Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-06-2012, n. 9702 Rivalutazione monetaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 9.12.2008/15.1.2009 la Corte di appello di Reggio Calabria confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato il diritto di G.C. alla rivalutazione sulla base degli indici ISTAT dell’assegno percepito quale lavoratrice addetta a lavori di pubblica utilità.

Osserva in sintesi la corte territoriale che, sebbene il D.Lgs. n. 280 del 1997, nel definire in via generale i settori ove dovevano attivarsi i lavori di pubblica utilità, avesse rinviato per le modalità di attuazione dei relativi progetti a quelle stabilite dal D.L. n. 510 del 1996 conv. nella L. n. 608 del 1996, tuttavia, a seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 468 del 1997 (il cui art. 1 ricomprende anche i lavori di pubblica utilità fra le attività oggetto di lavori socialmente utili, regolando, all’art. 2, le relative modalità di attuazione), era stata introdotta una definizione di portata generale della fattispecie dei lavori socialmente utili, sicchè l’assegno stabilito per i lavori socialmente utili dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 3 (elevato a L. 850.000 dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9) doveva riconoscersi anche agli addetti a lavori di pubblica utilità.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’INPS con un unico motivo.

Non ha svolto attività difensiva l’intimata.

Motivi della decisione

1. Con un unico motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’Istituto lamenta violazione del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, del D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3, comma 3, del D.L. n. 510 del 1996, art. 1, comma 3, conv. nella L. n. 608 del 1996 ed, al riguardo, rileva che, operando il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3 un rinvio recettizio alla disciplina del sussidio per i lavori socialmente utili (e precisamente al D.L. n. 510 del 1996, art. 1, comma 3), non risulterebbe consentito far riferimento alle norme che a quest’ultima sono succedute e che hanno riconosciuto ai lavoratori, in luogo del sussidio, un assegno, rivalutabile in relazione alla svalutazione monetaria.

2. Il ricorso è infondato.

In proposito questa Corte Suprema ha già avuto modo di statuire (cfr. Cass. n. 27432/2011 e Cass. n. 1461/2011) che, in tema di lavori socialmente utili, il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 1, fornisce una definizione di portata generale dei LSU, comprensiva delle varie attività che hanno ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, nonchè dei lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in particolari bacini di impiego. Ed invero il suddetto decreto legislativo, all’art. 1, definisce come lavori socialmente utili le attività che hanno ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti; ne distingue le diverse tipologie, prevedendo "lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione, in particolare in nuovi bacini di impiego, della durata di 12 mesi", "lavori socialmente utili mirati alla qualificazione di particolari progetti formativi volti alla crescita professionale in settori innovativi, della durata massima di 12 mesi", "lavori socialmente utili per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, della durata di 6 mesi", "prestazioni di attività socialmente utili da parte di titolari di trattamenti previdenziali".

All’art. 2, in particolare, vengono definiti i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità e se ne specificano gli ambiti in relazione alla cura della persona, all’ambiente e al territorio, allo sviluppo rurale, montano e idrico, al recupero e alla riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali; l’art. 13, infine, dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni in contrasto con il decreto, con particolare riguardo a quelle contenute nel D.L. n. 510 del 1996, art. 1, convertito in L. n. 608 del 1996. Com’è evidente, la definizione contenuta nel D.Lgs. n. 468 del 1997, ha una portata generale e ciò spiega la sovrapponibilità dei settori di attività previsti per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2 e quelli oggetto di "lavori di pubblica utilità" secondo il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3.

Ne consegue che il rapporto tra il disposto di cui al D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2 – che delinea i settori di attività per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" – e quello di cui al D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3 – diretto ad individuare i "lavori di pubblica utilità" in funzione della creazione di occupazione in uno specifico bacino di impiego – si configura in termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati, all’interno di una medesima tipologia di attività e di una medesima finalità del legislatore, connessa ad intenti di inserimento nel mondo del lavoro.

Ne consegue che l’incremento dell’assegno, nella misura e nei termini determinati dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, trova applicazione anche per i lavori di pubblica utilità previsti dal D.Lgs. n. 280 del 1997.

D’altronde, l’identità strutturale dei lavori di pubblica utilità previsti nei due decreti legislativi sottrae rilievo all’argomento utilizzato dall’Istituto ricorrente in relazione ad un asserito rinvio "statico" – contenuto nel D.Lgs. n. 280 del 1997 – alle modalità di attuazione previste nel D.L. n. 510 del 1996, convertito in L. n. 608 del 1996.

Ed ancora, l’intento del legislatore di riferirsi, quanto alle predette modalità, non già ad una determinata disciplina, ancorchè poi abrogata, ma alla disciplina normativa così come eventualmente modificata nel tempo, è reso evidente, sul piano sistematico, dalla mancanza di ragioni tali da giustificare l’eventuale disparità di trattamento fra prestazioni relative a progetti aventi uguale funzione e identico contenuto.

3. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Non è dovuta pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *