Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-10-2011) 28-11-2011, n. 43992 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Palermo, ha parzialmente confermato la sentenza emessa da quel tribunale in data 25 giugno 2007, nei confronti di B.I., P. V. e C.V., previa assoluzione per i primi due dal delitto loro ascritto al capo B (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73) per non aver commesso il fatto e ha escluso per gli stessi imputati la aggravante della ingente quantità, per il capo A, rideterminando per costoro il trattamento sanzionatorio; ha ribadito la responsabilità di tutti gli imputati in ordine ai rimanenti delitti, afferenti ad una associazione a delinquere finalizzata al narco traffico e ai reati fine di detenzione di cocaina e hashish destinati allo spaccio.

La Corte condivideva la ricostruzione della vicenda, inerente alla importazione in Sicilia di sostanza stupefacente, ed alla distribuzione successiva, oggetto di tre distinte imputazioni, come effettuata dal primo giudice, mettendo in evidenza per ciascuno degli episodi, gli elementi salienti di prova, desumibili dalle intercettazioni in atti e dalla loro interpretazione, e da riscontri oggettivi, costituiti da sequestri ed altre operazioni di PG. Ricorrono gli imputati e deducono:

B.D..

Denuncia con il primo motivo violazione di legge per violazione degli artt. 267 e 268 c.p.p. e relativa inutilizzabilità dei decreti.

L’utilizzazione di apparecchiature esterne non sarebbe giustificata da attestazioni dimostrative della indisponibilità di apparecchiature interne, non rilasciate, benchè richieste dal difensore, dalla locale Procura. Peraltro, i decreti non sarebbero specifici in punto di ragioni di eccezionale urgenza ex art. 268 c.p.p., comma 3, richiamandosi a quella indicata ai fini dell’art. 267 c.p.p. nel decreto autorizzativo di intercettazioni; la mancanza;poi;non sarebbe supplita dai decreti di proroga, accompagnati da una semplice attestazione di mancanza di postazioni.

Con un secondo motivo, deduce che sono stati utilizzati i risultati di intercettazioni relative a periodi successivi a quelli oggetto della imputazione e che la Corte ha, del tutto omesso la motivazione sul punto.

Con il terzo motivo, lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e, poichè la motivazione sarebbe carente di analisi critica dei passaggi della pronuncia di primo grado impugnata, che aveva proceduto ad una ricostruzione oltre modo approssimativa dei fatti:

in particolare per il capo A) – trasporto di un KG di cocaina – la Corte non avrebbe considerato che il B. non aveva avuto contatti con altri soggetti coinvolti nella importazione, il che di per sè ne escludeva il ruolo di organizzatore, nè considerato che il presunto committente e destinatario finale della sostanza non era stato oggetto di iniziative penali. Per il capo C (condotta associativa) la Corte avrebbe esclusivamente valorizzato il dato processuale della sentenza ex art. 444 c.p.p., irrevocabile a carico di un sodale, certo S., ignorando le molteplici contraddizioni in cui costui era caduto nel suo esame dibattimentale. Il S. peraltro aveva negato di essersi associato al B., nè era valida l’osservazione al contrario che egli avesse accettato con il patteggiamento l’imputazione associativa, giacchè egli aveva ammesso di non avere avuto consapevolezza della imputazione.

Per il capo E) la corte non ha considerato che la detenzione della cocaina era ad esclusivo uso personale, basandosi per l’ipotesi contraria sulle risultanze dei dialoghi, affatto decisive.

Con il terzo motivo chiede il riconoscimento della continuazione con una condanna per art. 416 bis c.p., erroneamente negata nonostante emergesse che egli in posizione di sudditanza rispetto al P., avesse maturato la volontà di operare criminalmente in diversi ed eterogenei contesti.

P.G..

Denuncia, e per i medesime profili riferiti nell’esaminare la posizione B., la inutilizzabilità delle intercettazioni.

Si duole sotto il profilo del difetto motivazionale e della violazione di legge per la affermata responsabilità in ordine ai delitti ascrittogli, valorizzando gli elementi posti a carico del correo e non individualizzando la sua posizione, desunta, peraltro, da una conversazione avvenuta con il Ca. dopo la consumazione del fatto e non dimostrativa del suo concorso morale; in ordine al fatto associativo, propone motivi identici a quelli B. sulla posizione del S.; sul capo D pone in evidenza le perplesse e contraddittorie propalazioni del S., che aveva escluso di aver ricevuto stupefacente, non trovato dalla polizia. E per i capi e ed f denuncia la fragilità dell’accusa, ricavata apoditticamente dalla attività del correo B. nel primo caso e dalla irrevocabilità di una sentenza di condanna di altro correo nel secondo, ossia da fatti che non attengono alla sua persona.

C.V. lamenta la inutilizzabilità delle intercettazioni, con motivi identici a quelli esposti dai coimputati e la illogicità della decisione, in relazione alla valutazione delle conversazioni intercettate, affatto riscontrate da servizi di polizia; si duole infine della mancata concessione della invocata attenuante speciale.

Motivi della decisione

1. E’ preliminare l’esame della eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni che tutti e tre i ricorrenti sviluppano con argomentazioni perfettamente sovrapponibili fra loro.

2. La censura non ha fondamento.

3. Innanzi tutto è da rammentare che la cadetta attestazione di indisponibilità delle apparecchiature in dotazione agli uffici di procura non rientra nel novero della documentazione che il P.M. deve depositare, gravando, invero, sull’organo inquirente l’obbligo di fornire la motivazione relativa alla situazione di insufficienza o inidoneità degli impianti della procura della Repubblica, dando atto del fatto storico, ricadente nell’ambito dei poteri di cognizione di P.M., che ha determinato quella situazione, in relazione al reato per il quale si procede ed al tipo di indagini necessarie.

4. Pertanto, dato che la lagnanza è limitata alla omissione della citata documentazione e non anche alla insussistenza dei presupposti per il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio esterno, è evidente che non ha in concreto nessun rilievo, e che ai ricorrenti non è consentito, in tal modo, introdurre ragioni di inutilizzabilità, al di là di quelle tassativamente previste dalla legge.

5. Parimenti infondato è l’ulteriore profilo della inadeguata motivazione delle ragioni di "eccezionale urgenza"; premesso, invero, che i ricorrenti avrebbero dovuto, per il requisito di autosufficienza del ricorso, fornire i dati obbiettivi necessari al richiesto controllo, e non lo hanno fatto, è da rammentare il principio pacifico per cui in tema di intercettazioni di comunicazioni e conversazioni telefoniche, nella nozione di urgenza, come requisito di legittimità del decreto emesso dal P.M., rientrano, di norma, anche le "eccezionali ragioni di urgenza" richieste dalla legge per l’utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione alla procura della Repubblica, con la conseguenza che la motivazione sul primo requisito da al contempo conto anche della sussistenza del secondo, e che la convalida del decreto d’intercettazione preclude ogni questione circa i requisiti per il ricorso agli impianti esterni. (p. Sez. 4, Sentenza n. 45700 del 22/10/2008 e massime conformi n. 11576 del 2006 e N. 27852 del 2002 Rv. 232161, N. 1639 del 2004 Rv. 227309, N. 2563 del 2005 Rv. 230882, N. 32469 del 2005 Rv. 232220, N. 775 del 2007 Rv. 235803).

6. Nel merito i ricorsi sono infondati.

7. E’ da premettere in linea generale che la impugnazione, secondo i criteri indicati dall’art. 580 c.p.p., lett. c, deve individuare i punti critici della decisione impugnata e non limitarsi a riproporre le lagnanze proposte al giudice distrettuale ovvero proponendo, sforando i limiti imposti dall’art. 606 c.p.p., lett. E, una rivisitazione dei fatti, alternativa a quella adottata dal giudice di merito.

8. In proposito va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte, anche a Sezioni Unite (cfr. Sez. Un., N. 6402/97, imp. Dessimone ed altri, RV. 207944; Sez. Un., ric. Spina, 24/11/1999, RV. 214793), esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito.

9. In presenza, poi, di una doppia conforme, quale sostanzialmente quella in esame, per la maggior parte delle imputazioni esaminate – la riforma ha riguardato, infatti, una sola delle ipotesi contestate – deve rilevarsi che quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello può saldarsi con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo, sicchè risulta possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado, colmare eventuali lacune della sentenza di appello.

10. Dall’altro, è pacifico che non vi è un obbligo motivazionale esteso a tutte le deduzioni che compongono il gravame. Infatti, per adempiere compiutamente l’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a prendere in esame espressamente ed analiticamente tutte le circostanze e le argomentazioni dedotte dall’imputato e dal suo difensore, essendo, invece, sufficiente – e necessario – che il giudice medesimo enunci con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del suo convincimento, in modo che risulti l’iter logico seguito per addivenire alla decisione adottata, la quale non deve lasciare spazio per una valida alternativa a quelle deduzioni difensive che pur non essendo state espressamente valutate, siano con essa incompatibili e devono, pertanto, ritenersi implicitamente disattese.

11. Tanto premesso ed alla luce dei principi richiamati, è da riscontrare la genericità della impugnazione proposta da C. V., che si è limitato a riprendere uno dei temi affrontati in appello, ossia quello della identificazione dei protagonisti delle conversazioni ed le critiche rivolte al ritenuto peso probatorio delle dichiarazioni del coimputato S., cui la corte ha dato adeguata risposta.

12. Vale ribadire che non basta estrapolare singole asserzioni della sentenza impugnata per dedurne i vizi della motivazione, ma occorre confrontarsi – e dialetticamente – con l’intero contesto dell’iter argomentativo adottato dal giudice, tanto più se, come nel caso in esame, detta individuazione di punti critici si risolve nella formulazioni di mere ipotesi di dubbio e di antitetiche ricostruzioni.

13. Parimenti inammissibile è la censura relativa alla mancata concessione della attenuante speciale, compiutamente esaminata dalla corte (a pag. 42-43 del testo) sicchè da un lato la indicata omissione dell’esame dei motivo non ha ragione di essere e dall’altro il C. reintroduce un elemento del fato, ossia quello del traffico limitato a soli 5 grammi di sostanza, che il giudice ha motivatamente escluso. Si profila pertanto un duplice profilo del vizio da cui è affetta la motivazione.

14. Anche i rimanenti ricorrenti, ciascuno in relazione ai profili specifici della loro condotta, focalizzano vizi della motivazione che in realtà introducono una rivisitazione dei fatti, secondo una lettura riduttiva delle acquisizioni probatorie. E’ evidente che esse riguardano temi che non possono essere esaminati in questa sede, non essendo la corte di legitimità chiamata a "sovrapporre" la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì a stabilire se detti giudici abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione;se ne abbiano fornito una corretta valutazione dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti; se i criteri logici seguiti nello sviluppo delle varie argomentazioni siano adeguati e coerenti alla definitiva selezione delle alternative decisorie, come nella specie avvenuto.

15. In particolare, per quanto riguarda il B. va rilevata la genericità del secondo motivo di impugnazione, che non indica e non precisa quali delle intercettazioni a suo carico riguardassero periodi non afferenti a quelli in cui si sarebbe svolta la sua condotta delittuosa, risultando, al contrario, che la corte distrettuale ha analizzato tutto il materiale probatorio riversato in atti con specifica attenzione ai singoli reati contestati ed alle sequenze temporali di svolgimento della condotta, sicchè la lagnanza, in mancanza di specificazione, resta del tutto incomprensibile e non ne risulta in alcun modo apprezzabile il concreto interesse a proporla.

16. I motivi concernenti la affermazione di responsabilità per le singole vicende di detenzione di stupefacente non sono fondati, giacchè come già cennato si limitano a opporre la insufficienza della prova del suo collegamento con gli altri protagonisti della vicenda, (sub capo A) o del suo inserimento cosciente in una struttura organizzata (sub capo C) o della sicura estraneità al fatto di cui al capo E, mediante una mera enunciazione della erroneità della pronuncia, con riproposizione delle medesime questioni avanzate con il gravame nel grado di merito; è da rilevare che non vi è confronto con la motivazione della sentenza di appello, che invece ha dato adeguata, puntuale e logica risposta a tutte le osservazioni poste ed escluso anche il solo dubbio di un diverso svolgimento dei fatti.

17. La censura concernente il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con altra sentenza, con cui è stata affermata la responsabilità del ricorrente per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., esula dal sindacato di questa corte; la valutazione espressa da giudice di merito è immune da evidente pecca logica, posto che è stata rilevata la differenza di ruoli svolti da B. nelle due vicende associative in cui è stato coinvolto, essendo egli organizzatore del traffico di stupefacenti nella presente e esattore della mafia in quella precedente.

18. Ora, esattamente, la corte rilevata la mancanza di contatti tra le due condotte indicativi di un’unica propensione criminale, ha escluso la ricorrenza dell’istituto invocato, che è ravvisabile appunto quando il traffico di stupefacenti sia oggetto di una delle attività di un’associazione di tipo mafioso e venga gestito attraverso un’associazione all’uopo finalizzata e appositamente costituita e diretta dai componenti di quella mafiosa, e coloro che abbiano operato nell’ambito del traffico di stupefacenti abbiano la consapevolezza che lo stesso fosse gestito dal sodalizio mafioso, elementi nella specie neanche dedotti.

19. Il ricorso del P. non può del pari trovare accoglimento.

20. L’impugnazione, infatti, non si confronta con gli sviluppi argomentativi della sentenza di appello, e si limita a contestare la riferibilita dei fatti contestati alla sua persona, riproponendo le medesime questioni già risolte dalla corte, comunque attinenti alla valutazione delle prove ed in questa sede dunque non valutabili.

21. Il giudice distrettuale, con iter discorsivo adeguato e privo di salti logici, ha individuato il concorso del P. nelle fattispecie addebitatigli, sia in relazione al contenuto delle telefonate intercettate, in cui il P. interloquiva attivamente con il fornitore Ca. (capo A) sia in relazione alla molteplicità dei suoi contatti con gli altri associati ed il suo ruolo di trasportatore di droga, in coppia con il B., che era sintomatico per continuità e organizzazione di mezzi indicativo della consapevolezza della appartenenza ad una struttura associativa, sia in relazione alle dichiarazioni eteroaccusatorie provenienti dall’imputato S., confortate dai concordanti risultati dei dialoghi registrati.

22. Tali acquisizioni non possono essere, per quanto sopra esposto in tema di controllo della motivazione, rimesse in discussione in sede di legittimità, in quanto implicherebbero una inammissibile operazione di rivalutazione del materiale probatorio.

23. In conseguenza del rigetto, i ricorrenti sono da condannare ciascuno al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti a pagare le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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