Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-06-2012, n. 9866 Mansioni e funzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12.1/1.4.2006 la Corte di appello di Catania confermava la decisione di primo grado che accoglieva la domanda proposta da G.S. nei confronti dell’Assessorato dei Beni Culturali e Ambientali della Regione Siciliana ai fini dell’attribuzione del livello 5^, mansioni di assistente tecnico informatico. Osservava in sintesi la Corte territoriale che, per tutta la durata (triennale) del rapporto di lavoro, il G. aveva sempre svolto, presso la Soprintendenza di Ragusa, mansioni di assistente tecnico informatico, corrispondenti al 5^ livello del CCNL Federmeccanica, di talchè irrilevante era da ritenersi, al fine di escludere la riscontrata violazione, che, nella specie, l’oggetto delle mansioni dovesse essere determinato, in base a quanto previsto nella lettera di assunzione, solo ex post in via definitiva, con la possibilità di conseguire un mutamento, anche in peius, delle medesime, una volta accertata la non corrispondenza fra le mansioni dichiarate dal lavoratore ai fini dell’assunzione e quelle effettivamente svolte presso i precedenti soggetti utilizzatori.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Assessorato regionale con tre motivi.

Non ha svolto attività difensiva l’intimato.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, l’Assessorato ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 2103 c.c., della L.R. Sicilia n. 25 del 1993, art. 111, della L.R. Sicilia n. 34 del 1994, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ed, al riguardo, osserva che la sentenza aveva omesso di pronunciarsi sulla particolare procedura di assunzione ed inquadramento, valutando un inquadramento provvisorio, colpevolmente attribuito in base ad autocertificazione, come inquadramento definitivo, e aveva operato erronea applicazione dell’art. 2103 c.c., non facendosi nel caso questione del mutamento delle mansioni svolte dal dipendente al momento dell’assunzione, ma dell’individuazione ab initio delle stesse.

Con i restanti motivi le stesse censure vengono reiterate sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione.

2. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la connessione delle problematiche e degli argomenti, e vanno rigettati.

3. Ha accertato la Corte territoriale che, per tutta la durata del rapporto di lavoro presso la Soprintendenza di Ragusa, il G. aveva costantemente svolto le mansioni di assistente tecnico informatico, corrispondenti al 5^ livello del CCNL Federmeccanica, per come risultava attestato dalla stessa Amministrazione e, alla luce di tale accertamento, ha correttamente ritenuto che l’inquadramento del dipendente ed il relativo trattamento retributivo non potessero essere divergenti dalle mansioni effettivamente prestate, a prescindere da qualsiasi attribuzione formale della qualifica.

Osserva l’Assessorato ricorrente che non si verte "in tema di ius variarteli, ma di esatta determinazione, ab origine, del contenuto della prestazione dovuta dal lavoratore in forza del contratto".

Non si è considerato, tuttavia, che, nell’ordinamento del lavoro, deve esservi piena corrispondenza fra mansioni e qualifica e che, pertanto, il lavoratore è titolare di un diritto soggettivo sia al riconoscimento della qualifica corrispondente alle mansioni di fatto espletate (v. ad es. Cass. n. 476/1999), sia alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori svolte, pur indipendentemente dall’acquisizione definitiva della qualifica stessa (cfr., ad es. da ultimo Cass. n. 5137/2004; Cass. n. 14944/2004).

Ne discende, fra l’altro, che il diritto al più favorevole trattamento economico, essendo garantito in modo autonomo, deve essere riconosciuto per tutto il periodo per il quale si sia accertato l’esercizio delle mansioni superiori, che lo stesso non è suscettibile di preventiva rinuncia (v. Cass. n. 4064/1989), che non può essere condizionato, anche in sede di pattuizioni collettive, dal conseguimento della corrispondente superiore qualifica.

E’ appena il caso di soggiungere che tali principi non rinvengono alcuna smentita nella legislazione pertinente, ed in particolare nella disposizione della L.R. n. 25 del 1993, art. 111, come mod.

dalla L.R. n. 34 del 1994, art. 13 (la quale, nel prevedere "la stipula per mezzo di tutti gli uffici periferici dell’Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione di contratti di lavoro subordinato di diritto privato di durata triennale non rinnovabile, sulla base di schemi formulati dall’Assessorato stesso, con il personale già utilizzato nelle campagne di catalogazione del patrimonio culturale siciliano effettuate in Sicilia…", stabilisce, fra l’altro, che "il rapporto di lavoro così costituito verrà regolato dalle norme del contratto collettivo nazionale dei lavoratori dell’industria privata- settore metalmeccanici anche per quanto attiene ai criteri di inquadramento ed in quanto compatibili").

Nè tali principi, in considerazione della loro cogenza, possono rinvenire contraddizione nei contenuti della lettera di assunzione, e quindi nella asserita mancanza di corrispondenza fra le mansioni dichiarate e quelle svolte presso i precedenti soggetti utilizzatori, una volta accertato (per come nel caso è incontroverso) che, per tutta la durata del rapporto di lavoro, le mansioni effettivamente svolte sono state corrispondenti a quelle riconosciute dai giudici di merito, sulla base del valore dichiarativo – si ripete – che assume nel diritto del lavoro l’attuazione della relazione contrattuale.

Va,, per il resto,osservato che la tesi dell’Amministrazione ricorrente non trova alcun positivo riscontro neppure nella decisione di questa Suprema Corte n. 15337 del 2007, richiamata dall’Avvocatura generale in sede di discussione orale, affermandosi, in realtà, nella stessa "che nessuna disposizione di legge o contrattuale impone al nuovo datore di lavoro di conservare al dipendente le mansioni riconosciute dal precedente datore di lavoro" e che illogica doveva, pertanto, ritenersi, nel caso in quella sede esaminato, la motivazione del giudice di merito che aveva riconosciuto al lavoratore "la stessa qualifica spettante nel precedente rapporto di lavoro, senza alcun riguardo alle mansioni assegnate alla dipendente, e a quelle da questa effettivamente svolte…nel rapporto di lavoro subordinato con l’Assessorato, le uniche rilevanti ai sensi dell’art. 2103 c.c., per il riconoscimento della qualifica superiore rivendicata".

Con il che appare evidente come il tema esaminato nella decisione richiamata riguardasse il diritto del lavoratore alla conservazione della posizione professionale in precedenza acquisita (diritto che è stato correttamente escluso), e non anche il riconoscimento degli effetti conseguenti alle mansioni effettivamente svolte presso l’Assessorato, la cui rilevanza, anzi, è stata espressamente confermata.

Mette conto, infine, osservare, nonostante il carattere del tutto assorbente dei rilievi che precedono, che, comunque, neppure risulta documentato, in coerenza con il canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, che il precedente inquadramento è stato attribuito "colpevolmente" al ricorrente, sulla base di una dichiarazione del medesimo non conforme alle mansioni realmente svolte presso il precedente soggetto utilizzatore.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese, non avendo svolto l’intimato attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

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