Cass. civ. Sez. V, Sent., 15-06-2012, n. 9901

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 11/02/06, depositata il 17.2.2006, la CTR del Lazio, giudicando sull’impugnazione proposta dal Comune di Roma, nei confronti della SPOT Snc di Pettarelli Maurizio, avverso la sentenza con cui la CTP di Roma aveva annullato sette cartelle di pagamento relative ad imposta sulla pubblicità per l’anno 1994, ha dichiarato inammissibile l’appello, perchè sottoscritto dal Direttore del Servizio e non dal Sindaco o dal Vice Sindaco.

Il Comune di Roma ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, in base a due motivi. La S.r.l. SPOT Pubblicità, qualificandosi successore della Società contribuente, resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Va, preliminarmente, esaminata l’eccezione con cui la controricorrente ha affermato l’inammissibilità del ricorso, perchè proposto nei confronti della SPOT Snc di Pettarelli Maurizio, soggetto giuridico ormai inesistente, per essere intervenuta, già nell’anno 2003, la trasformazione di detta Società nella SPOT Pubblicità S.r.l..

1.1. L’eccezione è infondata. La giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 26826 del 2006; n. 3269 del 2009; n. 13467 del 2011) ha, infatti, chiarito che la trasformazione di una società commerciale in una società di altro tipo non determina la creazione di un soggetto diverso da quello originario, ma configura una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, che comporta, solo, una variazione di assetto e di struttura organizzativa, ma non incide sui rapporti sostanziali e processuali facenti capo all’originaria organizzazione societaria.

2. Sempre in via preliminare, va rilevata l’inammissibilità della produzione documentale depositata dalla controricorrente alla pubblica udienza: non solo, infatti, non risultano osservate le forme di cui all’art. 372 c.p.c., comma 2, (ed il Comune non è intervenuto in udienza, cfr., in proposito, Cass. SU n. 450 del 2000, n. 529 del 2003; n. 14657del 2009), ma i documenti non attengono, neppure in astratto, all’ammissibilità del ricorso per l’intervenuto perfezionamento della procedura di definizione agevolata, di cui alla Delib. n. 31 del 2009 del CC di Roma, trattandosi delle domande di definizione della lite pendente e di alcuni versamenti, sui quali non consta che il Comune abbia deliberato; nè tale carenza può esser supplita in questa sede, dovendo la veridicità dei dati in esse assunti e la correttezza dei versamenti effettuati esser valutate, in base alla citata Delib. n. 31 del 2009, art. 7 dai "competenti Uffici dell’Amministrazione Comunale" e dovendo il buon esito della procedura constare, giusta il disposto del precedente art. 5, da un atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio (nella specie del Comune ricorrente) debitamente sottoscritto dalla controparte, per accettazione della richiesta di compensazione delle spese, e, cioè, mediante la presentazione di un atto proveniente dalle parti a ciò legittimate.

3. Col primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 345 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 per avere la CTR esaminato l’eccezione relativa al vizio di rappresentanza in giudizio del Comune, che la Società aveva sollevato, solo, in seno alla memoria illustrativa.

3.1. Il motivo è infondato: il divieto di cui alle invocate norme riguarda, infatti, le eccezioni in senso stretto, e non le mere difese volte a sollecitare il potere del giudice di procedere alla valutazione delle questioni rilevabili ex officio, quale la legittimazione processuale della parte appellante, che costituisce un’indagine essenziale ai fini della valutazione della regolarità della costituzione del rapporto processuale d’appello.

4. Col secondo motivo, deducendo vizio di motivazione nonchè violazione e falsa applicazione della L. n. 88 del 2005, art. 3 bis il ricorrente afferma che la CTR ha errato nel dichiarare inammissibile l’appello, tenuto conto che, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11 nel testo novellato dal citato art. 3 bis, la legittimazione processuale compete, anche, al dirigente dell’Ufficio.

4.1. Il motivo è fondato. Il D.L. n. 44 del 2005, art. 3 bis, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 88 del 2005, in vigore dal 1.6.2005, sostituendo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 3, dispone che l’ente locale, nei cui confronti è proposto il ricorso, può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi (o, in mancanza di tale figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa comprendente l’ufficio tributi). Il comma 2 dell’art. 3 bis, in esame, estende, poi, ai processi in corso, come il presente, la suddetta disposizione, restando, in conseguenza, acclarata la legittimazione processuale dei dirigenti locali ad intervenire nei giudizi innanzi alle commissione tributarie, sia di primo grado che d’appello.

4.2. Sotto altro profilo, va rilevato che le SU di questa Corte, con la sentenza n. 12868 del 2005, hanno affermato il principio secondo cui, nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune – ed anche il regolamento cui lo statuto contenga un espressamente rinvii – può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico – amministrativa del Comune. E lo statuto del Comune di Roma, approvato con Delib. Consiliare 17 luglio 2000, n. 122 (successivamente integrato con Delib. 19 gennaio 2001, n. 22), dopo aver previsto, all’art. 24, comma 1, che "Il Sindaco è l’organo responsabile dell’amministrazione del Comune e rappresenta l’Ente", stabilisce, all’art. 34, comma 4, che "I Dirigenti promuovono e resistono alle liti anche in materia di tributi comunali ed hanno il potere di conciliare e transigere". Peraltro, con specifico riferimento alla materia tributaria, il regolamento approvato con Delib. di giunta del 25 febbraio 2000, n. 130, (disciplina interna del contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie), dispone, all’art. 3, che "i dirigenti hanno il potere di decisione autonoma sulla scelta di resistere, intervenire e agire nei giudizi dinanzi alle commissioni tributarie, valutando tutti gli aspetti della controversia in fatto e in diritto, e il potere di rappresentanza diretta del comune sottoscrivendo gli atti processuali" (cfr. in proposito, Cass. 1915 del 2007).

5. La sentenza,che non si è attenuta al suddetto principio va, in conseguenza, cassata, restando assorbito il dedotto vizio di motivazione f con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per l’esame delle censure dedotte in seno all’atto d’appello e per provvedere, anche alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

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