Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 28-11-2011, n. 44017

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il Tribunale di Milano, costituito ai sensi dell’art. 310 c.p., con ordinanza 10 marzo 2011, respingeva l’appello proposto da P.P. avverso il provvedimento 24 gennaio 2011 con il quale il GIP del tribunale di Milano respingeva l’istanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari ovvero di modifica del luogo di esecuzione della suddetta misura.

Il P., con ordinanza 7 marzo 2010 del GIP di Milano era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere per l’omicidio aggravato commesso il (OMISSIS) ai danni della figlia P.R., il provvedimento veniva confermato dal tribunale del riesame con decisione del 23 marzo 2010. Il successivo 22 ottobre 2010 il GIP su istanza della difesa sostituiva la custodia in carcere con la misura degli arresti domiciliari presso la comunità A.G.V. Onlus con sede in (OMISSIS).

L’istanza di revoca dell’ultima misura cautelare era respinta dal GIP sul rilievo che il quadro indiziario si era ulteriormente consolidato ed erano rimaste immutate le esigenze cautelari, per la brutalità del reato ed a cagione della condotta processuale dell’imputato che negava l’evento delittuoso e si rifiutava di fornire qualunque spiegazione; solo la misura in corso era in grado di garantire, considerata l’età e le condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario, una adeguata vigilanza oltre alle cure necessarie laddove la diversa struttura indicata dalla difesa non rispondeva alle esigenze di adeguato controllo sull’imputato, oltre ad esserci problemi per il pagamento della retta per l’ospitalità.

Il Tribunale respingeva l’appello condividendo le valutazioni del GIP e rilevando che in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 273 e 274 c.p.p. si era formato il giudicato cautelare essendo rimasti invariati i presupposti di fatto della precedente ordinanza del Tribunale del riesame del 23 marzo 2010.

Affermava il tribunale che con l’ordinanza del marzo 2010, era già stato ricostruito il contesto di grave conflittualità tra indagato e vittima ed era già stata considerata era priva di riscontro la possibilità di contaminazione degli abiti del P., per cui tali profili dedotti dalla difesa non costituivano fatti nuovi idonei a superare la preclusione endoprocessuale.

Riteneva il tribunale che la misura degli arresti domiciliari sia la cautela minima a neutralizzare il pericolo di reiterazione di condotte analoghe, vista la gravità dei fatti, la brutalità della loro esecuzione, la carica di violenza che denotano e l’aggressività sviluppata dal P. negli ultimi anni quale reazione alle situazioni considerate avverse.

Quanto, infine, alla possibilità di modifica del luogo di esecuzione della misura rilevava che le caratteristiche della struttura residenziale per anziani (OMISSIS), indicata dalla difesa, non offrono adeguate garanzie rispetto alla reiterazione di condotte di aggressione e violenza verso terzi.

2.- Avverso l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’avvocato Carlo Cordani, difensore di P.P., deducendo quali motivi la mancanza di motivazione:

1) In relazione alle risultanze investigative e agli accertamenti tecnico scientifici che hanno escluso tracce di sangue della vittima nella suola delle scarpe dell’imputato e nei sanitari del bagno.

Quanto all’inquinamento operato direttamente dalle forze dell’ordine esso non è escluso posto che sono gli stessi carabinieri ad ammettere di averlo potuto provocare sul pavimento della cucina.

Inoltre l’ordinanza non tiene conto della novità costituita dal mancato rinvenimento sulla spranga che l’accusa ipotizza costituire l’arma del delitto, di tracce di DNA del P..

2) In ordine alla pista alternativa risultante dalle tracce di sperma riscontrate sul corpo della vittima posto che il consulente medico non è stato in grado di escludere che le tracce biologiche di soggetto sconosciuto siano state lasciate sulla vittima poco prima del decesso.

3) Con riferimento alla personalità del P., incensurato e che ha sempre condotto una vita regolare ed integerrima, ed alle sue condizioni di salute e di età che rendono difficilmente ipotizzarle che egli abbia potuto ideare e commettere un delitto tanto efferato.

Inoltre nel periodo trascorso nella (OMISSIS) ed i quello successivo in arresti domiciliari presso la comunità ONLUS A.G.V. di (OMISSIS) non ha mai palesato comportamenti violenti contro altre persone, è quindi inverosimile che egli nel caso di sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di dimora, oppure con la modifica del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari possa nuocere a terze persone.

E’ quindi carente di motivazione l’ordinanza laddove ritiene che la rimessione in libertà dell’imputato o la modifica del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari possa determinare la reiterazione di gravi reati.

3.- Il Procuratore Generale Dr. Enrico Delehaye ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4.- Il difensore presente all’udienza in camera di consiglio ha dichiarato di rinunciare alla richiesta di modifica del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, già accolta con ordinanza 6 aprile 2011 della Corte di assise di Milano.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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