T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 04-01-2012, n. 59 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante, premesso di operare nell’ambito del Servizio sanitario nazionale in base alla particolare regolamentazione di cui al Protocollo di intesa raggiunto ai sensi dell’art. 39, L. n. 833 del 1979 ed attualmente ai sensi del D.Lgs. n. 517 del 1999 che stabilisce l’equiparazione delle modalità dei finanziamenti in conto capitale per il Policlinico Gemelli con quelle previste per le Aziende ospedaliere e per i Policlinici Universitari, precisava che con la Delib. n. 1050 del 2007, autonomamente impugnata, la Regione aveva inopinatamente disposto che dal 1° gennaio del 2008, tutti i soggetti privati accreditati sarebbero statti tenuti a produrre con frequenza mensile alle Aziende sanitarie locali di riferimento le fatture per i corrispettivi dovuti, secondo il sistema della remunerazione tariffaria regolamentato regionalmente per tutte le prestazioni erogate nel mese precedente, ricomprendendo l’Università cattolica ed il Policlinico dalla stessa dipendente nell’alveo di tali soggetti.

Nonostante cio’, la ricorrente evidenziava, altresì, che i rapporti contabili – in pendenza del ricorso predetto – erano proseguiti direttamente con la Regione, cui erano intestate ed inviate le fatture, in forza della citata regolamentazione che risultava confermata con il decreto commissariale n. 52 del 2010, cha ha approvato l’accordo per l’attività del 2010, sulla base del richiamato Protocollo d’intesa. Senonchè, con la nota 5.8.2010 impugnata, la Regione comunicava che il Policlinico Gemelli avrebbe dovuto emettere le fatture nei confronti della AUSL Roma E in considerazione di quanto stabilito nella circolare n. 13950 del 2008 e con la successiva nota del 16.9.2010, la stessa Regione restituiva al Policlinico le fatture "erroneamente" pervenute alla Regione.

Pertanto, l’istante censurava i provvedimenti sopra richiamati, deducendo un unico articolato motivo di gravame:

violazione degli artt. 6 e 15 undecies del D.Lgs. n. 502 del 1992, degli artt. 1, 2 e 8 del D.Lgs. n. 519 del 1999, del protocollo d’intesa ratificato dalla Regione Lazio con deliberazione della G.R. n. 264 del 2004, nonché eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione e contraddittorietà e per illegittimità derivata dalla delibera autonomamente impugnata.

Con i successivi motivi aggiunti, la parte ricorrente censurava per i medesimi profili, altresì, la nota n. 24091 del 2010 con cui la Regione riteneva di trarre supporti dagli stessi accordi di remunerazione e, nel ribadire che la fatturazione del Policlinico Gemelli deve essere indirizzata alla ASL di riferimento, restituiva le fatture precisate in epigrafe.

Si costituiva l’AUSL, controdeducendo in via preliminare il difetto di interesse in quanto i provvedimenti impugnati con l’atto introduttivo riguarderebbero unicamente le modalità di fatturazione, non coinvolgendo un interesse concreto ed attuale della ricorrente, ed eccependo la tardività dell’impugnazione per motivi aggiunti, in quanto la nota lì gravata sarebbe meramente confermativa di altra non tempestivamente contestata dall’Università. Nel merito, chiedeva la reiezione del ricorso e dei conseguenti motivi aggiunti, attesa la riconducibilità dell’istante tra i soggetti privati di cui alla Delib. n. 1050 del 2007.

Si costituiva, altresì la Regione, che, contestando la natura pubblica dell’ente, chiedeva la reiezione del gravame.

La causa era trattenuta in decisione, dopo la scambio di memorie per la discussione, all’udienza pubblica del 9.11.2011.

Motivi della decisione

1 – Osserva il Collegio, in via preliminare, che per quanto concerne l’interesse ad agire dell’Università ricorrente, deve condividersi quanto precisato da parte istante in ordine da un lato alla rilevanza della posizione giuridica tutelata in relazione alla qualificazione dell’ente ed al rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto dalla parti, dall’altro alla non corrispondenza tra il capitolo di bilancio della ASL e l’importo complessivo riferito all’Università medesima.

Per quanto concerne, poi, l’eccepita inammissibilità per mancata impugnazione della nota del 4.7.2008 di invito da parte della Regione ad inoltrare le fatture emesse alla ASL e per tardiva impugnazione con i motivi aggiunti della nota confermativa delle pretesa regionale di emissione delle fatture nei confronti della ASL, va ricordato che la giurisprudenza ha chiarito che "in linea di principio, che l’annullamento dell’atto presupposto determina l’automatico travolgimento dell’atto consequenziale, senza necessità che quest’ultimo sia autonamente impugnato.

Peraltro la giurisprudenza e la dottrina hanno, ormai da tempo, e con rare eccezioni, posto dei paletti di confine all’operatività della caducazione per rifrazione, in ragione delle "deviazioni" che questa comporta, in caso di giudicato di annullamento, rispetto ai principi di diritto processuale (potendo, in tale caso, la sentenza estendersi, oggettivamente, anche al provvedimento successivo collegato, e magari non impugnato).

Più precisamente, la giurisprudenza ha chiarito che l’annullamento dell’atto presupposto comporta l’automatica caducazione dell’atto consequenziale, ad esclusione delle fattispecie in cui con l’atto posteriore sia stato conferito un bene od una qualche utilità ad un soggetto non qualificabile come parte necessaria nel giudizio che ha per oggetto l’atto presupposto.

Il principio della caducazione esonera il ricorrente dall’onere di impugnare tutti gli atti strettamente conseguenti rispetto a quello presupposto impugnato, a condizione che con questi atti non vengano in gioco posizioni di terzi, in quanto tale eventualità comporta la necessità di consentire la loro difesa in giudizio, non già attraverso il rimedio dell’opposizione di terzo, che costituisce pur sempre una patologia del processo, ma attraverso la notificazione del ricorso da proporre avverso l’atto consequenziale (in termini, tra le varie, Cons. Stato, Sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1948; Sez. VI, 30 ottobre 2001, n. 5677; C.G.A. Sicilia, 18 maggio 1996, n. 154; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 23 giugno 2009, n. 551)" (T.A.R Umbria Perugia, sez. I, 24 novembre 2010, n. 513) .

Nella fattispecie è chiaro che le note cui fa riferimento la ASL nella sua memoria ed, invero, anche la nota impugnata con i motivi aggiunti costituiscono atti conseguenti ai provvedimenti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio, nonché alla delibera regionale autonomamente gravata. Tali note sono chiaramente censurate ed assumono qui rilievo unicamente per quanto riguarda la specifica posizione della parte istante, senza che sia in alcun modo compromessa la sfera giuridica di terzi.

2 – Passando ad esaminare il merito, va rilevato che questo Tribunale si è già pronunziato sul ricorso n. R.G. 2497 del 2008 con cui si impugnava la presupposta delibera regionale n. 1050/2007 avente ad oggetto: "Riparto tra le ASL del Lazio delle risorse disponibili a valere sul FSR per l’anno 2008", nella parte in cui al punto 5 del dispositivo ricomprendeva il Policlinico ricorrente tra le "Aziende Policlinici Vari", la cui quota per l’attività di alta complessità attribuita dal precedente punto 2 è stata "subordinata all’adozione del sistema di remunerazione delle prestazioni in corso di approvazione ed alla sottoscrizione dei conseguenti accordi".

In tale ricorso, la Sezione ha avuto modo di precisare che sulla configurazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore si era già soffermata la Corte costituzionale, con la sentenza n. 195 del 1972, resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 38 del Concordato dell’11 febbraio1929 fra lo Stato italiano e la Santa Sede e reso esecutivo con la L. 27 maggio 1929, n. 810, ricordando che in quella sede la Corte precisava che l’Università, già canonicamente eretta con decreto della Congregazione dei Seminari e delle Università degli studi, é stata "istituita" dal R.D. 2 ottobre 1924, n. 1661, con riferimento agli artt. 1 e 99 del R.D. 30 settembre 1923, n. 2102, sull’ordinamento dell’istruzione superiore, ed al R.D. 6 aprile 1924, n. 674, contenente il regolamento generale universitario: cioé, é stata "istituita" come Università "libera" rientrante nella previsione e negli schemi di detto ordinamento, con lo scopo di impartire istruzione superiore, complementarmente a quella delle Università di Stato e col potere di rilasciare titoli finali di studio aventi valore legale.

Nello schema generale figurano il riconoscimento di personalità giuridica, l’autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, sotto la vigilanza dello Stato (art. 1, terzo comma, del citato R.D. n. 2102 del 1923, testualmente ripetuto nell’art. 1 del successivo testo unico delle leggi sull’istruzione superiore di cui al R.D. 31 agosto 1933, n. 1592).

Con il R.D. n. 1661 del 1924, alla "istituzione" della Università libera in esame, si é aggiunta l’approvazione del relativo Statuto, in cui (art. 1) si legge che "scopo di essa é di contribuire allo svolgimento degli studi e di preparare i giovani alle ricerche scientifiche, agli uffici pubblici ed alle professioni liberali, con una istruzione, adeguata ad una educazione morale, informata ai principi del cattolicesimo".

Tale Statuto, rimanendo inalterato nelle sue linee, é poi stato trasfuso nel successivo R.D. n. 1163 del 1939 nel quale, confermato il resto, figura inserita nell’art. 22 la formulazione testuale dell’art. 38 del Concordato."

Si precisava, altresì, che nella citata sentenza la Corte costituzionale, premesso che risulta "Accertato che non contrasta con l’art. 33 la creazione di università libere, che possono essere confessionali o comunque ideologicamente caratterizzate", si sofferma sulla considerazione che se dalla natura di "Università libere" per effetto del riconoscimento consegue la natura di "persona giuridica di diritto pubblico", da ciò "non consegue che dell’Università Cattolica siano state attenuate la originaria destinazione finalistica e la connessa caratterizzazione confessionale, riaffermata, anzi, come si é ricordato, nel relativo Statuto debitamente approvato. Invero, l’art. 33 garantisce piena libertà a tutte le scuole non statali che chiedono la parità: non statale appunto, come é ritenuto anche nella più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, deve considerarsi l’Università Cattolica del Sacro Cuore"."

Conseguentemente, la Sezione concludeva per l’accoglimento del gravame e l’annullamento in parte qua della delibera dlla G.R. Lazio n. 1050/2007, sul presupposto che alla ricorrente non può che essere riconosciuta una natura pubblica, seppur non statale.

Ora non è posto in dubbio dalle parti resistenti che siffatta delibera costituisse l’atto presupposto dei provvedimenti qui gravati, con la conseguenza che le note in contestazione (con il ricorso principale e con i motivi aggiunti) costituiscono applicazione del provvedimento impugnato, sicchè esse sono affette da illegittimità derivata, avendo l’atto presupposto mancato di considerare la particolare qualificazione dell’Università procedente, mentre va esclusa la natura provvedimentale della circolare applicativa, indicata tra gli atti conseguenti nel ricorso introduttivo del giudizio.

Per quanto sopra il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere accolti e le note impugnate debbono essere annullate.

La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’affetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Maria Luisa De Leoni, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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