Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-06-2012, n. 9717 Udienza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli-sezione distaccata di Frattamaggiore-il 31 marzo 2004, all’esito dei quattro giudizi di sfratto per morosità introdotti dalla società Paolo Tarantino & C. di Tarantino Raffaele, proprietaria dell’immobile industriale sito in (OMISSIS) e condotto in locazione dalla GIMAR Casalinghi s.r.l. in forza di contratto del 23 aprile 1998 e sostituito da quello del 13 luglio 2000, dichiarava inammissibili le querele di falso proposte contro la scrittura del 2000; la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore dei contratti di locazione del 23 aprile 1998 e 13 luglio 2000 e condannava la società convenuta al rilascio dell’immobile nonchè al pagamento delle spese di lite ed alla pena pecuniaria ex art. 226 c.p.c..

Su gravame della GIMAR la Corte di appello di Napoli il 13 febbraio 2009 rigettava l’appello e condannava alle spese del grado.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la GIMAR Casalinghi s.r.l., affidandosi a tre motivi, di cui i primi due di natura processuale.

Resiste con controricorso la soc. Tarantino.

All’udienza del 9 febbraio 2012 la Corte rinviava a nuovo ruolo per il deposito dell’istanza di persistenza dell’interesse all’impugnazione, così come prescritta dalla L. n. 183 del 2011, art. 26, all’epoca vigente.

L’ordinanza è stata comunicata e ricevuta il 20 febbraio 2012.

Motivi della decisione

l.-Con il primo motivo (violazione dell’art. 180 c.p.c., comma 2, nonchè violazione insufficiente, erronea e contraddittoria sul punto della sentenza in cui la Corte di appello ha rigettato il primo motivo di appello nel quale si censurava la sentenza del Tribunale per omessa concessione dei termini e delle scansioni previste dall’art. 180 c.p.c., e segg.) e corredato del prescritto quesito, in estrema sintesi, la società ricorrente si duole del fatto che, condividendo acriticamente la decisione del Tribunale, il giudice dell’appello nel processo riunito non ha accolto le sue richieste di rimessione della causa sul ruolo al fine di concedere i termini ex art. 426 c.p.c., per eventuale integrazione degli atti introduttivi senza neppure rispettare le norme del rito ordinario in quanto non era stata fissata l’udienza di trattazione, ma vi erano stati rinvii solo per gli adempimenti relativi alle querele di falso.

In definitiva, non erano stati concessi i termini di cui all’art. 180 c.p.c., per la proposizione delle eccezioni non rilevabili di ufficio (p. 20 ricorso), determinandosi, così, una violazione dei diritti della difesa.

Di qui, l’ulteriore profilo del vizio di motivazione, perchè, contrariamente alla inderogabile previsione di cui all’art. 180 c.p.c." non era stato mai autorizzato il deposito di memorie e/o scritti difensivi in relazione ai giudizi di merito: il che avrebbe consentito alla società comparente di svolgere le difese che il codice di rito le avrebbe consentito (p. 21 e 23 ricorso).

2.-Ritiene il Collegio che la censura vada disattesa.

Va premesso che, a ben vedere, la ricorrente non pare insistere sulla violazione del rito speciale, ma incentra la sua doglianza sulla violazione dell’art. 180 c.p.c. in riferimento al rito ordinario, così come ha avuto modo di individuare la censura il giudice dell’appello.

Ciò posto, emerge dalla sentenza impugnata che il giudice a quo ha disatteso la censura sulla base di due rationes decidendi.

La prima, e conforme all’orientamento di questa Corte che si richiama e va ribadito (Cass. n. 5262/01; Cass. n. 12245/98; di recente Cass. n. 18076/04), in virtù del quale se, in esito all’udienza tenuta ex art. 180 c.p.c., il giudice rinvia puramente e semplicemente, senza fissare alcun termine per sollevare eccezioni non rilevabili di ufficio, tale termine deve ritenersi implicitamente fissato in misura pari a quella legale.

La seconda è fondata sulla scansione processuale.

Infatti, il giudice a quo ha rilevato che, nel caso di specie, le questioni relative alla querela di falso e quelle afferenti alla morosità del conduttore erano state trattate in unico contesto processuale e non si era verificata alcuna compressione del diritto di difesa, in quanto la GIMAR aveva prodotto in giudizio memorie e scritti difensivi, aveva richiesto l’ammissione di mezzi di istruttori; vi era stata comparizione delle parti in sede di interpello; aveva avuto la possibilità di produrre documenti, aveva discusso oralmente la causa davanti al Collegio, ossia aveva avuta la possibilità di completare in modo definitivo l’esposizione delle ragioni, in fatto e in diritto, poste a sostegno delle sue deduzioni e delle sue difese.

A fronte di queste due rationes decidendi la società ricorrente si duole che il giudice dell’appello avrebbe, ma erroneamente, condiviso acriticamente la decisione del primo giudice.

Ma la deduzione non coglie nel segno, perchè, una volta ritenuto che il termine assegnato era di misura pari a quella legale, il giudice dell’appello ha anche esaminato la condotta processuale della attuale ricorrente, rilevando che essa si era opposta alle avverse domande fondando solo sulla falsità del contratto di locazione del 13 luglio 2000 siccome proposta in giudizio con le relative querele, senza mai prospettare ed invocare ulteriori rimedi rivolti comunque ad invalidare la scrittura per vizi del consenso.

Di qui, la inammissibilità delle querele, come confermata in secondo grado (p.5-6 sentenza impugnata).

In altri termini, la statuizione sul punto è immune da ogni errore di diritto e da ogni vizio motivazionale.

3.-Con il secondo motivo (violazione dell’art. 221 c.p.c., nonchè insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione sul punto in cui la Corte territoriale ha rigettato il secondo motivo di appello concernente le querele di falso proposte in primo grado) la società ricorrente pone in rilievo che il giudice dell’appello avrebbe apoditticamente sposato la tesi che la querela di falso sia proponibile unicamente in ipotesi di falso materiale, mentre dottrina, che richiama, avrebbe optato per una estensione dell’oggetto della querela anche alla falsità ideologica.

La ricorrente, inoltre, richiama l’insegnamento autorevole di questa Corte (S.U. n. 5439/80), seguita da altre pronunce circa il riempimento di foglio in bianco.

La censura va disattesa.

Di vero, come si evince dalla sentenza impugnata:

1) la GIMAR non ha mai disconosciuto la sottoscrizione della scrittura del 2000 apposta dal suo rappresentante legale;

2) la GIMAR ha solo dedotto che essa scrittura era stata sottoscritta, ma erroneamente perchè il documento si riteneva di contenuto identico al precedente contratto del 1998:

3) quindi, la GIMAR deduceva una falsità ideologica che non è proponibile con la querela di falso, come è giurisprudenza costante di questa Corte, da cui non è il caso di discostarsi e che viene richiamata in sentenza e che va ribadita (Cass. n. 6959/99; Cass. n. 12834/99; Cass. n. 498/00);

4) il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in tema di foglio in bianco non era conferente;

5) il richiamo alla falsità materiale costituiva una mera ipotesi, che non era stata coltivata processualmente e comunque era rimasta sfornita di prova (p. 7-8 sentenza impugnata).

Dalla trascrizione della motivazione si evince che in nessun errore di diritto è incorso il giudice dell’appello nè si rinviene alcun vizio motivazionale, attesa la giurisprudenza ormai consolidata e costante in merito alla improponibilità della querela per falso ideologico e perchè in merito alla alterazione materiale si è concluso con duplice argomentare, ossia di mera ipotesi e comunque di carenza di prova.

4.-Il terzo motivo è inammissibile per difetto del prescritto quesito di diritto (v. p. 29 ricorso).

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

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