Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-09-2011) 28-11-2011, n. 44024

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di O.R. avverso l’ordinanza in data 13.5.2010 della Corte di Appello di Cagliari che respingeva la richiesta del detto O. volta ad ottenere l’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita per complessivi giorni 285 per i delitti di maltrattamenti in famiglia, lesioni e minacce aggravate, dal quale era stato assolto in sede di appello dopo una condanna in primo grado, perchè il fatto non sussiste.

La Corte rigettava l’istanza ritenendo che alla detenzione avesse concorso a dare causa il ricorrente con colpa grave, consistente nel non aver fornito giustificazioni adeguate circa la presenza di un coltello da cucina nascosto sopra un armadio della sua abitazione (che, secondo l’accusa e le dichiarazioni della persona offesa, convivente dell’imputato, era stato utilizzato per minacciare quest’ultima, nell’ambito dei maltrattamenti), avvalendosi della facoltà di non rispondere in sede di convalida di arresto e fornendo, successivamente, in sede di dichiarazioni spontanee nel corso del giudizio abbreviato, una spiegazione per l’utilizzo del coltello che, però, non giustificava la circostanza del suo rinvenimento sopra un armadio; il provvedimento impugnato riteneva che il principio secondo il quale il silenzio dell’imputato o indagato non può risolversi a suo carico valeva solo nel processo penale e non in quello civile, cui è assimilabile quello per la riparazione dell’ingiusta detenzione. Il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale, lamentando l’erroneità della valutazione a carico dell’imputato della scelta difensiva di avvalersi della facoltà di non rispondere in ordine a quegli elementi che risultano posti a base del provvedimento restrittivo, procedendo ad una indebita distinzione tra processo penale e processo civile, cui andrebbe equiparato quello per riparazione di ingiusta detenzione; si duole, altresì, della mancata indicazione del nesso causale tra silenzio dell’imputato – soltanto all’udienza di convalida – ed emissione del provvedimento restrittivo.

Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Premesso che la natura civilistica del giudizio per la riparazione è stata esclusa dalle Sezioni Unite penali, orientate, ormai, nel configurarlo, pur pronunciando a diversi fini, quale procedimento penale autonomo non incidentale (v., tra le altre, sent. nn. 14/98, 3435/01, 34559/01, 35760/03 1153/2009), è stato comunque affermato che "In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa della colpa grave, il silenzio tenuto dall’indagato (o imputato) non è sindacabile a meno che sia possibile affermare che fosse in grado di fornire una logica spiegazione al fine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso delle indagini. (La Corte ha precisato che soltanto in questo caso, il mancato esercizio di una facoltà difensiva – quanto meno sub specie di allegazione di fatti favorevoli – vale a far ritenere sussistente una condotta omissiva concorrente al mantenimento della custodia cautelare)" (Cass. pen. Sez. 4, n. 47047 del 18.11.2008, Rv. 242759 ed altre precedenti e successive conformi).

Orbene, l’ordinanza impugnata non ha fornito adeguata e necessaria spiegazione dell’efficienza causale del silenzio serbato dall’indagato in sede di convalida al fine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso delle indagini. Del resto, non il silenzio o la reticenza, in quanto tali, rilevano ai fini dell’integrazione della condotta gravemente colposa ostativa del diritto all’equa riparazione, ma il mancato esercizio di una facoltà difensiva, quanto meno sul piano dell’allegazione di quelle circostanze, note all’imputato, che contrastino l’accusa, o vincano ragioni di cautela e ciò con riferimento, nel caso di specie, all’occultamento del coltello sopra un armadio ove l’imputato l’aveva riposto.

E’ chiaro che tale circostanza aveva solo valenza di oggettivo riscontro alle dichiarazioni accusatorie della convivente che aveva espressamente collegato l’occultamento del coltello alle minacce subite a suo mezzo: a fronte di essa, è vero che l’imputato ingiustamente accusato di reati commessi anche con l’uso del coltello avrebbe potuto fornire delle spiegazioni, ma è anche vero che l’omessa indicazione di idonee giustificazioni al riguardo non può aver di per sè (cioè in via meramente implicita) valenza concausale per l’emissione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare restrittiva.

In altri termini, occorre che il Giudice della riparazione e, quindi la Corte territoriale in sede di rinvio, fornisca congrua motivazione in ordine al concreto apporto causale del silenzio serbato dall’indagato alla risoluzione dell’emissione dell’ordinanza cautelare restrittiva, spiegando sotto quali profili specifici esso possa aver indefettibilmente inciso nel quadro indiziario, completandolo quanto a consistenza o gravita. Consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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