Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-11-2011) 28-11-2011, n. 44009 Attenuanti comuni provocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 2/2/11 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza 31/3/10 del Gup del Tribunale di Palermo che in esito a giudizio abbreviato, con le attenuanti generiche e quella del danno risarcito equivalenti all’aggravante contestata dei rutili motivi, la continuazione e la diminuente del rito, condannava V.S. A. alla pena di anni 5 di reclusione per i reati (in (OMISSIS)) di tentato omicidio (capo A: reato più grave), porto ingiustificato di coltello (capo B) e minacce gravi (capo C).

I fatti, secondo le concordi dichiarazioni dei testi, originavano da una lite occorsa la sera del (OMISSIS) all’interno del circolo ricreativo (OMISSIS) tra l’odierno imputato e tale (OMISSIS), di nazionalità (OMISSIS). In un primo tempo la lite si era risolta in insulti e spinte reciproche, con il V. che minacciava di morte l’ A.: i due venivano tuttavia divisi dai presenti e la cosa finiva lì. Mentre l’ A. col suo gruppo faceva ritorno verso casa, era tuttavia raggiunto dal V. a bordo della propria auto: discesone, seguivano ancora reciproche offese e, mentre gli altri cercavano di divedere i contendenti, il V. estraeva un coltello e con quello colpiva alla testa l’ A.. Questi cadeva a terra e, mentre l’altro si allontanava con l’auto, la vittima veniva portata in ospedale a (OMISSIS) (e poi in quello di (OMISSIS), dove restava in prognosi riservata per due mesi). Quindi la denunzia e il processo.

L’imputato sosteneva di essere stato lui a venir intercettato dai romeni mentre dal bar dove era insorta la lite tornava a casa in macchina e di essere stato da loro aggredito. La tesi, priva di riscontro, non era creduta: tutti i testimoni, anche italiani amici del V. (due presenti al fatto e due da lui contattati la stessa notte), concordavano nella ricostruzione dei fatti accreditata della pubblica accusa). Ritenuto invece l’intento omicida. Quindi le conformi condanne di primo e secondo grado.

Ricorreva per cassazione la difesa dell’imputato, deducendo: 1) violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata qualificazione del fatto sub A come da lesioni personali (ricordati i fatti secondo la versione del V., era evidenziato l’intento difensivo della sua condotta – uno contro quattro – e comunque l’assenza in lui di ogni volontà omicida); 2) violazione di legge e vizio di motivazione, per le stesse ragioni, per il mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa; 3) violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della attenuante della provocazione; 4) violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata esclusione dell’aggravante dei futili motivi; 5) violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata prevalenza delle attenuanti sui futili motivi con conseguente irrogazione del minimo della pena.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG concludeva per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata sul punto della provocazione, la difesa presente per l’accoglimento del ricorso.

Il ricorso è parzialmente fondato.

Non lo è (dovendosi rigettare sul punto) in ordine alla qualificazione giuridica del fatto sub A, contestato e ritenuto in sentenza come tentato omicidio.

La versione, isolata e senza riscontro, resa dall’imputato (secondo cui sarebbe stato lui a venir intercettato ed aggredito dai romeni fuori dal bar dopo il primo scontro avvenuto all’interno), è smentita da tutti i testi, presenti (anche italiani, compaesani del V.: M.C. e G.G.) o de relato (dallo stesso V.: M.S. e D.G., ai quali egli narrava nell’immediatezza, dopo averli tirati giù dal letto, quanto era effettivamente successo quella sera all’esterno del locale).

Tanto premesso in ordine all’iniziativa dello scontro (conseguente l’esclusione anche della pretesa scriminante della legittima difesa), corretta la definizione giuridica del fatto data dal giudice di merito, sulla base non solo delle concordi testimonianze dei presenti (circa l’aggressione da parte del V. nei confronti dell’ A., nonostante la presenza con lui del fratello e un amico), ma anche delle risultanze di prova generica, secondo cui il pur unico colpo di coltello venne violentemente infetto dal V. al capo (cioè in sede vitale) dell’ A., con gravissime conseguenze per quest’ultimo, che rimaneva a lungo ricoverato in ospedale con prognosi riservata. Irrilevante, ai fini del compiuto tentativo, l’allontanamento dell’autore dalla scena del reato, la vittima a terra sanguinante e le persone che l’accompagnavano ancora potenzialmente reattive. Sottolineata dalla sentenza di appello anche la repentinità del gesto, il V. avendo sferrato il colpo a distanza ravvicinata dalla vittima dopo aver estratto il coltello dalla tasca dove lo teneva nascosto.

Esclusa, pertanto, sia l’ipotesi delle lesioni personali, sia pure aggravate, che quella (come detto) della legittima difesa (rispettivamente corrispondenti al primo e secondo motivo di ricorso).

Diversamente è a dirsi per la reclamata attenuante della provocazione ovvero della reazione in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui e, corrispondentemente, per la ritenuta aggravante dei motivi futili (terzo e quarto motivo di ricorso).

Invero il giudice di appello non si è soffermato a sufficienza sui punti in questione, limitandosi ad un incidentale richiamo (trattando della determinazione della pena) al "rancore nutrito dall’agente per un’offesa banale". In realtà non può ignorarsi che all’interno del bar il V. venne apostrofato dall’ A. (secondo quanto dall’ A. stesso riferito) di frasi ed epiteti di cui quello si era risentito: "sei come tuo padre" (certo non in senso elogiativo) e "stronzo". Secondo il V.: "tu sei più bastardo di tuo padre".

Se così è, entrambi i punti – provocazione e futili motivi – andavano più attentamente indagati, tenendo presente che, per costante giurisprudenza (v. Cass., 1, sent. n. 24683/08, rv. 240906, Iaria), le due circostanze in parola (l’attenuante della provocazione e l’aggravante dei futili motivi futili) sono incompatibili.

Assorbito il quinto motivo (prevalenza attenuanti e pena).

La sentenza impugnata va perciò annullata, limitatamente ai detti punti, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo. Il ricorso va rigettato nel resto.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante dei futili motivi e alla attenuante della provocazione e rinvia per nuovo giudizio su questi punti ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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