Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-11-2011) 28-11-2011, n. 44050 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza dell’11.3.2010 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Monza in data 11.6.2009, con la quale M.H., applicata la diminuente per la scelta del rito, era stato condannato alla pena di anni 11 di reclusione ed Euro 80.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 80, comma 2 "perchè, in concorso con B.H., trasportava, suddiviso in tavolette ed occultato all’interno di un autocarro, l’ingente quantitativo di 706 Kg di sostanza stupefacente di tipo hashish (contente tetraidrocannabinolo in misura media compresa tra il 3,4% ed il 10,7% per complessivi 47 Kg.)".

Dopo aver ricordato che il procedimento aveva preso avvio dal sequestro della sostanza stupefacente in data 17.3.2008, rinvenuta all’interno di un autocarro che non si era fermato all’alt imposto per un controllo da parte della Polizia di Cogliete, e che il veicolo, nel corso dell’inseguimento, si era ribaltato (uno degli occupanti, l’ H. era rimasto bloccato, mentre l’altro era riuscito a fuggire e, solo dopo accurate indagini, era stato identificato nel M.), la Corte di merito disattendeva l’eccezione di nullità del decreto di latitanza e del conseguente decreto di citazione a giudizio. Il decreto del GIP risultava adeguatamente motivato e con puntuale indicazione delle ricerche effettuate. Sicchè legittimamente il decreto di citazione a giudizio era stato notificato ai sensi dell’art. 165 c.p.p. al difensore nominato d’ufficio. Rilevava, altresì, la Corte che il presupposto per le notifiche ex art. 165 c.p.p. non è costituito dal verbale di vane ricerche, ma dal decreto di latitanza che è il risultato di una valutazione in ordine al carattere esauriente delle ricerche effettuate.

Quanto al "merito" riteneva la Corte che nessun dubbio potesse esservi in ordine alla individuazione del soggetto che si trovava a bordo del veicolo e che sì era dato alla fuga, essendo stato riconosciuto dal S., proprietario del veicolo, come colui al quale era stato dato in prestito il furgone (peraltro, a bordo del veicolo erano stati rinvenuti effetti appartenenti all’imputato, quali cellulari e chiavi dell’abitazione). Sussisteva poi l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2 per il dato ponderale della sostanza, il principio attivo riscontrato, il numero elevato di dosi ricavabili.

2) Ricorre per cassazione il M., a mezzo dei difensori.

L’avv. Marchese denuncia, con il primo motivo, la inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 295, 296, 125, 178, 179 e 185 c.p.p..

Nonostante le specifiche deduzioni contenute nei motivi di appello in relazione alla nullità dei decreto di latitanza ed alfa conseguente nullità del decreto di citazione a giudizio, la Corte territoriale si è limitata a rinviare al decreto medesimo. Tale decreto però rinviava, a sua volta, al verbale di vane ricerche, che non risulta allegato agli atti. La regolarità della dichiarazione di latitanza presuppone che siano effettuate le ricerche e che i giudici diano conto delle ragioni che inducono a ritenerle complete ed esaustive.

Il vaglio sulla dichiarazione di latitanza non è quindi avvenuto regolarmente, tenendo conto dell’art. 296 c.p.p., interpretato alla luce della modifica legislativa di cui all’art. 175 c.p.p. e dei principi dettati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Con il secondo motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità penale dell’imputato per il reato ascritto, non avendo la Corte minimamente argomentato in ordine alla tesi difensiva (il M. aveva sostenuto che nel periodo di riferimento, (OMISSIS), egli aveva lavorato per conto del S., con il furgone in cui era stato rinvenuto lo stupefacente, lasciandovi i suoi effetti personali). La Corte ha ritenuto sufficienti le dichiarazioni del S., effettivo utilizzatore del furgone (e quindi interessato), in ordine al prestito dello veicolo al M.. Le emergenze processuali sono quindi suscettibili di diversa interpretazione rispetto alla prospettazione accusatoria.

Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. L’avv. Filippo Viggiani, altro difensore dell’imputato, nel sottoscrivere e far proprio il ricorso dell’avv. Marchese, denuncia, a sua volta, con motivo unico la nullità del giudizio di primo grado per illegittima declaratoria di latitanza e/o erronea interpretazione dell’art. 165 c.p.p., art. 295 c.p.p., comma 2, art. 296 c.p.p., nonchè la illogicità della motivazione della sentenza impugnata. La Corte territoriale è incorsa in un grave equivoco circa il rapporto tra il decreto di latitanza ed il verbale di vane ricerche. Non ha tenuto conto, infatti, che ai fini della dichiarazione di latitanza è indefettibile il provvedimento del giudice che apprezzi la congruità e completezza delle ricerche. Nei caso di specie tale valutazione manca, essendosi il GIP limitato a ritenere "esaurienti le ricerche" e non essendo in atti il verbale di vane ricerche. Ritenere, poi, come assume, la Corte, esaurienti le ricerche perchè il GIP le ha ritenute tali, senza verificare se esse siano state effettuate ed in che modo, significa prendere atto acriticamente dell’operato del primo giudice.

3) I ricorsi sono fondati nel limiti di seguito indicati.

3.1) Non c’è dubbio alcuno che lo stato di latitanza non consegua alla redazione del verbale di vane ricerche di cui all’art. 295 c.p.p., ad opera della polizia giudiziaria, bensì al provvedimento del giudice che è il risultato di una valutazione di merito in ordine alla effettiva sussistenza di tale situazione (cfr.ex multis Cass.pen. sez. 6 n. 2541 del 26.11.2003). La dichiarazione dello stato di latitanza non è, infatti, una conseguenza automatica della redazione del verbale di vane ricerche, ma presuppone un apprezzamento del giudice in ordine alla ricorrenza di una situazione di irreperibilità volontaria della persona ricercata (Cass.sez.6 n.41762 del 15.10.2009). E’ altrettanto indubitabile, però, che il provvedimento che dichiara la latitanza presuppone il verbale di vane ricerche, che la polizia redige a seguito della mancata esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, indicando in modo specifico le indagini svolte nei luoghi in cui si presume che l’imputato possa trovarsi, senza essere vincolata quanto ai luoghi di ricerca, dai criteri indicati in tema di irreperibilità. Detto provvedimento è subordinato al ritenuto carattere esaustivo delle ricerche eseguite sulla base di una valutazione ispirata a un criterio di certezza "rebus sic stantibus", cioè con riferimento alla situazione concreta accertata in quel momento.." (Cass. pen. Sez. 6 n. 29702 del 10.4.2003; conf. Cass. pen. sez. 5 n. 4114 del 9.12.2009; Cass.sez.3 n.46983 del 15.10.2009). Tanto che l’erronea dichiarazione di latitanza dell’imputato, siccome fondata su un decreto invalido per assenza di ricerche, pur risultando dagli atti la stabile dimora all’estero dell’imputato medesimo, inficia la validità della citazione a giudizio che è da considerare "tamquam non esset" e travolge ogni atto successivo, imponendo la regressione del procedimento dinanzi al giudice dell’udienza preliminare.

(Cass.pen. sez. 1 n.17703 del 4.3.2010). 3.1.1) Con i motivi di appello si deduceva che le ricerche non erano state complete ed esaustive e che pertanto il GIP aveva erroneamente dichiarato lo stato di latitanza. Si chiedeva, quindi, alla Corte territoriale di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti la emissione del decreto di latitanza La Corte territoriale ha eluso completamente siffatta doglianza, essendosi limitata ad affermare, da un lato, che lo stato di latitanza non deriva dal verbale di vane ricerche, ma dal provvedimento del giudice che è il risultato di una valutazione di merito in ordine al carattere sufficientemente completo ed esauriente delle ricerche svolte, e, dall’altro, che il decreto di latitanza era privo di qualsiasi vizio in quanto adeguatamente motivato e con puntuale indicazione dell’effettuazione di esaurienti ricerche. Ha, però, incomprensibilmente, ritenuto che la valutazione del GIP si sottragga ad ogni controllo da parte dei giudici di merito. E che la Corte territoriale non abbia effettuato alcun controllo in ordine alla valutazione del GIP, nell’emettere il decreto di latitanza in data 13.5.2008, è attestato dal fatto che il verbale di vane ricerche redatto in data 8.5.2008 dai CC di Desio, richiamato nel decreto medesimo, non risulta presente nel fascicolo processuale (come si è accertato a seguito di ordinanza di questa Corte).

3.2) Rimanendo assorbita ogni altra doglianza, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

I Giudici del rinvio, acquisendo eventualmente, in parziale rinnovazione del dibattimento, presso il GIP o presso i Carabinieri di Desio, il sopra indicato verbale di vane ricerche, accerteranno se esse siano state complete ed esaustive, e quindi idonee 4 legittimare l’emissione del decreto di latitanza o se, comunque, sussisteva effettivamente una "situazione" di latitanza (cfr. Cass.pen.sez.6 n. 2541 del 26.11.2003). Tenendo conto, altresì, che per la volontarietà della sottrazione ad un provvedimento restrittivo della libertà personale, che caratterizza lo stato di latitanza, non è necessaria la conoscenza dell’avvenuta emissione di un tale provvedimento, ma è sufficiente che l’interessato si ponga in condizioni di irreperibilità, sapendo che quel provvedimento può essere emesso" (cfr. Cass. pen. Sez. 5 n.5157 del 26.2.1992; conf.

Cass. pen. sez. 5 n. 12619 del 2.3.2006).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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