Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-10-2011) 28-11-2011, n. 44035 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 26 novembre 2009 il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Lucera ha revocato la sospensione dell’ingiunzione alla demolizione emessa dal Procuratore della Repubblica di Lucera in data 21 novembre 1998, concessa con ordinanza del 20 novembre 2000 dal giudice dell’esecuzione del Tribunale stesso; ed ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di D.N.M. in data 26 gennaio 2009, per l’annullamento o la sospensione dell’ingiunzione a demolire le opere abusive di cui alla sentenza del pretore di Vico del Gargano del 25 gennaio 1997, divenuta irrevocabile il 3 aprile dello stesso anno.

2. Ricorre per cassazione l’interessato lamentando che il giudice ha esercitato una potestà riservata per legge all’autorità amministrativa. L’ordinanza si basa, tra l’altro, sull’erroneo presupposto che la condonabilità di un’opera possa aver luogo solo entro determinati limiti temporali.

Tale enunciazione viene censurata: come emerge dalla documentazione prodotta, la procedura è pendente presso il Comune, in attesa di nullaosta paesaggistico. Nelle more di determinazioni dell’autorità amministrativa in ordine alla procedura, i cui tempi non dipendono dalla volontà del richiedente, il provvedimento adottato dal giudice è illegittimo.

Si lamenta altresì che erroneamente il giudice reputa che il mancato accatastamento sia ostativo al rilascio del condono. Tale enunciazione è erronea perchè la procedura di sanatoria è regolata dalla L. n. 47 del 1985, art. 35 della. Tale norma individua la documentazione da depositare senza che vi sia menzione dell’accatastamento del manufatto. D’altra parte, l’art. 38 non individua alcuna conseguenza del mancato accatastamento dell’immobile. Ancora, l’art. 52 della citata Legge non individua come elemento da valutare l’accatastamento in questione.

3. Il ricorso è infondato.

L’ordinanza espone i tratti della vicenda in esame segnalando che la suprema Corte di cassazione, con sentenza del 25 maggio 2000, ha annullato con rinvio l’ordinanza del 19 ottobre 1999 con la quale era stata rigettata l’opposizione avverso l’ingiunzione alla demolizione delle opere edilizie abusive. La pronunzia aveva tra l’altro enunciato la necessità di valutare l’esito della procedura amministrativa e la condonabilità con riferimento all’epoca di ultimazione delle opere abusive. In ottemperanza a tale pronunzia è stato adottato ordine di sospensione dell’esecuzione con atto del 20 novembre 2000.

Si espone altresì che la parte interessata ha documentato ancora da ultimo la pendenza della pratica di condono, così come peraltro fatto nel corso degli anni.

Si ritiene, tuttavia, che nel caso in esame il condono non potrebbe essere utilmente ottenuto e non potrebbe comunque sortire gli effetti positivi invocati dall’interessato, atteso che la parte "non ha in alcun modo dimostrato di aver posto in essere la procedura di accatastamento o di variazione catastale" come richiesto dalla L. n. 47 del 1985, art. 52, comma 2, richiamato dalla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4, che impone la tempestiva denunzia ai fini dell’accatastamento stesso.

Quanto al profilo paesaggistico della procedura, si considera altresì che è stata prodotta attestazione dell’amministrazione comunale nella quale si afferma che la pratica si trova pendente ai fini del rilascio del parere di legge, il cosiddetto nullaosta paesaggistico. Tuttavia non può che prendersi atto che la parte non ha documentato la effettiva avvenuta proposizione di tale richiesta onde consentire la sua valutazione in vista della sua astratta accoglibilità.

Si conclude che le mancanze indicate, afferenti alla procedura di accatastamento ed al nullaosta paesaggismo, impediscono il perfezionamento della procedura di condono.

Si considera, infine, che le mancanze indicate sarebbero comunque rilevanti ai fini delle valutazioni rimesse al giudice dell’esecuzione, anche qualora il condono fosse concesso, atteso che, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità (Rv. 243905), il giudice ha il potere di sindacare l’atto concessorio disapplicandolo ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge. D’altra parte, si aggiunge, ai fini della sospensione della procedura esecutiva il giudice deve tra l’altro valutare la procedibilità e la proponibilità della domanda con riferimento alla documentazione richiesta (Rv.239606); ed è proprio la improcedibilità della domanda, sotto il profilo della mancanza di alcuni dei documenti richiesti ai fini del perfezionamento della pratica di condono ad impedire che la procedura possa concludersi in senso favorevole alla richiedente.

Infine, a coronamento dell’argomentazione, sempre con richiamo alla giurisprudenza di questa suprema Corte (Rv.238145), si considera che l’ordine di demolizione può essere sospeso qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo si adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l’ordine di demolizione.

Nel caso in esame, si conclude, tenuto conto del lungo tempo trascorso dalla proposizione dell’istanza di condono cioè dal marzo 1995, nonchè della mancata dimostrazione degli adempimenti relativi all’accatastamento ed alla richiesta di nullaosta paesaggistico, non è in alcun modo prevedibile ed anzi deve ragionevolmente essere escluso che in un breve lasso di tempo l’interessato possa beneficiare degli effetti di un provvedimento di condono.

Tale valutazione è riccamente argomentata con apprezzamenti immuni da vizi logico giuridici, è conforme ai principi e non può essere quindi sindacata nella presente sede di legittimità. Soprattutto, l’ordinanza si attiene alle indicazioni contenute nella citata sentenza di annullamento con rinvio emessa da questa Suprema Corte; e fa applicazione della giurisprudenza di legittimità, che viene correttamente richiamata. Essa, in breve, enuncia il principio che il giudice penale deve delibare la possibilità di ottenere una legittima sanatoria. Basti rammentare esemplificativamente le enunciazioni pertinenti e condivise espresse da recente pronunzia in cui si è affermato che in tema di reati edilizi, ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive (L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, u.c., oggi previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9) in presenza di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (Cass. 3, 26 settembre 2007, Rv.

237816).

In particolare risultano ambedue pertinenti le considerazioni afferenti alla non condonabilità. Lo è quella sul mancato avvio della procedura di accatastamento. Sul punto l’ordinanza è chiara e sfugge alle censure ora prospettate: ciò che difetta nella procedura non è tanto l’accatastamento quanto l’avvio della relativa procedura, come richiesto dalla normativa sopra evocata.

Pure per ciò che attiene all’aspetto paesaggistico è dirimente il fatto che non solo il prescritto nulla osta non è stato rilasciato dopo così tanto tempo, ma non è stata neppure prodotta documentazione idonea a verificare se la procedura sia stata correttamente avvista e possa trovare accoglimento.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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