Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-06-2012, n. 9718 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 91 del 2010 la Corte di appello di Roma, decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione ha determinato -per quanto ancora interessa in questa sede – il danno morale subito da Ma.

R. e da S.M.L. per la perdita del rispettivo marito e padre S.D. nell’incidente stradale occorso il 15 marzo 1992, rispettivamente in Euro 423.850,00 e in Euro 415.373,00; di conseguenza – tenuto conto delle ulteriori voci di danno, ivi incluso quello da lucro cessante, determinato in Euro 210.850,46 per la Ma. e in Euro 206.152,61 per la S. e considerate, altresì, le somme già percepite dalle predette in corso di causa – ha condannato M.G., conducente del mezzo di proprietà della Tecnopras s.a.s. di Miliacca Luigino & C., già ritenuto responsabile esclusivo dell’incidente, la s.a.s. Tecnopras e la R.A.S. s.p.a (ora Allianz s.p.a.) al pagamento, in solido tra loro, della somma di Euro 570.000,00 a titolo di ulteriore risarcimento danni in favore di Ma.Ro. e di Euro 570.000,00 a titolo di ulteriore risarcimento danni in favore di S.M.L., oltre interessi legali dalla sentenza, nonchè al pagamento delle spese processuali, ivi incluse quelle del precedente giudizio di Cassazione.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la Allianz s.p.a., M.G. e la Tecnopras s.a.s. di Miliacca Luigino & C, svolgendo tre motivi.

Hanno resistito Ma.Ro. e da S.M.L., depositando controricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso all’esame muove dalla considerazione dell’erronea individuazione dei presupposti numerici assunti dalla Corte di appello per la quantificazione del danno morale, indicati con riferimento alla Ma. in n. 50 punti (e precisamente in punti: 20+20+4+4+2), con conseguente determinazione del relativo danno in Euro 423.850,00 (atteso il valore-punto di Euro 8.477,00, assunto dalle tabelle in uso al momento della decisione) e con riferimento alla S. in n. 48 punti (e precisamente in punti:

18+20+4+5+2), con conseguente determinazione del relativo danno in Euro 415.373,00.

In particolare parte ricorrente ha evidenziato l’erronea attribuzione di n. 20 punti a ciascuna delle danneggiate, posto che la tabella cui la Corte territoriale ha fatto riferimento – ad eccezione della prima "classe" relativa al grado parentale (in relazione al quale risultano previsti n. 20 punti per il coniuge e n. 18 punti per il figlio) – non prevede neppure astrattamente per le altre "classi" (età della vittima, età del congiunto, convivenza e composizione del nucleo famigliare) la possibilità di assegnare, in base alle diverse variabili, n. 20 punti.

Orbene, nelle more dell’udienza collegiale, è intervenuta – come riferito da entrambe le parti nelle rispettive memorie – ordinanza della Corte di appello di Roma che ha corretto l’errore, precisando che, laddove è quantificato il danno morale in favore della Ma., in luogo di Euro 423.850,00, deve intendersi e leggersi Euro 254,310,00 e laddove è determinato lo stesso danno in favore della S., in luogo di Euro 415.373,00, deve intendersi e leggersi Euro 245.833,00.

2. Ciò premesso, risulta cessata la materia del contendere relativamente ai primi due motivi di ricorso, con i quali si censura, per l’appunto, la determinazione quantitativa del danno morale sotto il profilo, rispettivamente, del vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5e della violazione di legge in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 (e, in specie, violazione o falsa applicazione degli artt. 1226, 2056 e 2059 cod. civ.).

La indiscussa determinazione del danno morale, nei termini rettificati con l’ordinanza ex art. 287 cod. proc. civ., comporta, dunque, che i suddetti motivi vanno dichiarati inammissibili per carenza di interesse.

3. E’ inammissibile anche il terzo motivo di ricorso, con cui si denuncia insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5) e, segnatamente, in ordine alla determinazione del lucro cessante.

3.1. Invero la censura poggia sulla considerazione dell’erronea quantificazione del pregiudizio per il mancato godimento della somma equivalente al danno subito per effetto dell’erronea determinazione del danno morale, evidenziando, non già un errore di giudizio, bensì di calcolo, che – al pari del precedente, dal quale dipende – è emendabile con il rimedio impugnatorio specifico della correzione della sentenza di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ..

L’esperibilità del suddetto rimedio, in luogo del ricorso per cassazione, è giustificata dalla considerazione che la decisione – rapportata alla natura della censura – si rivela essenzialmente obbligata, dipendendo dalla precedente rettifica, e non richiede alcuna valutazione giudiziale, trattandosi semplicemente di rettificare la base di calcolo, avuto riguardo all’intervenuta rettifica della "voce" del danno morale.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità sono integralmente compensate, avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa interamente le spese del giudizio di legittimità tra le parti.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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