Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-06-2012, n. 9704 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12.5/26.8.2010 la Corte di appello di Roma confermava la decisione di primo grado che rigettava la domanda proposta da M.F. ai fini del riconoscimento del beneficio previdenziale di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, con conseguente ricostituzione del trattamento pensionistico.

Osservava la Corte territoriale che, in esito all’istruttoria disposta nel corso del giudizio, era rimasta indimostrata l’adibizione ultradecennale della lavoratrice a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno a causa della presenza nei luoghi di lavoro di una concentrazione di fibre di amianto tale da superare la soglia prevista dal D.L. n. 277 del 1991.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso M. F. con tre motivi.

Resiste con controricorso, illustrato con memoria, l’INPS.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente prospetta vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, osservando che la Corte territoriale aveva omesso di motivare in ordine ai rilievi svolti alla relazione di consulenza, con particolare riferimento alla carenza di specifica competenza tecnica dell’ausiliare nominato, alla mancata acquisizione di dati su campioni di area per il periodo antecedente al 1987, alle numerose neoplasie che avevano interessato i dipendenti dell’IMI. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 257 del 1992, art. 13 comma 8, D.Lgs. n. 277 del 1991) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed, al riguardo, osserva che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto la concessione del beneficio condizionata, oltre che ad una esposizione ultradecennale, al superamento anche di una specifica soglia di rischio, laddove la L. n. 257 del 1992, non contenendo alcun riferimento al D.Lgs. n. 277 del 1991, aveva attribuito il diritto alla supervalutazione contributiva a tutti i lavoratori già esposti, per come dimostrava pure la previsione del D.L. n. 269 del 1993, art. 47, conv. nella L. n. 326 del 2003, che tale concorrente requisito aveva ex uovo espressamente introdotto.

Con il terzo motivo viene denunciata, infine, violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., osservando che la Corte di merito, con erronea valutazione, aveva omesso di porre a fondamento del proprio convincimento il verbale dell’USL del 18.7.1987, che aveva disposto la decontaminazione dell’edificio, sebbene si trattasse di atto pubblico, assistito da presunzione di legittimità ed avente l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2700 c.c..

2. Il primo motivo è infondato.

Giova, al riguardo, preliminarmente ribadire come, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, il controllo del giudice del merito sui risultati dell’indagine svolta dal consulente tecnico d’ufficio si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, se assistito da motivazione sufficiente (v. ad es. Cass. n. 19661/2006), e che rientra, in particolare, nei poteri discrezionali dello stesso la valutazione dell’opportunità di disporre indagine tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in tutto, le indagini già espletate (cfr. ad es Cass. n. 27427/2008).

Nel caso in esame, la Corte territoriale, dopo aver dato atto della "particolare esperienza nella materia" del consulente nominato, ha puntualmente richiamato le valutazioni tecniche dallo stesso operate (e dalle quali conclusivamente era emerso che, nel periodo in cui il ricorrente aveva lavorato nell’edificio di (OMISSIS), le condizioni di potenziale inquinamento "corrispondevano a concentrazioni ambientali di amianto comprese tra zero e poche unità di fibre per litro d’aria" e che tali condizioni, sulla base delle numerose indagini tecniche al tempo espletate, non si erano modificate neppure durante i lavori di bonifica dell’amianto), ed ha, altresì, rilevato che le censure mosse dal ricorrente si fondavano su argomentazioni che risultavano "già contraddette dalle osservazioni di cui alle pagine 21 e 22 di detta relazione".

A fronte di tali considerazioni, che danno conto della adeguatezza della motivazione adottata dai giudici di appello e del vaglio critico dagli stessi operato sulle indagini tecniche espletate, il ricorrente, pur lamentando la mancata considerazione dei propri rilievi, nemmeno ha documentato, per come era pur imposto dal canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, il contenuto delle osservazioni richiamate dalla Corte territoriale, e dalla medesima ritenute idonee a superare le contestazioni prospettate, nè, tanto meno, ha documentato di aver contestato, già al momento della sua nomina, il difetto di "competenza specialista"del consulente d’ufficio.

Ne deriva che la decisione impugnata, in quanto idonea ad individuare le fonti del proprio convincimento e a giustificare in modo logicamente plausibile la decisione, non risulta, con riferimento al motivo in esame , sindacabile in sede di legittimità.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Il motivo, infatti, contrasta con consolidati precedenti di questa Suprema Corte, ed, in particolare, con l’arresto che il disposto della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, deve essere interpretato nel senso che il beneficio pensionistico ivi previsto spetta unicamente ai lavoratori che, in relazione alle lavorazioni cui sono stati addetti e alle condizioni dei relativi ambienti di lavoro, abbiano subito per più di dieci anni (periodo in cui vanno valutate le pause fisiologiche, quali riposi, ferie e festività) una esposizione a polveri di amianto superiori ai limiti previsti dal D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 (v. ex multis ad es. Cass. n. 12866/2007; Cass. n. 27451/2006; Cass. 16119/2005; Cass. n. 17988/2010; Cass. (ord) n. 21089/2010).

Questa linea interpretativa (che si collega con l’orientamento del giudice delle leggi, che ha ripetutamente rilevato che la norma in esame ha una portata precettiva delimitata dalla previsione del periodo temporale minimo di esposizione a rischio e dalla riferibilità a limiti quantitativi inerenti alle potenzialità morbigene dell’amianto contenuti nel D.Lgs. n. 277 del 1991, e succ. mod.: sent n. 5/2000 e n. 434/2002) si riconnette all’esigenza di individuare una soglia di esposizione al rischio che valga a dare concretezza alla nozione di esposizione all’amianto presa in considerazione dalla disposizione di legge, che non contiene, nella mera formulazione letterale, quegli elementi di delimitazione del rischio, quali sono, invece, rappresentati, nella previsione del comma 6, dal particolare tipo di lavorazione (nelle cave o nelle miniere di amianto), o, in quella del comma 7, dalla insorgenza di una malattia professionale correlata all’esposizione stessa.

In tal contesto, si è, quindi, precisato, con orientamento che può ritenersi ormai acquisito, che, del riferimento complessivo al D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31, è rilevante in concreto il dato emergente dalla prima norma, la quale indica (o meglio, indicava, stante l’abrogazione di tutto il capo 3^ del D.Lgs. n. 277 del 1991, comprendente sia l’art. 24 che l’art. 31, da parte del D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, art. 5, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2003/18/CE del 27 marzo 2003, inserendo la novellata disciplina nel D.Lgs. n. 626 del 1994) il valore di 0,1 fibre di amianto per centimetro cubo, in rapporto ad un periodo lavorativo di otto ore, quale soglia il cui superamento implica la valutazione della relativa posizione di lavoro come esposta ad un rischio qualificato e concreto, richiedente l’adozione di apposite misure di prevenzione e monitoraggio (quali l’obbligo di notifica all’organo di vigilanza, l’informazione periodica al lavoratore circa i rischi, la delimitazione dei luoghi esposti al rischio, con restrizione di accesso ai medesimi e messa a disposizione in favore dei lavoratori dei mezzi individuali di protezione, la misurazione periodica dei livelli di esposizione, l’apprestamento di particolari misure in ordine agli indumenti di lavoro) (v. ad es. Cass. n. 16256/2003;

Cass. n. 16119/2005; Cass. n. 400/2007; Cass. n. 18495/2007; Cass. n.29660/2008; Cass. n. 849/2009; Cass. 4650/2009 ed ult. cit.).

Merita soggiungere che il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 59 decies, introdotto dal D.Lgs. n. 257 del 2006, art. 2, ha ormai fissato (in attuazione della già rammentata direttiva comunitaria) nel valore di 0,1 fibre per centimetro cubo il limite massimo di esposizione ad amianto.

E che la stessa soglia è stata recepita, con utilizzazione di una diversa unità di misura, dal D.L. n. 269 del 2003, art. 47 (conv.

con modificazioni nella L. n. 326 del 2003 e la cui portata è stata ulteriormente precisata dalla L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132), che, se ha modificato ratione temporis la portata e la misura del beneficio contributivo accordato, ha, comunque, confermato la necessità, anche con riferimento al periodo pregresso, di una soglia di esposizione quantitativamente precisata (cfr. Cass. 21257/2004;

Cass. n. 400/2007).

Alla luce di tali precedenti, il ricorso non offre elementi per non dare continuità all’orientamento già espresso dalla Corte.

4. Nel rigetto dei precedenti motivi resta assorbito l’esame dell’ultimo mezzo di impugnazione, il quale evidenzia, comunque, anche un vizio di autosufficienza, per fondarsi lo stesso sulla asserita inadeguata valutazione di atti, il cui contenuto non risulta documentato, in seno al ricorso, attraverso idonea trascrizione.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla sulle spese, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., e nel testo (anteriore alla novella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, entrato in vigore il 2.10.2003) vigente ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

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