Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-10-2011) 28-11-2011, n. 43993 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Ancona, ha ribadito la responsabilità di A.L. per il delitto di detenzione di sostanza stupefacente (cocaina) e previa concessione dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 ritenuta equivalente alla recidiva, e non prevalente, in accoglimento dell’appello del PM, lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 18.000 di multa.

2. Ricorre l’imputato e deduce che la Corte avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso del PM, convertito in appello, a sensi dell’art. 580 c.p., poichè i motivi riguardavano argomenti di merito attinenti alla misura della pena; inoltre la Corte non avrebbe adeguatamente motivato il ribaltamento della decisione di primo grado; con il secondo motivo deduce difetto e manifesta illogicità della motivazione, che in punto di conferma della sua responsabilità.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso concernente la affermazione di responsabilità dell’imputato non ha fondamento: invero, l’ A. muove critiche alla sentenza di appello per aver ripercorso "pedissequamente" l’iter argomentativo di quella di primo grado, di cui riprodurrebbe per intero sia il periodare descrittivo che quello motivazionale.

2. E’ pacifico che quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello può saldarsi con quella precedente, per formare un unico complesso corpo argomentativo, sicchè risulta possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado, colmare eventuali lacune della sentenza di appello.

3. Quel che rileva è, invero, che il giudice di appello enunci con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del suo convincimento, in modo che risulti l’iter logico seguito per addivenire alla decisione adottata, la quale non deve lasciare spazio per una valida alternativa a quelle deduzioni difensive, che pur non essendo state espressamente valutate, siano con essa incompatibili e devono, pertanto, ritenersi implicitamente disattese. Tanto è da riscontrare nel caso in esame, specie considerando che la Corte di Appello ha considerato e messo in conseguenza in evidenza le circostanze di fatto dirimenti in punto di partecipazione dell’ A. al fatto di spaccio, costituite dal ritrovamento nella di lui abitazione del materiale servito per la confezione delle dosi trovate in possesso del coimputato, e dalla logica considerazione che, essendo state le tracce di quanto utilizzato lasciate in bella vista su un tavolo della cucina, era da escludere che il confezionamento fosse avvenuto a sua insaputa. Di contro, con i motivi, non si spiega come detto corretto ragionamento deduttivo sia errato, così che la censura finisce con risolversi in una mera ripetizione della impugnazione cui il giudice di appello ha adeguatamente risposto.

4. E’ fondato il motivo di gravame relativo alla inammissibilità della impugnazione proposta da PM. 5. E’ insegnamento di questa Corte che la conversione in appello del ricorso per cassazione del P.M. si verifica anche per le sentenze rese a seguito di giudizio abbreviato, a nulla rilevando che il ricorso per cassazione sia in sè inammissibile perchè contenente valutazioni di merito: tale regola, costituendo un’operazione giuridica attinente alla funzione processuale del mezzo d’impugnazione, è logicamente preliminare rispetto alla valutazione del contenuto dell’atto e, quindi, della stessa sua ammissibilità.

Tuttavia, l’obbligatoria conversione del ricorso non può condurre a risultati vietati dalla legge, legittimando in via indiretta la sperimentazione di mezzi d’impugnazione non concessi alla parte che si giova della conversione. Ne deriva che il ricorso convertito in appello continua ad essere regolato, anche dinanzi al giudice d’appello, dalle norme proprie del ricorso per cassazione, con l’unica particolarità dell’unificazione della fase rescindente e di quella rescissoria dinanzi allo stesso giudice; sicchè il giudice d’appello deve conoscerne il merito nei limiti in cui esso denuncia vizi rilevanti ai sensi dell’art. 606 c.p.p.. (cfr. Cass. Sez. 4, sent. 37074 dep. il 24 giugno 2008).

6. Il ricorso del Procuratore della Repubblica contro la sentenza di primo grado non denunciava alcuno di quei vizi, limitandosi a censurare non già la legittimità della sentenza, ma la sua "giustizia sostanziale". Infatti, con il ricorso, il requirente si doleva della valutazione ponderale della droga, a suo dire esulante dal paradigma delineato dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e del giudizio di bilanciamento, escludendo che fosse adeguatamente motivata la ritenuta prevalenza sulle aggravanti; si tratta dunque di doglianza afferenti il trattamento sanzionatorio e tale formulazione centrata su elementi di fatto non consentiva di individuare la denuncia di vizi di legittimità. Il suo accoglimento è,perciò, in violazione dell’art. 568 c.p.p., comma 3 e art. 443 c.p.p., comma 3, essendo stato consentito al P.M. di valersi di un’impugnazione espressamente esclusa dalla legge.

7. La sentenza impugnata andrà pertanto annullata limitatamente a questo profilo, eliminandosi la pena inflitta dalla corte, dovendosi dunque applicare al ricorrente quella comminatagli in primo grado, della cui misura egli non si è doluto. Il ricorso per il resto è da rigettare.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena(che determina nella misura di cui alla sentenza di primo grado.

Rigetta il ricorso dell’ A. nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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