Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-06-2012, n. 9713

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Catania ha parzialmente ridotto le somme che il Tribunale di Catania aveva condannato la s.p.a. Rete Ferroviaria Italiana (RFI) a pagare agli attori, L.A., L.G., C.C. e C.G., in risarcimento dei danni subiti a seguito di un grave incidente ferroviario verificatosi la notte del 21 novembre 1980 nei pressi di Lamezia Tenne, nel quale gli attori hanno riportato lesioni personali ed ha trovato la morte P.L., moglie di L.A. e madre di L.G..

I danneggiati propongono quattro motivi di ricorso per cassazione.

Resiste RFI con controricorso, proponendo un motivo di ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1.- Deve essere preliminarmente rilevata l’inammissibilità del controricorso e del ricorso incidentale, perchè tardivamente notificati oltre il termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ..

Il ricorso principale è stato notificato a mani presso il difensore domiciliatario di RTI costituito per il giudizio di appello, avv. Giovanni Ingrascì, il 22 settembre 2010.

Il termine per il deposito del ricorso principale veniva a scadere il 12 ottobre 2010 ed il termine per la richiesta di notifica del controricorso il 1 novembre 2010, lunedì, da prorogarsi al 2 novembre successivo, trattandosi di giorno festivo.

La notificazione del controricorso con il ricorso incidentale – avvenuta con lettera raccomandata ad opera del difensore di RFI, all’uopo autorizzato dall’Ordine degli avvocati di Roma, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 7 – è stata richiesta all’ufficio postale solo il 3 novembre 2010, quindi tardivamente.

Ne consegue che controricorso e ricorso incidentale si debbono ritenere come non proposti e non possono essere presi in esame.

2.- Il ricorso principale è stato invece tempestivamente notificato il 22 settembre 2010, entro il termine di un anno dalla data del deposito della sentenza impugnata (11 agosto 2009) e non notificata, al netto della sospensione feriale dei termini processuali.

E’ nella specie applicabile, infatti, il testo originario dell’art. 327 cod. proc. civ. – anteriore alla L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha ridotto a sei mesi il termine di decadenza dall’impugnazione della sentenza non notificata (art. 46) – essendo la nuova disposizione applicabile solo ai processi iniziati dopo l’entrata in vigore della legge stessa (cit. L. n. 69, art. 58, comma 1).

3.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 75, 77, 83, 157 e 182 cod. proc. civ., art. 2697 cod. civ., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, per avere la Corte di appello respinto la loro eccezione di inammissibilità dell’appello proposto da RFI, per mancanza di valida procura.

Rilevano che nell’atto di appello non è stata identificata la persona del rappresentante legale di RFI che ha conferito la procura all’avv. Giovanni Ingrascì e che nell’atto risulta indicato solo come il rappresentante legale in carica. Richiamano la giurisprudenza secondo cui la procura è invalida, qualora non sia rilevabile dall’intestazione dell’atto giudiziario il nome della persona che l’ha conferita (Cass. n. 27444/2005 ed altre).

Lamentano poi che la Corte di appello non abbia preso in esame la loro eccezione di difetto di legittimazione ad agire di RFI, per non avere la società fornito la prova della sua derivazione dall’ente inizialmente evocato in giudizio, nonostante la specifica contestazione di essi appellati.

3.- Il motivo è inammissibile perchè non autosufficiente.

I ricorrenti non hanno riportato nel ricorso il testo preciso della procura alle liti, conferita da RFI a margine dell’atto di appello, nè il testo dell’atto in cui è contenuta, si da consentire alla Corte di verificare se ivi figurino o meno le indicazioni che si assumono mancanti.

La Corte di appello ha motivato il rigetto dell’eccezione in base al rilievo che "…la procura all’avv. Ingrascì è stata conferita dal Dr. M.D., al quale l’amministratore delegato della s.p.a. RFI ha conferito, con la procura speciale del 25.3.2002, tutti i poteri di rappresentanza sostanziali e processuali".

Le notizie che i ricorrenti assumono mancanti risultano quindi essere state acquisite al giudizio. Ed è noto che, qualora la procura sia conferita a margine di un atto difensivo, essa non può ritenersi generica ove le specificazioni di cui si lamenta l’omissione siano contenute nell’atto a cui accede.

Quanto alla mancata indicazione del nome del rappresentante legale di RFI ed alla mancata documentazione del fatto che RFI è subentrata all’ente Ferrovie dello Stato, originaria convenuta, i ricorrenti non hanno specificato in quale data e tramite quali atti essi abbiano sollevato le suddette eccezioni, indicando se tali atti siano stati prodotti nel presente giudizio, come siano contrassegnati e come siano reperibili fra gli altri atti e documenti di causa, come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 6 (cfr. fra le tante, Cass. civ. 31 ottobre 2007 n. 23019; Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766; Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. civ. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161; Cass. civ. Sez. Lav, 7 febbraio 2011 n. 2966).

Le eccezioni sono comunque infondate, considerato che le notizie mancanti possono essere agevolmente tratte dalla pubblicità legale delle società commerciali (cfr. Cass. civ. S.U. 1 ottobre 2007 n. 20596; Cass. civ. Sez. 3, 12 gennaio 2007 n. 504: Idem 16 novembre 2007 n. 23819, ed altre).

Ed invero, la rappresentanza processuale delle persone giuridiche e la loro legittimazione – anche quando siano specificamente e tempestivamente contestate – debbono essere documentate ad opera della persona giuridica stessa, solo quando derivino da atti non soggetti a pubblicità legale; non invece quando i dati mancanti risultino dall’atto costitutivo, dallo statuto o da altri atti soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese, poichè in questi casi qualunque interessato ha la possibilità di controllare la conformità al vero di quanto dichiarato da chi si presenta come rappresentante legale, e l’onere di fornire la prova contraria grava su chi contesti la sussistenza dei poteri rappresentativi (Cass. civ. S.U. n. 20596/2007 cit., Cass. civ. Sez. 3, 21 ottobre 2009 n. 22287 e 26 aprile 2010 n. 9908, fra le tante).

4. – Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 1226 cod. civ., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, per avere la Corte di appello annullato la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha liquidato in via equitativa i danni da essi subiti per spese mediche e di cura, nell’importo forfetario del 10% dell’entità del danno biologico, a causa dell’impossibilità di esaminare analiticamente una documentazione prodotta in forma generica, alla rinfusa e senza una preventiva verifica istruttoria.

Assumono che la Corte di appello avrebbe dovuto confermare la valutazione equitativa, trattandosi di danni certi nella loro esistenza.

Il motivo non è fondato.

Correttamente ha rilevato la sentenza impugnata che il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa quando il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare; non allo scopo di supplire all’inadempimento delle parti all’onere su di esse gravante di dimostrare l’esistenza e l’entità dei danni.

E’ vero che le spese di cura costituiscono un danno certo, nei casi in cui l’illecito abbia arrecato lesioni, ma la relativa quantificazione può variare da un minimo ad un massimo, fino ad importi particolarmente elevati, ed è onere del danneggiato documentarne l’entità con la maggiore diligenza possibile.

5.- Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 cod. civ., nonchè omessa o contraddittoria motivazione, nella parte in cui la Corte di merito ha respinto il loro appello incidentale, tendente ad ottenere più cospicue somme in risarcimento dei danni biologici da inabilità temporanea e permanente e dei danni morali, omettendo di disporre la rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio e di valutare adeguatamente il danno subito da L.A. e G. per la perdita della rispettiva moglie e madre.

5.1.- Il motivo è inammissibile perchè esclusivamente fondato su censure in fatto, che riguardano l’attendibilità degli accertamenti peritali e censurano le valutazioni compiute dalla Corte di appello circa l’entità delle lesioni, riproponendo in questa sede di legittimità l’intero riesame del merito della controversia.

La sentenza impugnata ha congruamente e logicamente motivato la soluzione accolta, rilevando che gli appellanti incidentali non hanno rivolto censure specifiche alla relazione peritale, limitandosi a chiedere il pagamento di determinati importi senza esplicitare le ragioni che avrebbero dovuto condurre alla modificazione delle conclusioni raggiunte.

Anche in questa sede essi chiedono la riforma della sentenza impugnata non sulla base di vizi logici o giuridici intrinseci alle argomentazioni della sentenza impugnata, ma elencando a questa Corte la natura delle lesioni subite, al fine di sollecitare una diversa e più congrua valutazione dell’importo del danno risarcibile.

Chiedono cioè una nuova e diversa valutazione di merito in ordine all’entità dei danni, che è inammissibile in sede di legittimità (cfr. fra le tante, Cass. civ. 26 maggio 2005 n. 11197; 11 luglio 2007 n. 15489; 2 luglio 2008 n. 18119).

6.- Il quarto motivo – che lamenta violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito compensato per intero le spese del giudizio di appello – è inammissibile, sia per difetto di specificità, non essendo stato in alcun modo illustrato; sia perchè il giudizio sulla compensazione delle spese è rimesso alla discrezionalità del giudice e non è suscettibile di riesame in sede di legittimità, soprattutto in base al rito applicabile al presente giudizio, che neppure richiedeva una specifica motivazione sul punto (Cass. civ. 17 novembre 2006 n. 24495; Cass. civ. 6 ottobre 2011 n. 20457, fra le più recenti).

7.- Per concludere, il ricorso principale deve essere rigettato ed il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

8.- Tenuto conto della natura della controversia e degli interessi in discussione; considerato altresì che il controricorso è stato dichiarato inammissibile, sicchè l’attività difensiva della resistente si è limitata alla partecipazione all’udienza di discussione, le spese del presente giudizio si compensano per intero.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

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