Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 28-11-2011, n. 44013 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza in data 21 dicembre 2010 il Tribunale di Forre Annunziata, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza proposta da C.A. volta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione ai l’atti giudicati con quattro sentenze di condanna emesse nei suoi confronti. Dopo aver rilevato che per i reati giudicati con le prime due sentenze di condanna era stato applicato l’indulto, il giudice dell’esecuzione considerava che con tali due pronunce l’istante era stato ritenuto colpevole di delitti di cessione di stupefacente, con la terza condanna per i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e cessione di sostanza stupefacente, con la quarta era stato condannato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e per detenzione di armi comuni e da guerra.

Nonostante la natura omogenea della maggior parte delle fattispecie per le quali era intervenuta condanna, il giudice non ravvisava l’esistenza di un unico disegno criminoso sottostante alla commissione dei diversi reati. Nel caso di specie l’omogeneità dei reati ed il fatto che si fosse trattato di cessioni di stupefacenti rende evidente, secondo l’argomentare del giudice di merito, la tendenza del condannato a commettere determinati tipi di reato, anche al fine di conseguire illeciti profitti, nonchè una scelta di vita implicante la reiterazione di determinate condotte criminose.

2- Avverso l’ordinanza propone ricorso l’avvocato Maria Formisano, difensore di C.A., deducendo vizio di motivazione.

Lamenta che il giudice dopo aver riconosciuto l’omogeneità delle violazioni abbia comunque ritenuto che alla base delle stesse non fosse ravvisabile l’esistenza di un unico disegno criminoso, senza in alcun modo motivare in proposito.

L’ordinanza invece di individuare e vagliare i dati di possibile collegamento tra i reati indicati dall’istante, omettendo in proposito qualunque argomentazione, si limita ad esporre alcune massime di legittimità disarticolate dal relativo contesto.

3.- Il Procuratore Generale presso questa con atto depositato il 29 aprile 2011 ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile con le statuizioni conseguenti.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso viene censurata la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza gravata sull’assunto che il giudice dell’esecuzione non avrebbe applicato correttamente le regole della logica per avere da un lato rilevato la natura omogenea della maggior parte dei reati per i quali erano state pronunciate le sentenze di condanna e dall’altro ritenuto che non sussistesse, comunque, l’unicità del disegno criminoso. Rileva il Collegio che il motivo è inammissibile in quanto generico. L’art. 606 c.p.p. elenca una serie tassativa di motivi di ricorso. Il ricorrente deve quindi prospettare una specifica doglianza in ordine alle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata e non limitarsi a dedurne genericamente l’infondatezza.

2.- Osserva il Collegio che, sulla base della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo, almeno a grandi linee, nella loro specificità, situazione che va tenuta distinta dalla mera inclinazione, da parte del reo medesimo, a reiterare nel tempo reati della stessa specie, anche quando tale propensione alla reiterazione sia dovuta ad una scelta di vita deviante. Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso devono essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le circostanze di tempo e di luogo.

Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p., la cognizione del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita sulla base del raffronto del contenuto decisorio delle sentenze di condanna conseguite alle azioni od omissioni che si assumono essere "in continuazione" (Cass. Sez. 1, 16.1.2009, n.3747, RV 242537).

3.- Nel caso di specie il Tribunale di Torre Annunziata, con motivazione stringata ma congrua, richiamato il contenuto delle sentenze esaminate, ha ritenuto che la sola parziale omogeneità delle violazioni non fosse indicativa di una unitaria ideazione, preesistente alla commissione dei singoli reati quanto, piuttosto, apparisse sintomatica della tendenza dell’istante a commettere determinate specie di delitti per una scelta di vita che implica la reiterazione delle condotte delittuose.

A tali argomentazioni il ricorrente contrappone solo considerazioni di stile circa la sufficienza di una generica programmazione dei crimini aventi la medesima finalità per l’applicazione della disciplina della continuazione, senza riferimento alcuno alla specifica situazione del condannato ed al contenuto delle sentenze in relazione alle quali era richiesta il riconoscimento del vincolo di cui all’art. 671 c.p.p. e art. 81 c.p..

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 (mille) a favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *