Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-06-2012, n. 9876

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 1997, C.G., in proprio e quale procuratore di undici consorti, conveniva di fronte al tribunale di Isernia Fi. e c.m., onde sentir dichiarare che il fabbricato sito in (OMISSIS) non era di proprietà esclusiva dei convenuti in quanto costoro ne erano comproprietari con essi attori. Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda attorea e proponendo domanda riconvenzionale per ottenere declaratoria di usucapione dell’intero fabbricato, sussistendone le condizioni. In esito alla compiuta istruttoria, il Tribunale adito dichiarava che i convenuti erano comproprietari del fabbricato de quo insieme con gli attori; respingeva la riconvenzionale e regolava le spese.

Proponevano appello i soccombenti, cui resistevano gli originari attori.

Con sentenza non definitiva del 2005, la Corte di appello di Campobasso, in riforma della sentenza impugnata, respingeva la domanda proposta da C.G. e deferiva giuramento suppletorio ai convenuti sul vantato possesso ultraventennale ad usucapionem del fabbricato de quo.

La Corte molisana, qualificata l’originaria domanda come di accertamento della proprietà comune del fabbricato, rilevava che la stessa avrebbe necessitato di prova rigorosa, che non era stata fornita.

Quanto alla riconvenzionale, la stessa non risultava pienamente provata, pur se non era rimasta del tutto sfornita di prova, donde l’ammissione del giuramento suppletorio; per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per sè e per i propri rappresentati, C.G. sulla base di cinque motivi, illustrati anche con memoria; resistono le controparti con controricorso e proponendo ricorso incidentale, dichiaratamente condizionato, basato su di un solo motivo, depositando anche memoria;

il ricorrente principale resiste con controricorso.

Motivi della decisione

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la medesima sentenza e vanno pertanto riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c.. Non può essere accolta l’istanza di riunione dei ricorsi in esame con quello rivolto avverso la sentenza definitiva, trattandosi di due decisioni diverse.

Va preliminarmente esaminata la eccezione di inammissibilità del ricorso principale, sollevata in udienza dal P.G., il quale ha sostenuto che il ricorso stesso non sarebbe conforme ai canoni previsti dall’art. 366 c.p.c., atteso che lo stesso si presenta in modo assolutamente singolare.

Deve infatti rilevare la Corte che il ricorrente, esaurita la esposizione dei sei motivi in cui il ricorso si articola, ha spillato al ricorso stesso le fotocopie di una non ordinata e comunque non classificata (e corposa) serie di atti processuali, cui segue la procura, anch’essa contenuta in atto spillato.

La produzione dei documenti cui si fa riferimento in ricorso può essere ammissibile, ma certo non nel modo in cui la stessa è stata effettuata nella specie. La costante giurisprudenza di questa Corte infatti è consolidata (v. Cass. Nn. 5153 e 4479 del 2012; 6023 del 2009 e molte altre) nel senso in cui ove si denuncino vizi di valutazione di elementi probatori legati a documenti, gli stessi devono essere non solo prodotti, anche nella loro integrità, se necessario, ma devono essere altresì specificamente indicati i punti ritenuti decisivi a sostegno delle tesi sostenute al riguardo, in quanto in caso contrario, la doglianza si risolverebbe in un inammissibile richiesta del riesame del contenuto della documentazione e di reperimento di fatti decisivi in ordine a cui la sentenza risulterebbe lacunosa.

Devesi aggiungere che risulta altresì pienamente fondata la osservazione da cui il P.G. ha fatto discendere il rilievo di non conformità ai canoni legali del presente ricorso, atteso che la spillatura di un (corposo) apparato documentale, non nel corso del ricorso stesso, in relazione ai singoli motivi in cui è articolato, ma alla fine di esso, comporta che la lettura dell’atto risulti insufficiente a valutare le ragioni di illegittimità che in esso vengono denunciate, e quindi imporrebbe al giudice di legittimità di compiere una opera selettiva e di aggregazione dei singoli documenti alle doglianze svolte, sì da imporre una vera e propria ricostruzione del pensiero sottostante alle critiche contenute in ricorso, secondo una valutazione che risulterebbe nell’abbinamento dei singoli documenti alla doglianze svolte.

Ritiene questo Collegio assolutamente difforme dai canoni legali cui deve uniformarsi il ricorso per cassazione questa singolare maniera di articolare tale atto (cfr. in tal senso specifico SS. UU. 11.4.2012, n 5698; Cass. 16.3.2011), anche perchè in tal guisa si potrebbe ipotizzare l’aggiramento della norma di cui all’art. 372 c.p.c. quanto alla produzione di documenti in sede di legittimità.

L’eccezione deve essere pertanto accolta, senza necessità di scendere all’esame dei singoli motivi, atteso che l’inammissibilità va riferita all’atto nel suo complesso, in ragione delle conformazione stessa di esso quale descritta.

Il ricorso principale va pertanto dichiarato inammissibile.

Il ricorso incidentale è espressamente condizionato, sicchè lo stesso risulta assorbito dalla pronuncia di inammissibilità del ricorso principale.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

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