Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-09-2011) 28-11-2011, n. 44029 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 luglio 2010 il Tribunale di Pordenone ha applicato a E.A. e L.F. la pena dai medesimi concordata con il pubblico ministero in ordine alle contestazioni D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 loro rispettivamente ascritte.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Trieste, deducendo violazione di legge con riferimento alla posizione di E.A. in quanto sono state concesse le attenuanti generiche sulla base della sola incensuratezza e con riferimento alla posizione di L.F. in quanto il calcolo della pena pecuniaria è stato effettuato partendo da una pena base inferiore al minimo di legge.

3. Anche E.A. ha presentato ricorso, deducendo erronea applicazione della legge penale relativamente alla mancata autorizzazione a recarsi al lavoro e violazione del diritto di difesa relativamente al fatto che il Gup "anzichè limitarsi a quanto concordato dalle parti, provvedeva a sospendere la efficacia di altra sentenza emessa dal Tribunale di Macerata, della quale peraltro non v’era traccia nel fascicolo processuale"; nell’acquisire dati di altri procedimenti il giudice avrebbe dovuto dare avviso all’imputato, per consentirgli di valutare la effettiva bontà della scelta del rito.

Motivi della decisione

1.1 ricorsi sono inammissibili.

1.2 Il ricorso del pubblico ministero nei confronti di L. è infatti manifestamente infondato dal momento che non tiene conto del fatto che, come risulta chiaramente dal "patto" riportato a verbale, la pena base è stata regolarmente prevista in Euro 3000,00, cioè nel minimo legale, ma all’imputato sono state concesse anche le attenuanti generiche.

1.3 Il ricorso del pubblico ministero nei confronti di E.A. è manifestamente infondato risultando dalla motivazione della sentenza impugnata che le circostanze attenuanti generiche, richieste per l’incensuratezza dell’imputato in contrasto con l’art. 62 bis c.p., comma 3, sono state dal giudice concesse in considerazione del positivo comportamento processuale dell’imputato.

2. Il ricorso di E.A. è manifestamente infondato atteso che l’imputato non ha ragione di dolersi in questa sede della mancata concessione del beneficio dell’avviamento al lavoro, che è provvedimento che non attiene alla sentenza di applicazione della pena. E’ solo il caso di osservare che non si tratta dell’istituto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 bis, che si riferisce al lavoro di pubblica utilità, ma di provvedimento collegato alla separata misura cautelare che non è impugnabile con ricorso per Cassazione. Correttamente il giudice ha revocato l’indulto in precedenza concesso, provvedimento che consegue obbligatoriamente anche alla pronuncia di sentenza di patteggiamento con la quale venga inflitta una pena detentiva non inferiore a due anni per un reato commesso nei cinque anni successivi alla entrata in vigore della legge (sez. 1, sentenza n.29959 dell’11.7.2008 rv. 240686).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna E.A. al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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