Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-06-2012, n. 9879 Liquidazione delle spese Pronuncia sulle spese

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di L’Aquila, con decreto in data 21 settembre 2005, ha liquidato in favore dell’ing. P.P.A., nominato c.t.u. nella controversia vertente tra la s.n.c. Caseificio Antonio Cabbioni e l’arch. B.M., la somma di Euro 1.200,00 a titolo di onorario, oltre al rimborso delle spese documentate.

2. – Il P. ha proposto opposizione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 sostenendo di avere diritto a conseguire un compenso maggiore, pari a Euro 6.628,09, dovendosi fare applicazione del D.M. 30 maggio 2002, art. 11.

Il giudice del Tribunale di L’Aquila, delegato dal presidente del Tribunale, con ordinanza in data 26 gennaio 2006, l’ha giudicata infondata.

2.1. – Il Tribunale ha per un verso rilevato che l’opponente non ha depositato la consulenza tecnica, sicchè non è possibile valutare quali siano state, in concreto, la quantità e la qualità del lavoro svolto. Di qui l’infondatezza dell’opposizione, non avendo il ricorrente assolto l’onere di provare il diritto ad un compenso maggiore di quello liquidato.

Per l’altro ha sottolineato che, in base al quesito riportato nello stesso ricorso, al c.t.u. è stato affidato di valutare non solo una costruzione edilizia, ma anche l’esecuzione di un contratto d’opera professionale, e che, data la natura composita dell’incarico, questo va remunerato secondo il criterio delle vacazioni, non essendo le prestazioni riconducibili alle previsioni contenute nei singoli articoli della tabella allegata al D.M. 30 maggio 2002. Sicchè – ha concluso il Tribunale – correttamente l’onorario è stato fissato in Euro 1.200,00, atteso che: (a) l’importo della prima vacazione è di Euro 14,68 e quello delle successive è di 8,15; (b) non sono liquidabili più di quattro vacazioni al giorno; (c) non è provato che il P. per rispondere ai quesiti postigli abbia dovuto lavorare più di 36 giorni.

3. – Per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale il P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 aprile 2006, sulla base di tre motivi.

Ha resistito la s.n.c. Caseificio Cabbioni Antonio, mentre l’altro intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La s.n.c. Caseificio Cabbioni Antonio ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo si deduce la violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 perchè l’opposizione al decreto di liquidazione avrebbe dovuto essere decisa dal presidente del Tribunale, non essendo prevista la delega ad altri magistrati dello stesso ufficio.

1.1. – Il motivo è infondato.

In tema di spese di giustizia, stante la previsione secondo cui, quando è proposta opposizione avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, "l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica" (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170), la competenza a provvedere appartiene ad un giudice singolo del tribunale oppure della corte d’appello (a seconda dell’appartenenza del magistrato che ha emanato il decreto di liquidazione oggetto di impugnazione), ed il giudice monocratico va identificato con il presidente dell’ufficio giudiziario o con il giudice da lui delegato (Cass. pen., Sez. Un., 16 febbraio 2007, n. 6817, Mulas). E poichè nell’ambito del medesimo ufficio giudiziario – tribunale o corte d’appello – non sono configurabili questioni di competenza tra presidente e giudici da lui delegati, ma solo di distribuzione interna degli affari in base alle tabelle di organizzazione dell’ufficio (Cass., Sez. 3, 3 aprile 2001, n. 4884), va escluso che costituisca ragione di invalidità dell’ordinanza, adottata in sede di opposizione al provvedimento di liquidazione, il fatto che essa sia stata emessa da un giudice addetto al tribunale anzichè dal presidente dello stesso.

2. – Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, u.c., sostenendo che, atteso il carattere incidentale del procedimento di opposizione rispetto al giudizio nel quale il consulente ha prestato la sua opera, il magistrato investito dell’opposizione aveva il dovere di acquisire d’ufficio gli atti ed i documenti occorrenti per la decisione, non potendo far carico al reclamante di non avere depositato la relazione peritale.

Con il terzo mezzo si denuncia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 83 e 168 e della L. 8 luglio 1980, n. 319, art. 4, comma 1, in relazione al D.M. 30 maggio 2002, lamentandosi la mancata liquidazione in base al calcolo delle percentuali, come previsto dall’art. 11 del citato D.M..

3. – La censura articolata on il terzo motivo, con il quale si censura una delle due rationes concorrenti a base del provvedimento impugnato, è infondata.

Nella determinazione degli onorari spettanti ai consulenti va applicato il criterio delle vacazioni, anzichè quello a percentuale, non isolo quando manca una specifica previsione della tariffa, ma altresì quando, in relazione alla natura dell’incarico ed al tipo di accertamento richiesto, non sia logicamente giustificata e possibile un’estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il criterio della percentuale (Cass., Sez. 2^, 19 luglio 1999, n. 7687; Cass., Sez. 2^, 28 luglio 2010, n. 17685).

A tale principio si è attenuta l’ordinanza impugnata, la quale, dando adeguata e congrua motivazione della decisione di liquidare gli onorari a tempo e non a percentuale, ha rilevato che l’incarico conferito al c.t.u. aveva una natura composita, trattandosi di valutare anche e soprattutto l’esecuzione di un contratto d’opera professionale. Nel caso di specie, infatti, la consulenza tecnica era stata determinata dalla necessità di stabilire il quantum dei compensi spettanti al professionista, quale progettista e direttore dei lavori, e di valutare eventuali vizi nella realizzazione delle opere ed il costo della loro eliminazione. Su questa base il giudice del merito ha escluso la riconducibilità della prestazione svolta dal consulente all’art. 11 della tabella allegata al D.M. 30 maggio 2002, avente ad oggetto la perizia o la consulenza tecnica in materia di costruzioni edilizie.

4. – La ritenuta infondatezza della censura mossa, con il terzo motivo, ad una delle rationes decidendi, rende inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse, la censura, articolata con il secondo motivo, relativa alla concorrente ragione esplicitamente fatta oggetto di doglianza, in quanto quest’ultima non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass., Sez. 3, 14 febbraio 2012, n. 2108).

5. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

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