Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-10-2011) 28-11-2011, n. 44037 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 5 novembre 2009 la Corte di Appello di Napoli rigettava la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da A.A., il quale era stato sottoposto a misura cautelare carceraria dal 22.3.2005 al 24.5.2005 e dal 31.05.2005 al 9.08.2005, in riferimento alla contestata violazione della disciplina in materia di sostanze stupefacenti, e quindi assolto dal G.i.p di Torre Annunziata con sentenza del 19.04.2006, per insussistenza del fatto.

La Corte territoriale rilevava che l’assoluzione del richiedente era stata determinata dalla inutilizzabilita delle operazioni di intercettazione riguardanti le conversazioni intercorse tra A.A. ed il fornitore all’ingrosso della cocaina, I.P.; non di meno, il Collegio evidenziava che risultava incontroverso che fosse intervenuto un intenso susseguirsi di contatti telefonici tra i due, come pure ammesso da I..

Il Giudice della riparazione riteneva, conclusivamente, che il ridetto anomalo traffico telefonico costituisse comportamento ostativo al riconoscimento dell’equa riparazione, anche in considerazione del fatto che A. in sede di interrogatorio si era avvalso della facoltà di non rispondere.

2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del difensore, deducendo, con il primo motivo, la violazione degli artt. 314 e 315 c.p.p..

L’esponente rileva che la Corte di Appello ha fondato la valutazione in ordine alla sussistenza della colpa grave del richiedente, ostativa al riconoscimento dell’equa riparazione, sulla base del contenuto delle conversazioni intercettate. Assume la parte che la Corte territoriale abbia violato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali la colpa grave non può fondarsi sulla rilettura di atti di indagine dichiarati inutilizzabili. Oltre a ciò, la parte rileva che l’ordinanza impugnata risulta illegittima, atteso che la Corte territoriale ha negato l’indennizzo, anche in considerazione del fatto che l’imputato si era avvalso della facoltà di non rispondere.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia il vizio motivazionale, atteso che la Corte di Appello non ha spiegato in che modo l’ A. avrebbe concretamente contribuito alla erronea emissione nei sui confronti del titolo cautelare.

3. Il Procuratore Generale, richiamato l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla inutilizzabilità nel giudizio ripa rato rio delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili dal giudice di merito, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito in giudizio, con memoria dell’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile ovvero respinto.

Motivi della decisione

5. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.

5.1 Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di "causa ad effetto" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del 26/06/2002, dep. 15/10/2002, Rv. 222263).

5.2 Nel caso di specie, la Corte territoriale, dopo avere rilevato che il giudice della riparazione deve valutare, con giudizio ex ante, se al momento della adozione della misura cautelare sussistevano gravi indizi di reato e se tali indizi risultano addebitabili allo stesso richiedente, per dolo o colpa grave, ha considerato che detta valutazione poteva avvenire utilizzando il dato relativo ai contatti telefonici intercorsi tra il richiedente ed altro soggetto. La Corte di Appello ha pure evidenziato che il giudice del merito aveva dichiarato l’inutilizzabilità delle effettuate intercettazioni; non di meno, ha qualificato come anomalo il traffico telefonico intercorso tra A. e I. ed ha ritenuto detta evenienza ostativa al riconoscimento dell’indennizzo.

5.3 Orbene, il ragionamento della Corte di Appello – fondato sulla distinzione tra traffico telefonico e risultati delle operazioni di intercettazione – non appare conferente, rispetto ai principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, con specifico riferimento all’utilizzabilità dei risultati delle operazioni di intercettazioni dichiarati inutilizzabili dal giudice di merito, nell’ambito del procedimento volto alla riparazione per l’ingiusta detenzione subita.

Giova, sul punto, evidenziare che le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, dopo avere considerato che "l’inutilizzabilità colpisce non l’intercettazione in quanto mezzo di ricerca della prova, bensì i suoi risultati, che a loro volta possono rivestire sia la natura di prova, tipica della fase del giudizio, sia quella di indizio, tipica della fase delle indagini preliminari ; e che "…ciò non altro può significare che, al cospetto di intercettazioni eseguite fuori dei casi previsti dalla legge ovvero in violazione dell’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, si versa in ipotesi di chiara "illegalità", al di là della sanzione che il legislatore denomina inutilizzabilità, donde la condivisibile affermazione che, costituendo la disciplina delle intercettazioni concreta attuazione del precetto costituzionale, in quanto attuativa delle garanzie da esso richieste a presidio della libertà e della segretezza delle comunicazioni, la sua inosservanza deve determinare la totale "espunzione" del materiale processuale delle intercettazioni illegittime, che si concreta nella loro giuridica inutilizzabilità e nella "fisica eliminazione", hanno affermato il seguente principio di diritto: "l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale, ha effetti anche nel giudizio promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 1153 del 30/10/2008, dep. 13/01/2009, Rv. 241667).

Orbene, la Corte di Appello di Napoli ha valorizzato un dato – il traffico telefonico ritenuto anomalo – che emergeva in realtà unicamente dalle effettuate operazioni di intercettazione; con ciò violando il richiamato principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, nella materia che occupa.

5.4 Non sfugge che la Corte territoriale ha, altresì, rilevato che A. si era avvalso della facoltà di non rispondere.

Occorre, sul punto, considerare che il Collegio non ha individuato gli elementi di fatto che, ove palesati, avrebbero evitato la ingiusta detenzione. In ordine al rilievo che può assumere, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il silenzio serbato dall’indagato in sede di interrogatorio, questa Suprema Corte ha chiarito che, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, la richiamata evenienza può rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave, nel caso in cui il prevenuto sia in grado di indicare specifiche circostanze, non note all’organo inquirente, idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa, posti a fondamento del provvedimento cautelare (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Rv. 242760).

6. Si dispone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo esame della regiudicanda nell’osservanza dei principi di diritto sopra richiamati. Alla Corte territoriale viene demandata anche la regolamentazione delle spese fra le parti per questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, cui rimette anche la regolamentazione delle spese fra le parti per questo giudizio.

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