Cass. civ. Sez. V, Sent., 15-06-2012, n. 9903

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 113/01/06, depositata il 17.5.2006, la CTR del Lazio ha rigettato l’impugnazione proposta dalla S.r.l. SPOT Pubblicità nei confronti del Comune di Roma e della Banca Monte Paschi di Siena, concessionaria del servizio di riscossione dei tributi della Provincia di Roma, avverso la cartella di pagamento relativa ad imposta sulla pubblicità per l’anno 1999. I giudici d’appello, per quanto ancora interessa, hanno considerato che: 1) Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11 autorizzava il dirigente del servizio Affissioni e Pubblicità a rappresentare l’Amministrazione; 2) il termine per la costituzione in giudiziosi cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 non era stabilito a pena d’inammissibilità; 3) la cartella era stata preceduta dalla notifica dei relativi avvisi d’accertamento, come documentato in atti, e conteneva tutti gli elementi idonei ad individuare il carico fiscale; 4) non era necessaria la sottoscrizione della cartella stessa; 5) l’iscrizione a ruolo era tempestiva, essendo stati rispettati i termini di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5.

La S.r.l. SPOT Pubblicità ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, in base a sei motivi.

Il Comune di Roma resiste con controricorso.

La Banca Monte Paschi di Siena non ha depositato controricorso.

Motivi della decisione

1. Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità della produzione documentale depositata dalla ricorrente alla pubblica udienza: non solo, infatti, non risultano osservate le forme di cui all’art. 372 c.p.c., comma 2, (ed il Comune non è intervenuto in udienza, cfr., in proposito, Cass. SU n. 450 del 2000, n. 529 del 2003; n. 14657del 2009), ma i documenti non attengono, neppure in astratto, all’ammissibilità del ricorso per l’intervenuto perfezionamento della procedura di definizione agevolata, di cui alla Delib. n. 31 del 2009 del CC di Roma, trattandosi delle domande di definizione della lite pendente e di alcuni versamenti, sui quali non consta che il Comune abbia deliberato; nè tale carenza può esser supplita in questa sede, dovendo la veridicità dei dati in esse assunti e la correttezza dei versamenti effettuati esser valutate, in base all’art. 7 della citata Delib. n. 31 del 2009, dai "competenti Uffici dell’Amministrazione Comunale" e dovendo il buon esito della procedura constare, giusta il disposto del precedente art. 5, da un atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio debitamente sottoscritto dalla controparte, per accettazione della richiesta di compensazione delle spese, e, cioè, mediante la presentazione di un atto proveniente dalle parti a ciò legittimate.

2. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11 come novellato dalla L. n. 88 del 2005, e art. 75 c.p.c., la ricorrente si duole che la CTR ha ritenuto valida la costituzione in giudizio del funzionario del servizio AA.PP., senza tener conto che, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50 la rappresentanza processuale va riconosciuta, solo, al Sindaco, a nulla rilevando le previsioni statutarie, e senza considerare che il funzionario costituitosi non era neppure il dirigente dell’Ufficio Tributi comunale, unica figura contemplata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11 nel testo novellato dalla disposizione della L. n. 88 del 2005, art. 3 bis.

2.1. Il motivo è infondato.

Il D.L. n. 44 del 2005, art. 3 bis, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 88 del 2005, in vigore dal 1.6.2005, sostituendo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 3, dispone che l’ente locale, nei cui confronti è proposto il ricorso, può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi (o, in mancanza di tale figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa comprendente l’ufficio tributi). Il comma 2 dell’art. 3 bis, in esame, estende, poi, ai processi in corso, come il presente, la suddetta disposizione, restando, in conseguenza, acclarata la legittimazione processuale dei dirigenti locali ad intervenire nei giudizi innanzi alle commissione tributarie, sia di primo grado che d’appello.

2.2. Deve, peraltro, rilevarsi che già lo Statuto del Comune di Roma, (approvato con Delib. Consiliare 17 luglio 2000, n. 122 e successivamente integrato con Delib. 19 gennaio 2001, n. 22), atto normativo di rango paraprimario o sub primario (Cass. SU n. 12868 del 2005), dopo aver previsto, all’art. 24, comma 1, che "Il Sindaco è l’organo responsabile dell’amministrazione del Comune e rappresenta l’Ente", ha espressamente riconosciuto la rappresentanza a stare in giudizio dei dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, stabilendo, appunto, all’art. 34, comma 4, che "I Dirigenti promuovono e resistono alle liti anche in materia di tributi comunali ed hanno il potere di conciliare e transigere". Va, da ultimo, evidenziato che la questione secondo cui il funzionario costituitosi non sarebbe il dirigente dell’Ufficio Tributi del Comune, è inammissibile perchè introduce un tema d’indagine nuovo, privo di autosufficienza (il ricorso non specifica neppure quale soggetto avrebbe firmato e la relativa posizione nella pianta organica comunale), che, per di più, implica un’indagine di fatto, preclusa in sede di legittimità.

3. Col secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23, 56 e 57 deducendo l’inammissibilità delle eccezioni nuove proposte dal Comune di Roma, che all’atto della propria costituzione in primo grado non aveva avanzato "le questioni successivamente costituenti i motivi della propria difesa".

3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza: la ricorrente non esplicita, in alcun modo, l’oggetto delle asserite nuove difese e delle nuove eccezioni che il Comune avrebbe formulato tardivamente in primo grado, o in appello, precisazione tanto più necessaria, tenuto conto che la tardività della costituzione in giudizio del resistente (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23) preclude, appunto, la facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, oltre che di chiamare terzi in causa, ma non di svolgere altro tipo di difese (Cass. n. 18962 del 2005) e che, correlativamente, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, riguarda le eccezioni in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perchè le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso tecnico (Cass. n. 3338 del 2011).

4. Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 9 e 10 del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25 la ricorrente afferma che "è palese la grave lacunosità della cartella notificata", non avendo la difesa avversaria dimostrato, neanche in giudizio, "l’osservanza delle modalità e termini imposti dal legislatore per il legittimo esercizio dell’attività di accertamento e di riscossione del tributo". La ricorrente lamenta, in particolare, la cartella non riporta se l’iscrizione a ruolo è avvenuta per accertamenti effettivamente notificati al contribuente e quindi definitivi o non definitivi", accertamenti che non constava esser stati notificati e che andavano in ogni caso rimessi unitamente alla cartella al momento della sua notifica. Sotto altro profilo, prosegue la ricorrente, il Comune non aveva allegato e dimostrato il rispetto dei termini per la tempestiva iscrizione a ruolo del tributo e tanto meno quello della notifica della cartella.

5. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’omessa e/o insufficiente motivazione circa l’avvenuta notifica della cartella, affermata dalla CTR nonostante emergesse ex actis "l’inesistenza e/o nullità della notifica per estraneità del luogo di consegna degli avvisi" assolutamente diverso dalla sede della società indicata nel corpo degli stessi avvisi di accertamento" e consegnati a persona sconosciuta.

6. Con il quinto motivo, la ricorrente deduce, nuovamente, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 9 e 10 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 ribadendo che, in assenza di emissione e notifica del prodromico avviso d’accertamento, l’esecuzione esattoriale è illegittima.

7. I motivi che, per le evidenti connessioni, vanno congiuntamente esaminati, sono infondati.

7.1. L’impugnata sentenza ha affermato che "la cartella de qua è stata preceduta dalla notifica di tutti gli avvisi d’accertamento che compongono il carico fiscale, come documentalmente provato dal Comune resistente". Tale accertamento non risulta validamente inciso col quarto motivo, che, inammissibilmente, introduce circostanze fattuali nuove (riferite al luogo di notifica asseritamente non coincidente con l’ubicazione della sede legale, poi trasferita), è privo di autosufficienza (non sono trascritte le relate asseritamente invalide, e non è neppure specificato chi abbia ricevuto gli avvisi) ed omette, pure, di concludere la censura con la doverosa formulazione del momento di sintesi, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

7.2. Così convenendo, il quinto motivo, che presuppone nuovi e diversi accertamenti di fatto, resta assorbito.

7.3. In relazione al terzo, va osservato che la sentenza afferma che "la cartella esattoriale in contestazione contiene tutti gli elementi idonei ad individuare il carico fiscale, con riguardo al canone di concessione e agli avvisi d’accertamento dell’imposta sulla pubblicità, l’anno di riferimento, il ruolo relativo e la data in cui si è reso esecutivo, nonchè l’importo conseguente". Tale accertamento non può esser messo in discussione, non essendo stato censurato sotto il profilo del vizio di motivazione, ed il motivo è, inoltre, privo di autosufficienza, non avendo la ricorrente provveduto a trascrivere il contenuto della cartella stessa, asseritamente carente dei suoi elementi essenziali.

7.4. Ad abundantiam, deve aggiungersi che la notifica degli atti prodromici deve esser effettuata per gli atti d’accertamento (e ad essi si riferisce Cass. n. 4989 del 2003, richiamata dalla ricorrente), mentre per quel che riguarda le cartelle esattoriali, l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione è rispettata quando esse contengano "il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa" (così Cass. n. 11466 del 2011).

7.5. La sentenza ha, inoltre, ritenuto che i termini per l’iscrizione a ruolo della cartella, di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 sono stati rispettati. Neppure tale accertamento è stato censurato, sotto il profilo del vizio di motivazione, dalla ricorrente, che si è limitata a contrapporre il suo contrario assunto, senza peraltro indicare, come avrebbe dovuto, date diverse da quelle considerate al riguardo dal giudice del merito.

7.6. La questione del rispetto dei termini di decadenza riferiti alla data di notifica della cartella, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25 non risulta, invece, affrontata dalla CTR. Ci si deve, quindi, domandare se questa censura sia stata fatta dalla ricorrente già in sede di merito, quando, con quali atti e con quali argomentazioni.

Poichè tutto ciò non è stato specificato nel ricorso, il profilo in esame è privo di autosufficienza ed è, pertanto, inammissibile.

8. Col sesto motivo, deducendo, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12 la ricorrente afferma che la cartella è illegittima perchè carente della sottoscrizione e priva, pure, dell’indicazione del funzionario responsabile. Il motivo è, in parte, infondato, ed, in parte, inammissibile.

8.1. Questa Corte ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 4757 del 2009) che la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta alcuna invalidità dell’atto, la cui esistenza dipende, invece, dal fatto che esso sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo.

8.2. La questione relativa alla mancata indicazione del funzionario responsabile non risulta trattata nella sentenza, essa è perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, alla stregua delle considerazioni svolte al punto 7.6.

9. Il ricorso va, in conclusione rigettato.

10. La Corte ravvisa giusti motivi, in considerazione della natura della lite e della peculiarità della fattispecie, per compensare, tra le parti, le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, e compensa le spese.

Così deciso in Roma, 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012
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