Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 05-01-2012, n. 56 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è proposto contro la sentenza n. 4215/2010 del TAR per la Sicilia di Catania, con la quale è stato accolto il ricorso degli odierni appellati per l’annullamento dell’ordinanza n. 28 prot. 6674 del 26 maggio 2004 di ripristino dello stato dei luoghi, emessa dal Dirigente dell’Area Servizi e Territorio del Comune di Mineo.

Ha ritenuto il Giudice di prime cure – sulla base della relazione, che egli ha giudicato "esauriente e compiutamente documentata", prodotta dal verificatore – che risultano insussistenti gli elementi fattuali posti a base dell’ordinanza in oggetto, sia quanto alla presunta eliminazione di un preesistente canale di scolo, sia quanto alla intervenuta costruzione di un bordo a salvaguardia della proprietà, sia quanto alla costruzione di un nuovo canale di scolo. Ha respinto invece il secondo motivo di gravame proposto, relativo al supposto vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, dal momento che questa risultava congrua perché derivante dalla relazione di servizio del 19.1.2004 (prot. A.S.T. n. 290), redatta dal tecnico dell’amministrazione e posta a disposizione dei ricorrenti. E, per l’effetto di tali complessive risultanze, ha annullato il provvedimento impugnato e condannato il Comune soccombente alle spese del giudizio.

Avverso tale decisione propone appello il Comune di Mineo che ne lamenta la ingiustizia per i seguenti motivi:

1) perché il TAR avrebbe dovuto limitare la sua cognizione ai vizi dell’atto impugnato e non estenderla anche al rapporto sottostante;

2) perché comunque i fatti a sostegno della ordinanza sussistono e sono stati negati solo sulla base di valutazioni erronee ed in contrasto con le risultanze in atti;

3) perché è stato di conseguenza erroneamente giudicato sulle spese.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

Nessuno dei motivi proposti può essere invero accolto.

Con il primo motivo di ricorso, l’appellante lamenta il fatto che il Giudice abbia esteso la propria cognizione al rapporto sottostante e non si sia limitato invece a giudicare della legittimità dell’atto e dunque della eventuale violazione di interessi legittimi e non di diritti soggettivi della parte.

La censura non ha alcun fondamento.

Il ricorso lamentava un vizio dell’atto che avrebbe potuto essere rilevato solo verificando la fondatezza dei suoi presupposti e dunque indagando sulla sussistenza o insussistenza dei fatti che ne stavano a fondamento, al fine di osservare la coerenza tra le informazioni disponibili e le conseguenti determinazioni amministrative intervenute. Il che il Giudice ha esattamente e legittimamente fatto.

Lamenta con il secondo motivo l’appellante la inaffidabilità in ogni caso delle risultanze della verificazione sulla quale il Giudice ha fondato il proprio convincimento.

Anche questa doglianza appare infondata.

Sia la verificazione eseguita, sia il percorso logico attraverso il quale il Giudice – seguendone le risultanze – è pervenuto alla decisione appaiono perfettamente congrui ed esenti da possibili censure.

Sarà necessario allo scopo ripartire dai fatti di causa.

Essi traggono origine dalle conseguenze del nubifragio del 16 e 17 settembre 2003, verificatosi nella zona nella quale è ubicata la proprietà fondiaria degli appellati. Nell’occasione si registrarono frane e smottamenti che coinvolsero anche il terreno degli appellati. Assumendo, in base alle risultanze della relazione di servizio del tecnico comunale del 19.1.04 prot. A.S.T. n. 290, che questi ultimi avessero eliminato all’interno dell’azienda un canale di scolo preesistente e realizzato anche un bordo esterno in rilevato di terra a protezione della loro proprietà, nonché un canale di scolo interno alla proprietà per riversare le acque meteoriche nella strada comunale "Bausano", l’Amministrazione intimava agli appellati il ripristino dei luoghi, comminando loro anche una sanzione di Euro 258,23 per la manomissione del territorio ex art. 10, comma 1, L. n. 47/85.

Gli interessati hanno impugnato il provvedimento, contestandone la sussistenza degli asseriti presupposti di fatto.

Instauratosi il contraddittorio, il Giudice di prime cure disponeva verificazione – affidata ad un funzionario del Genio Civile di Catania – perché accertasse la veridicità o meno delle circostanze di fatto affermate nell’ordinanza impugnata e il preesistente sistema in loco di percorrenza e smaltimento delle acque meteoriche.

Dalla verificazione eseguita risultava la insussistenza dei fatti addotti. E più in particolare la superficiale – e conseguente inaffidabilità – della relazione tecnica posta dalla Amministrazione a fondamento del proprio provvedimento, che ne risulta perciò, per questo, carente anche sotto il profilo della congrua motivazione (sicché appare non condivisibile l’intervenuto rigetto da parte del Giudice di prime cure del secondo motivo di ricorso costituito appunto dal lamentato difetto di motivazione: il quale sussiste infatti – com’è noto – non solo quando la motivazione è inesistente, ma anche quando essa è incongrua o contraddittoria).

Quanto invero alla asserita eliminazione di un preesistente canale di scolo, il verificatore ha osservato che essa risultava basata esclusivamente sull’interpretazione della cartografia risalente al 1940, dalla quale però "dal solo esame "a occhio nudo"" – quale quello compiuto dai tecnici comunali – "non può desumersi con esattezza la sussistenza di un preesistente attraversamento di un canale nel fondo dei ricorrenti nel quale erano convogliate le acque della strada a monte e riversate nel canale a valle".

E ciò in considerazione di una serie di ragioni che egli ha puntualmente sottoposto ed il Giudice fatte proprie.

La prima di esse è costituita dal "rapporto di scala della cartografia in questione" (che è infatti di 1:25.000, con conseguente corrispondenza in essa di un millimetro a tratti sul terreno di 25 metri), la quale è, per altro, un foglio I.G.M. di genericità tale – afferma il verificatore – da non permettere l’accertamento preteso.

La seconda ragione di inaffidabilità del giudizio dei tecnici comunali assunto a fondamento della ordinanza in oggetto è costituita dalla "uguale simbologia adottata per la rappresentazione di curve di livello e compluvi nonché dalla dubbia classificazione di parte del segno grafico interno alla proprietà dei ricorrenti".

Nella carta infatti "sia le curve di livello che i compluvi sono rappresentati graficamente con un tratto di linea continua che, nel tratto in esame, ne determina l’ambiguità interpretativa… Inoltre la linea in questione, sebbene per il rapporto di scala si estende per pochi millimetri, appare fuor di dubbio "a occhio nudo" che non è per intero un tratto continuo, in quanto, in corrispondenza del tratto più a monte (a ridosso della strada Bausano indicato con il punto "A" dal Comune) è certamente interrotta … Ciò sta a significare che se un fossato era preesistente, lo stesso non appare essere connesso con il deflusso delle acque provenienti dalla strada, ma limitato esclusivamente alla regimentazione delle acque dello stesso agrumeto".

La terza ragione che vale, a giudizio del verificatore, ad escludere la sussistenza dei fatti contestati è costituita dalla "mancanza di continuità a monte del tratto grafico". Ha scritto al riguardo il verificatore: "occorre osservare che, per quanto desumibile dalla cartografia presa in esame nell’impugnata ordinanza, non si evince nessuna connessione dell’eventuale preesistente fossato con un omologo canale nella zona a monte e pertanto nessuna connessione funzionale è possibile rilevare con il deflusso delle acque della strada a monte, da dove si è riversata l’inondazione che ha danneggiato il terreno dei ricorrenti".

Il quarto elemento da considerare è costituito dalla "insussistenza di altra cartografia coeva di dettaglio e/o di documentazione fotografica", dal momento che "nessuna altra cartografia utile è rinvenibile per la zona in questione che possa fornire indicazioni per l’interpretazione della cartografia I.G.M. in scala 1:25.000".

L’ultimo elemento rilevante è la "mancata sussistenza del presunto canale nelle cartografie catastali", in merito al quale il verificatore scrive: "si è potuto constatare che nel lotto di terreno dei ricorrenti non è indicata nelle planimetrie catastali nessun vallone, che in dette cartografie indica esattamente la localizzazione dei canali di regimentazione delle acque, la cui proprietà è attribuita al demanio pubblico, a garanzia di immodificabilità da parte dei privati … Dai rilievi effettuati sui luoghi nel corso delle operazioni di verificazione, è risultato altresì non corrispondere allo stato di fatto quanto affermato nella relazione di servizio (prot. A.S.T. 290 del 19/01/2004) citata nella impugnata ordinanza. In detta relazione vengono indicati con "A" e "B" gli estremi del presunto preesistente canale e viene riferito che sarebbe proprio da detto punto "A" che "l’acqua ha rotto l’argine" e che "l’acqua riversatasi dal punto "A" attraversando la proprietà dei signori Ca., si è incanalata lungo quello che un tempo era il canale"; da ciò conclude che "la causa primaria dei danni subiti dall’azienda agricola Ca. va ricercata nell’eliminazione del canale". Sui luoghi invece si è potuto senza dubbio accertare che il punto indicato con la lettera "A" nella relazione di servizio, non corrisponde con il punto in cui si è verificato il riversamento d’acqua e detriti, in quanto esso trovasi distante parecchie decine di metri …".

Se – ha osservato conclusivamente il verificatore – "si fosse fatto uso di idonea lente di ingrandimento oppure … di scanner ad altissima risoluzione …" si sarebbe notato "con estrema chiarezza … che il tratto di presunto canale non è altro che un sentiero pedonale … Infatti risulta chiaro che la linea in questione è una linea tratteggiata indicante stante alla simbologia della cartografia …, un sentiero per soli pedoni".

La verificazione ha ritenuto che anche la pretesa avvenuta costruzione di un bordo a salvaguardia della proprietà risultava frutto di una conclusione non sorretta dagli elementi di riscontro disponibili.

"Dall’esame dei luoghi e dai saggi effettuati in più punti, si è potuto riscontrare che detto argine, di altezza mediamente di cm 50, è costituito da materiale detritico della stessa strada e non appare essere stato realizzato ex novo con apporto di altro materiale. In particolare si è potuto riscontrare che nel tratto più elevato della strada Bausano gli alberi posti a confine della proprietà dei ricorrenti presentano parte dell’apparato radicale scoperto in quanto la superficie stradale, priva di adeguato cassonetto e privo di manto d’usura in quanto realizzato "a fondo naturale" e aggiunta di materiale di cava, risulta essere oggetto di un continuo fenomeno di erosione dovuto al dilavamento delle acque meteoriche provenienti da monte. In tale tratto infatti detta alberatura risulta oggi situata a quota soprammessa rispetto alla fiancheggiante sede stradale. Di contro nella parte più a valle della stessa strada l’alberatura di confine risulta in parte sottomessa in quanto tutta la terra e i detriti proveniente dall’erosione a monte hanno creato al margine della strada questo rialzo che nell’impugnata ordinanza viene invece denominato "bordo a salvaguardia della proprietà"…".

Con riferimento infine all’ultima contestazione di intervenuta alterazione dei luoghi, quella cioè costituita dalla asserita costruzione di un nuovo canale di scolo, il Giudice di prime cure – richiamandosi ancora una volta alle verificazione eseguita e, in particolare, alla circostanza che, sulla scorta della carta tenuta a base dai tecnici comunali (I.G.M. del 1940) – può dirsi solo che "i fossati vengono individuati con dei puntini continui", e che "in tale cartina risulta che le particelle in questione erano coltivate ad agrumeto sin da allora e che era indicato il fossato che sbocca nelle vicinanze del cancello di ingresso", ma che "comunque … il canale in questione è di tale modestia, sia per dimensioni che per bacino di influenza, che si può considerare irrilevante ai fini della questione oggetto di controversia", anche perché "tutti i giardini in zona presentano dei canali analoghi che servono a regimentare solo gli scoli di modeste porzioni di territorio, senza con ciò alterare il generale deflusso delle acque".

Quanto al terzo motivo di appello, anch’esso si rivela per le premesse del tutto infondato.

Il ricorso di primo grado andava accolto addirittura – come si è prima incidentalmente osservato – anche per il suo secondo motivo (per le censure sollevate cioè in ordine alla congrua motivazione del provvedimento impugnato).

Per le premesse, l’appello è da considerare infondato.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e, per l’effetto, condanna la parte soccombente alle spese del giudizio, che liquida per questa fase nella misura complessiva di Euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 20 ottobre 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, estensore, componenti.

Depositata in Segreteria il 5 gennaio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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