corte la inammissibilità – per carenza di interesse – di quelle dirette a censurare le ulteriori rationes decidendi e, in particolare, al fine di dimostrare la infondatezza di quanto affermato dal giudice a quo in ordine alla presunta indeterminatezza della domanda di manleva del comune.

Al riguardo, infatti, deve ribadirsi che in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le ra- tiones decidendi, o la dimostrata inammissibilità o infondatezza delle censure sviluppate in ordine a una di tali rationes decidendi rende inammissibile, per difetto di interesse, le censure relative alle ulteriori ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante la intervenuta definitività delle altre di cui si è dimostrata la inaccogli-bilità, all’annullamento della decisione stessa (cfr., ad esempio, Cass. 4 maggio 2012, n. 6773; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2107; Cass. 7 luglio 2008, n. 18589).

4. Il proposto ricorso, in conclusione, deve essere rigettato, mentre – contrariamente a quanto invocato dal P.G. – nessun provvedimento può adottarsi ai sensi dell’art. 385 cod. proc. civ., comma 4.

Dispone – infatti – la invocata disposizione (introdotta con decorrenza dal 2 marzo 2006 dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 12, e abrogata con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 699, art. 46): quando pronuncia sulle spese .. la Corte, anche d’ufficio, condanna.

Certo quanto precede non controverso che nella specie la società intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede e nessun provvedimento – quindi – deve adottarsi in ordine alle spese di lite, è evidente che la richiesta, sul punto, del P.G. non può trovare accoglimento.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; nulla sulle spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 29 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *