T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 04-01-2012, n. 1 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato i giorni 25 e 27 ottobre 2010, e depositato il 4 novembre 2010 seguente, la sig.ra M.G.G., in qualità di proprietaria di immobile confinante, ha impugnato l’autorizzazione edilizia n. 2105 rilasciata, in data 13 luglio 2010, ai sensi degli articoli 5 e 10 della L.R. n. 37 del 1985, all’impresa controinteressata per i lavori di ricostruzione del solaio ad un’unica falda, diversa distribuzione degli spazi interni, modifica di prospetti, realizzazione di un servizio igienico e di un vano deposito, arretramento di mt 1,00 di una parete, nonché per il cambio di destinazione d’uso da magazzino ad attività commerciale, concernenti il fabbricato sito nella via Tevere e nella via Ticino, in catasto al foglio 187, p.lla 39, in zona omogenea B2.

La ricorrente sostiene che per tali opere sia necessaria la concessione edilizia e non la semplice autorizzazione edilizia, poiché le opere di che trattasi in realtà avrebbero ad oggetto un immobile inesistente in quanto già interamente demolito anni addietro.

Lamenta, inoltre, l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune intimato sulla richiesta di revoca della predetta autorizzazione, da lei inoltrata con istanza del 18 agosto 2010.

Chiede, pertanto, che sia dato ordine al Comune di attivarsi in merito alla richiesta di revoca, oltre l’annullamento della autorizzazione e il risarcimento in forma specifica mediante demolizione delle opere abusivamente edificate ovvero, in subordine, per equivalente monetario.

Con ordinanza n. 1022 del 19 novembre 2010, è stata accolta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Per resistere al ricorso si è, poi, costituito il Comune di Gela, che, nel contestare tutte le deduzioni di parte avversa, con particolare riguardo alla denunciata inerzia ha riferito di avere emesso nei confronti della società San Basilio l’ordinanza n. 525 del 29 luglio 2010 di sospensione dei lavori essendo state rilevate a seguito di sopralluogo, avvenuto il 22 luglio 2010, l’esecuzione di opere edili parzialmente difformi dall’autorizzazione rilasciata, e di avere avviato il procedimento ex art. 31 e ss. del D.P.R. n. 380 del 2001.

Anche l’impresa controinteressata si è costituita in giudizio, articolando le proprie difese scritte, tuttavia, con memoria depositata tardivamente oltre il termine dell’art. 73, 1 comma, c.p.a..

All’udienza pubblica del 18 novembre 2011, su conforme richiesta delle parti, la causa è stata spedita in decisione.

Motivi della decisione

1.In via preliminare, va ritenuta sussistente la legittimazione ad agire dell’odierna ricorrente.

E’ orientamento giurisprudenziale consolidato, e condiviso dal collegio riguardo al caso in esame, quello secondo cui il proprietario di un fondo confinante con quello interessato dalla costruzione asseritamente abusiva, vanta una posizione qualificata e differenziata al corretto assetto del territorio, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione che in concreto sia riconducibile alle opere compiute (tra le più recenti, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705; sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7591; sez. IV, 16 marzo 2010. n. 1535; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 15 luglio 2010, n. 16811).

1.1. Sempre in via preliminare, va rilevata l’inammissibilità della domanda diretta alla declaratoria d’illegittimità del silenzio asseritamente serbato dal Comune di Gela sull’istanza di revoca dell’autorizzazione, peraltro, oggetto di contestuale domanda impugnatoria, poiché, per principio consolidato, l’autotutela costituisce esercizio di attività discrezionale riservata all’amministrazione, per cui il privato – il quale abbia sollecitato l’adozione di un provvedimento di ritiro di una precedente determinazione amministrativa – non può, per ciò solo, vantare una posizione soggettiva qualificata da azionare in sede giurisdizionale mediante l’impugnazione del silenzio formatosi sulla diffida a provvedere; ciò in quanto tale diffida non è idonea a trasformare una posizione originaria di interesse semplice in posizione qualificata di interesse legittimo.

2. Può, dunque, passarsi allo scrutino nel merito del ricorso.

2.1. Deduce la ricorrente il vizio di "Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 10, L.R. n. 37 del 1985", in quanto i lavori edilizi per i quali è stata chiesta e rilasciata l’autorizzazione oggetto di lite, non rientrerebbero nelle categorie di cui all’art. 5 della L.R. n. 37 del 1985, poiché non di sole opere di manutenzione straordinaria e cambio destinazione d’uso si tratterebbe, bensì di costruzione di un nuovo manufatto edilizio, in luogo di altro già da tempo crollato, per i quali necessiterebbe la concessione edilizia. A supporto di tale assunto è allegata una perizia tecnica corredata di documentazione fotografica dell’area, alla data del 22 febbraio 2010, dove dovrebbe insistere l’immobile/magazzino da manutenere, nella quale, con evidenza, non appare alcuna struttura edilizia da sottoporre a manutenzione straordinaria (chiesta ed ottenuta per la ricostruzione del solaio ad un’unica falda, diversa distribuzione degli spazi interni, modifica di prospetti, realizzazione di un servizio igienico e di un vano deposito, arretramento di mt 1,00 di una parete).

Quanto asserito in fatto, non risulta specificamente contestato dal Comune resistente e risulta in atti sufficientemente dimostrato.

Secondo un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale, una ristrutturazione edilizia, e maggior ragione una manutenzione straordinaria, postulano necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare – ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura -, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come tale, è soggetta alle comuni regole edilizie vigenti al momento della riedificazione (Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5375; sez. V; 15 aprile 2004, n. 2142; 29 ottobre 2001, n. 5642; 1 dicembre 1999 , n. 2021; 10 marzo 1997, n. 240).

Ne consegue che la ricostruzione di ruderi – nel caso di specie, in base alla documentazione fotografica in atti (vedi foto nn. 3, 4, 5 e 6 allegate alla perizia tecnica di parte ricorrente), non esistono né mura perimetrali portanti, né strutture orizzontali, né solaio ma, su un unico lato prospiciente la via, una chiusura di mattoni e lamiera di, evidente, recente costruzione e ben distinta dal rudere del preesistente muro di facciata, quest’ultimo presente in minima parte ed addossato all’adiacente edificio posto alla sua destra – deve essere considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione che non può essere equiparata al recupero edilizio o alla manutenzione straordinaria non essendoci nulla da recuperare o manutenere come entità edilizia esistente e quale unità abitativa e per simile attività, perciò, deve essere richiesta apposita concessione edilizia.

2.2. Nella specie, pertanto, in considerazione delle suesposte ragioni, le prospettazioni di parte ricorrente devono essere condivise e il ricorso, quanto alla domanda impugnatoria, assorbita ogni altra deduzione, è fondato e va accolto.

2.3. Quanto alla lamentata lesione dei diritti dominicali della ricorrente, in particolare dei diritti di veduta e scarico delle acque piovane, trattasi di vicende che attengono ai rapporti di diritto privato tra la ricorrente e l’impresa San Basilio che, così come non trovano causa nel titolo edilizio rilasciato, così non possono determinarne l’eventuale illegittimità. Conseguentemente non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria che sulla lesione di tali diritti – la cui tutela è riservata alla giurisdizione ordinaria -, si fonda.

Nei limiti in cui un danno voglia, invece, ricondursi direttamente all’asserito comportamento illecito dell’Amministrazione, l’azione rimane, comunque, priva di supporto probatorio, considerato peraltro che, così come dichiarato dal Comune resistente, con ordinanza n. 525 del 29 luglio 2010, è stata disposta l’immediata sospensione dei lavori e fermo restando che, a seguito dell’accoglimento cautelare, ogni ulteriore attività edificatoria è stata, comunque, preclusa nelle more della decisione nel merito.

3. Quanto alle spese processuali, previa conferma della condanna a carico del Comune resistente per quelle inerenti alla fase cautelare, così come liquidate nell’ordinanza n. 1022/10, anche per il prosieguo seguono la regola della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Respinge la domanda risarcitoria.

Condanna il Comune di Gela, in persona del Sindaco pro tempore e l’impresa San Basilio società unipersonale a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese processuali a favore della ricorrente, in ragione di Euro 1.000,00 (Euro mille/00) a carico di ciascuno, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Nicolo’ Monteleone, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere

Anna Pignataro, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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