Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-06-2012, n. 9880 Fondo dominante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 28.10.1998 P.V., proprietario dell’immobile p.m. 3 e.d. 97 della p.f. 183/1, in (OMISSIS), conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Trento, C.F., proprietaria del sottostante immobile p.m. 2 e della p.f. 183/2, lamentando che la stessa, a seguito di lavori di ristrutturazione, aveva eseguito una serie di opere lesive dei suoi diritti ed, in particolare, aveva ostruito la finestra dell’avvolto di sua proprietà, compromettendo una servitù di luce in favore del fondo di esso attore; aveva provocato la comparsa di crepe e fessure nel pavimento e sulle pareti divisorie del proprio appartamento;

aveva ristretto il viale di accesso comune agli orti; aveva realizzato gli allacciamenti di gas, luce ed acqua, passando sulla sua proprietà senza alcuna autorizzazione; aveva ridotto il vialetto esterno dell’edificio, gravato da di servitù di passo in favore della p.f. 183/1 per l’accesso agli orti.

Si costituiva in giudizio la C. contestando le pretese avversarie e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore al ripristino, nelle dimensioni originarie, della bocca di lupo, illegittimamente ingrandita dal P.;

la demolizione di un poggiolo parzialmente chiuso con ripristino della situazione quo ante;

la eliminazione di un montacarichi costituito da una vecchia lavatrice, fonte di pericolo;

la eliminazione della catasta di legna addossata stabilmente sul fronte della p. ed. 97;

il ripristino del portone d’ingresso di cui l’attore aveva provocato lo scardinamento;

il ripristino dell’apertura della stanza al primo piano della p. ed.

99;

l’abbattimento della divisoria dell’atrio al primo piano della p. ed.

97;

la rifusione di L. 1.200.000 anticipate per lavori in comune.

Espletata C.T.U. ed assunte le prove orali, con sentenza 2.12.2003, il Tribunale respingeva le domande dell’attore ed accoglieva le riconvenzionali, tranne quella relativa al ripristino dei cardini e del portone d’ingresso.

Avverso tale decisione il P. proponeva appello cui resisteva l’appellata che, con impugnazione incidentale, chiedeva l’accoglimento anche della domanda di condanna del P. al ripristino del portone d’accesso alla p.ed.97. Respinte le richieste istruttorie dell’appellante, con sentenza 25.1.2005, la Corte d’Appello di Trento, "in parziale riforma della sentenza impugnata, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal P. e con rigetto dell’appello incidentale della C.", confermava il rigetto delle domande avanzate dal P. con atto di citazione notificato il 28.10.98, confermava l’accoglimento della domanda riconvenzionale della C. relativa al ripristino della finestra interna tra la p.m. 2 della p.ed.97 e la p.ed. 99, respingendo tutte le altre richieste riconvenzionali; compensava interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Tale decisione è impugnata dal P. con ricorso per casazione affidato a sei motivi.

Resiste con controricorso la C. che propone, inoltre, ricorso incidentale sulla base di otto motivi. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

Il P. deduce:

1) violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 – 1363 – 1366, 901 e 904 c.c., nonchè degli artt. 112 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; la Corte d’appello aveva erroneamente interpretato la portata della servitù prevista in favore del proprio fondo dominante, "di non impedire o diminuire la luce delle finestre attualmente esistenti o di altre che venissero aperte", come stabilita con contratto del 1928, ed aveva riconosciuto il diritto della C. a mantenere la luce irregolare nelle sue dimensioni attuali(determinate da una mutazione dello stato originario dei luoghi), solo sulla base delle deposizioni di alcuni testi, senza rendere conto, immotivatamente, di altre fonti di prova, quale la C.T.U., la comunicazione del Sindaco del Comune di Albiano, in data 12.10.73, con cui si informava il P. che per i lavori che stava eseguendo sui muri in comunione con F.T. (all’epoca proprietaria della p.m. 2 p. ed. 97, divenuta poi di proprietà della C.), era necessaria l’autorizzazione comunale oltre al consenso del comproprietario;

2) omessa insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione dell’art. 2727 c.c. e dell’art. 116 c.p.c.;

il giudice di appello aveva confermato il rigetto della domanda di risarcimento del danno per la fessurazioni al suo appartamento, provocate dai lavori eseguiti dalla C., per mancanza di prova certa sulla base di un’unica testimonianza e disattendendo, in assenza di motivazione, le altre deposizioni testimoniali, quale quella di D.P.G., non tenendo conto che, secondo il C.T.U., la eliminazione delle pareti divisorie, da parte della C., poteva aver determinato piccoli cedimenti del solaio soprastante;

3) omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 112-116 c.p.c. e dell’art. 1350 c.c.;

la Corte di merito aveva respinto la domanda di ripristino della servitù di passo "a piedi e con animali sul sentiero esistente della larghezza di mt. 1), in favore della p.f. 183/1 su cui era passato, da più di 20 anni, "anche con carriola e motozappa, usucapendo così il corrispondente diritto", non considerando che la doglianza riguardava la realizzazione su detto sentiero di gradini, ostacolanti il transito di animali;

4) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione dell’art. 1350 c.c. e dell’art. 116 c.p.c.;

il giudice di appello era incorso in errore nell’aver ritenuto che le tubature di gas, acqua ed elettricità appartenenti alla C. interessassero il muro perimetrale dell’edificio e,quindi, non ledevano la proprietà esclusiva del P.; dalla C.T.U. e dalle foto in atti, risultava, invece, che dette tubature erano "appoggiate" sui muri perimetrali, andando ad insistere sulla colonna d’aria del portico p.m. 3, di proprietà esclusiva del P., costituiva una servitù inopponibile, ex art. 1350 c.c., in difetto di atto scritto;

5) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; violazione dell’art. 116 c.p.c.;

la Corte territoriale aveva accolto la domanda dell’appellata di rimessione in pristino della finestra murata dal P., non tenendo conto che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, si trattava della finestra a cavallo tra l’appartamento p.m. 2 e quello p.m. 3 del P. che, nel 1970, si era limitato a chiudere quella parte di detta finestra che si apriva nel proprio appartamento, opera "concordata con la proprie-taria dell’epoca e comunque coperta dall’usucapione";

6) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla mancata pronuncia sulla domanda riguardante l’asportazione, da parte della C., di materiale inerte, tra avvolto e solaio superiore con diminuzione dell’altezza "del colmo dell’avvolto sottostante", nonchè sulla domanda di condanna dell’appellata al ripristino della parte di muro comune delimitante il locale W.C..

Con il ricorso incidentale la C. lamenta:

a) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia,laddove la Corte territoriale, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, aveva e-scluso l’illegittimo ampliamento, ad opera del P., della "bocca di lupo" esistente sulla parete sud della p.ed.97, ritenendo che i lavori effettuati dalla C. avessero eliminato detto ampliamento in contrasto con quanto emerso dalle deposizioni testimoniali e dalla C.T.U.;

b) insufficiente e/ o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ed omessa pronuncia sulla richiesta di condanna del P. alla riduzione in pristino del poggiolo; al riguardo la modifica della sentenza di primo grado relativa a detta condanna del P. difettava di motivazione;

c) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo alla mancata condanna del P. alla eliminazione dell’argano e della lavatrice; il giudice di appello aveva escluso che vi fosse lesione di alcun diritto della C., non tenendo conto della situazione di pericolo che derivava da tali opere e del fatto che l’argano era ancorato sul muro perimetrale in comproprietà tra le parti;

d) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia riguardante il rigetto della domanda di rimozione della catasta di legna che, in quanto addossata al muro perimetrale comune, doveva ritienesi lesiva del diritto di comproprietà del muro medesimo;

e) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia;

la sentenza si era limitata ad affermare che la responsabilità del P., per l’asportazione dei cardini del portone, non era provata dalle testimonianze acquisite, non tenendo conto che l’appellante non aveva mai contestato di essere stato l’autore materiale di condotta;

f) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia concernente la doglianza sulla realizzazione, da parte del P., della tramezza con inclusa una porta divisoria, comportante una diminuzione della illuminazione dell’atrio comune; il Giudice di secondo grado decidendo ultrapetita, escluso una indebita limitazione dell’uso di tale spazio comune senza che l’attore avesse provato che detta opera non aveva determinato una minore illuminazione dell’atrio;

g) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; violazione dell’art. 1102 c.c. ed omessa pronuncia;

con errata valutazione delle risultanze probatorie la Corte d’appello aveva disatteso la richiesta di condanna del P. per i lavori dell’acqua e delle fogne", riformando sul punto la sentenza di primo grado;

h) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo alla integrale compensazione delle spese del giudizio, benchè nessuna delle domande svolte dall’attore fosse stata accolta. Rileva, innanzitutto, il Collegio la infondatezza di quanto eccepito dalla C. (V. memoria 7.11.2011) in ordine alla inammissibilità del controricorso ad appello incidentale del P., per difetto di specifica procura in calce o a margine dello stesso controricorso. In conformità alla giurisprudenza di questa Corte va, ribadito che, per resistere al ricorso incidentale, non occorre una nuova procura, essendo sufficiente quella rilasciata a margine del ricorso principale in quanto comprensiva della facoltà di resistere a tutta l’attività difensiva di controparte, avuto riguardo all’ambito della procura speciale prevista, ex art. 365 c.p.c., per il giudizio di cassazione.

Tale procura non può ritenersi limitata all’atto introduttivo del giudizio per il quale essa è stata conferita, ma deve intendersi estesa agli atti ulteriori che costituiscono, secondo il principio di unicità dell’impugnazione, lo svolgimento naturale dell’unico processo avverso la medesima sentenza dell’impugnazione (Cfr. Cass. n. 4454/2012; n. 937/79; n. 683/62). Sarebbe illogico, quindi, pretendere che il ricorrente principale si munisca di autonoma procura per svolgere la propria attività difensiva avverso il ricorso incidentale, contenuto nel controricorso e rientrante in un unico processo.

Non vale, peraltro, a sostenere l’assunto della C. il precedente giurisprudenziale citato in detta memoria (Cass. n. 20804/2010), non aderente al caso di specie in quanto riguardante le modalità del conferimento della procura della parte contro la quale il ricorso principale è diretto, ipotesi comportante l’esigenza di verificare che essa sia stata rilasciata in epoca anteriore o coeva alla notificazione del controricorso.

Tale riferimento temporale non è richiesto,invece, per il controricorso diretto a resistere al ricorso incidentale, ex art. 371 c.p.c., comma 4, per il quale vale la procura conferita con il ricorso principale, in data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata ed in data anteriore o contemporanea alla sottoscrizione del ricorso.

Passando all’esame del ricorso principale si osserva: il primo motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha affermato che, contrariamente a quanto lamentato dal P., non risultava effettuato nessun innalzamento del piano di calpestio, essendo stato ripristinato il piano antecedente all’abbassamento realizzato dal P. negli anni novanta; che l’apposizione delle grate, destinata ad eliminare una situazione di pericolo di caduta, non alterava il passaggio della luce, considerato l’ampio spazio frapposto tra le sbarre delle grate.

Tali affermazioni sono immuni dai vizi lamentati ed involgono questioni di fatto esulanti dal sindacato di legittimità. Va aggiunto, quanto alla grata, che il ricorrete considera pacifica la natura della bocca di lupo quale luce irregolare che, a norma dell’art. 901 c.c., n. 1, deve essere munita di un’inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo;

nè il P. deduce che la convenzione costitutiva della servitù, riferita, peraltro, a finestre e non a luci, contiene una deroga alla disciplina delle luci in funzione della sicurezza del vicino.

Del pari infondata è la seconda doglianza; la Corte di merito ha dato conto, sulla base di una valutazione di merito esente da vizi logici e giuridici, che non era dato attribuire con certezza le fessurazioni delle pareti e del pavimento del P. ai lavori di ristrutturazione eseguiti nel piano sottostante e non, invece, alla scarsa manutenzione ed ai lavori effettuati nell’appartamento dello stesso P.; ha escluso, inoltre, che mediante l’espletamento di una nuova C.T.U. sarebbe stati possibile verificare lo stato dell’immobile prima dell’esecuzione dei lavori da parte della C..

Il terzo motivo di ricorso è privo di fondatezza, avendo la sentenza impugnata evidenziato, in fatto, l’assenso dato dal P. alle modalità di sistemazione del sentiero e la sussistenza su di esso di gradini, sia pure più grezzi e meno strutturati, ancor prima della ristrutturazione effettuata dalla C..

Merita accoglimento la quarta censura.

Il giudice di appello ha confermato il rigetto della domanda del P. in ordine alla condanna della controparte alla rimozione degli allacciamenti di gas, acqua e luce della p.m. 2, in quanto eseguiti "in parte" sulla proprietà di esso P., in difetto di autorizzazione. Osservava, in particolare, che tali opere, secondo le prove acquisite, erano state eseguite con il pieno consenso del P. sicchè non erano abusive; che, "sul piano reale, la parte ampiamente prevalente degli allacciamenti interessava il muro perimetrale dell’edificio (come tale di proprietà comune) o l’andito relativo alla p.m. 1, 2, 3" e, quindi, non ledeva la proprietà esclusiva del P.; che, in base alla C.T.U., solo il tubo del gas, per un breve tratto, risultava interrato sotto il pavimento del portico della p.m. 3, di proprietà P., ma difettava la verifica del tragitto necessario al raggiungimento del portico comune e, comunque, l’eventuale spostamento di tale tratto presupponeva la proposizione di una domanda di negatoria servitutis e la prova della reale possibilità di eseguire in altro modo l’allacciamento.

Tale motivazione, ad avviso del Collegio, è inadeguata quanto al riferimento alla "prevalenza" degli allacciamenti interessanti la parete perimetrale comune; la domanda del P. implicava, infatti, la necessità di individuare la sussistenza degli allacciamenti insistenti sulla sua proprietà esclusiva, verificando, anche alla luce delle risultanze della C.T.U., la eventuale sporgenza delle tubazioni sulla colonna d’aria appartenente alla proprietà medesima, di per sè non impedita da un "appoggio" dei tubi ad una parte comune dell’edificio, come indicato in sentenza, senza specificazione alcuna delle modalità di tale appoggio.

In ogni caso la sentenza impugnata, avendo dato atto dell’interramento di un tubo di gas nel pavimento appartenente al P., non poteva disattendere la richiesta di rimozione delle tubazioni/gravanti sulla proprietà esclusiva ;sulla base di un non meglio precisato consenso alla esecuzione delle "opere",legittimante l’invasione della proprietà esclusiva del P..

Il fatto che quest’ultimo, non avesse esperito un’ espressa azione negatoria servitutis, non esonerava, invero, la C. dalla prova del titolo su cui si fondava detta invasione,in ossequio al principio che vuole la proprietà libera da pesi. In relazione alla domanda di eliminazione della situazione antigiuridica posta in essere dalla C., il P. doveva solo provare il suo diritto di proprietà esclusiva sul bene gravato dalla collocazione di tubazioni; sul punto non vi era stata, però, contestazione fra le parti.

La sentenza impugnata, alla luce delle considerazioni svolte, va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trento che si uniformerà a detti principi. Il quinto motivo è infondato, riguardando una valutazione di merito della Corte di appello, sia sul fatto che l’apertura, oggetto della domanda riconvenzionale della C., non coincideva con lo sfiato cui facevano riferimento i documenti autorizzativi, e sia sul difetto di prova dell’usucapione o della prescrizione del diritto al ripristino della finestra del P..

La censura sub 6) è, infine, inammissibile, trattandosi di questione nuova (smussamento dell’avvolto e danni che ne erano derivati) che non risulta esaminata dalla sentenza di appello nè indicata nelle conclusioni di parte. Sull’appello incidentale si osserva:

Il primo motivo è infondato, non essendo ravvisabile il lamentato vizio di ultrapetizione in ordine alla questione prospettata dal P. di riduzione della bocca di lupo, ritenuta infondata dal giudice di appello sulla base di una valutazione di merito rapportata alla eliminazione dell’ampliamento della bocca di lupo a seguito della sistemazione realizzata dalla C..

Il motivo sub b) è inammissibile per la sua genericità e perchè riguarda l’accertamento di fatto su cui Corte territoriale ha fondato la legittimità del poggiolo, in quanto insistente sul cortile di proprietà comune delle parti, al pari di quello sottostante della convenuta. Priva del requisito di specificità è la censura sub c), non investendo le argomentazioni della sentenza impugnata, laddove è stato dato conto che l’argano in questione non era lesivo della proprietà esclusiva della C. e che il rischio generico derivante dall’uso dell’argano non consentiva un’azione diretta alla eliminazione dello stesso.

La doglianza sub d) è infondata, posto che il giudice di appello ha accertato che la catasta di legna insisteva sulla proprietà del P., escludendo che l’appoggio di essa sul muro comune limitasse l’analoga facoltà della C..

Il motivo sub c) è inficiato da genericità in quanto non rapportato specificatamente alla motivazione della sentenza impugnata ove si afferma che la responsabilità del P., per la rimozione di uno dei due battenti della porta di legno, non aveva trovato alcun riscontro nelle prove testimoniali acquisite.

Il motivo sub f) attiene a questione nuova, sotto il profilo della dedotta costituzione di una servitù ed è generico, non attingendo la motivazione del giudice di appello sul fatto che la porta divisoria in questione invadeva in maniera assolutamente marginale il pianerottolo comune e non ne pregiudicava la funzionalità, neppure sotto il profilo della luminosità, trattandosi di una porta a vetri ed essendo il pianerottolo munito anche di una finestra. Il motivo sub g) è inammissibile per genericità, a fronte di quanto affermato in sentenza sulla mancanza di prova relativa all’ammontare del credito vantato dalla C. e sulla riferibilità della somma reclamata ai lavori effettivamente concordati e destinati a soddisfare esigenze comuni alle parti.

Del tutto infondata è l’ultima doglianza concernente la statuizione sulla compensazione delle spese del giudizio; trattasi, infatti, di valutazione discrezionale del giudice di merito, congruamente motivata in relazione all’esito complessivo della lite, riferito alla"reciproca e paritaria soccombenza".

Costituiscono consolidati principi di questa Corte: che la statuizione sulle spese del giudizio è sindacabile in sede di legittimità solo in caso di violazione di legge, configurabile ove, in contrasto col divieto previsto dall’art. 91 c.p.c., la parte totalmente vittoriosa venga condannata al pagamento delle spese del giudizio; che la valutazione sulla compensazione totale o parziale rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito nel caso di soccombenza reciproca delle parti ovvero di sussistenza di giusti motivi( Cfr. Cass. n. 24495/2006; n. 24443/2007).

In conclusione va accolto il quarto motivo del ricorso principale con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trento anche per le spese del presente giudizio, mentre vanno rigettati gli altri motivi dello stesso ricorso ed il ricorso incidentale.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi;

accoglie il quarto motivo del ricorso principale; rigetta gli altri motivi dello stesso ricorso ed il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di Appello di Trento.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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