Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-06-2012, n. 9856

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con concessione 2.3.1993 il Sindaco del Comune di Parolise autorizzò la ricostruzione post sismica de fabbricato condominiale di proprietà dei signori D. sito in Via (OMISSIS) indicando la somma attribuibile della L. n. 32 del 1992, ex art. 3, comma 2, lett. B. Detta somma, con Delib. Consiglio Comunale 27 novembre 2001, venne determinata in sede di ripartizione delle somme assegnate al Comune dal CIPE. Poichè il Comune non diede corso alla liquidazione del contributo originariamente indicato, deducendo che l’ammontare delle esigenze di cui alla L. n. 32 del 1992, art. 3, comma 2, faceva residuare la sola somma di Euro 296.061 inferiore a quella spettante ai D. e che costoro non avevano accettato nelle indicate modalità e quindi sostanzialmente rifiutato, e poichè l’Ente con Delib. 27 maggio 2002 del Consiglio (assunta per la mutata identificazione dei bisogni e degli obiettivi) modificò il piano di ripartizione della contribuzione accreditata dal CIPE, il D. – nella qualità di condomino e di amministratore-delegato condominiale – con citazione 31.7.2006 convenne il Comune innanzi al Tribunale di Avellino al fine di ottenerne la condanna al pagamento del contributo nella misura di legge.

Si costituì il Comune che, eccepita la assenza di delibera di conferimento al D. della veste di delegato alla riscossione, osservò come il contributo erogabile era inferiore a quello spettante e che, non essendo stato accettato nè richiesto, l’Ente aveva provveduto a destinare le somme a copertura di diverse spese istituzionali.

Il Tribunale di Avellino con sentenza 14/7/2008 dichiarò la carenza di legittimazione processuale del D. in difetto della prova del mandato specifico da parte dei condomini e, con riguardo al diritto del D. in proprio, respinse la domanda non avendo egli dato prova della sufficienza del contributo al fine di consentire la erogazione della somma richiesta dopo aver soddisfatto le esigenze degli altri soggetti in posizione di priorità.

Il D. propose appello, anche deducendo che il 10.10.2008 il Condominio aveva ratificato il suo operato e conferito il potere rappresentativo e negando che fosse onere dei condomini provare la capienza del finanziamento rispetto al proprio diritto a contributo.

Si costituì il Comune di Parolise eccependo la inammissibilità della ratifica e chiedendo la reiezione del gravame.

La Corte di Appello di Napoli con sentenza del 7.6.2010 ha rigettato l’appello affermando in motivazione:

che era esatta la affermazione del Tribunale per la quale il delegato condominiale doveva ricevere il conferimento di espressi poteri da parte dei condomini, conferimento che in primo grado non era avvenuto; che peraltro con l’appello il D. aveva prodotto la delibera dei proprietari che gli conferivano il potere rappresentativo e che ratificava il pregresso operato e detta delibera era acquisibile perchè indispensabile ai sensi dell’art. 345 c.p.c.; che venendo al merito era esatto l’assunto dal quale era partito il Tribunale, quello per il quale il richiedente il contributo aveva l’onere di provare l’attualità del suo diritto al contributo: se era indiscutibile che il contributo era oggetto di un diritto soggettivo era però chiaro alla luce delle norme della L. 32 del 1992, che esso insorgeva solo all’esito della individuazione dei creditori prioritari nell’ambito della copertura finanziaria; che d’altra parte neanche era stata affermata la offerta di una propria accettazione della minor somma risultante dalla decurtazione sì che, non avendo il D. offerto la prova della capienza del contributo, della spettanza della quota rivendicata e della accettazione della minor somma offerta, e di nessun rilievo essendo la diversa destinazione di cui alla Delib. 27 maggio 2002, la domanda doveva essere rigettata. Per la cassazione di tale sentenza, notificata l’11.11.2010, il D. in proprio e quale delegato condominiate ha proposto ricorso l’11.1.2011 articolando sette motivi. Il Comune di Parolise ha notificato controricorso 18.2.2011 nel quale, rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal D. quale "delegato", ha controdedotto alle censure e in via incidentale ha lamentato la violazione dell’art. 345 c.p.c., con l’acquisizione della tardiva ratifica del tutto inidonea alla rappresentanza processuale. Il D. ha notificato il 29.3.2011 controricorso al ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memorie finali.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, all’esito della disamina delle riunite impugnazioni, vada disattesa preliminarmente la questione e la doglianza posta con il pregiudiziale ricorso incidentale ed in controricorso, e che, dalla conseguente cognizione del ricorso principale, discenda la valutazione di fondatezza dei motivi secondo e terzo, di inammissibilità di primo, quinto, sesto e settimo, di assorbimento del motivo quarto.

Ricorso incidentale e controricorso – questioni pregiudiziali Si eccepisce che il ricorso sia stato proposto dal D. anche per i condomini quali deleganti senza il conferimento di procura speciale ed, in via di impugnazione incidentale, ci si duole che la Corte di Napoli, con acquisizione documentale vietata, abbia poi ritenuto che l’appello fosse stato validamente proposto dal D. ut supra sfornito delle singole necessarie procure ad litem.

Osserva il Collegio che non è certo pertinente il richiamo all’art. 83 c.p.c. (che vale in relazione a procura speciale al difensore per il ricorso per cassazione e che è stato del tutto rispettato). Si tratta puramente e semplicemente di un problema di capacità processuale ex art. 75 c.p.c.. La tesi del Comune è in realtà basata sul rilievo dell’estraneità del delegato o capo condominio dalla figura e dai correlati poteri dell’amministratore di condominio (nell’ambito dei quali anche l’azione dell’amministratore per il risarcimento dei danni cagionati alle singole unità immobiliari richiede il mandato speciale: vd. Cass. 22565 del 2010 e sulla cui legittimazione è noto l’orientamento delle S.U. espresso con la decisione 18331 del 2010). Ad avviso del Comune la previsione legale de condominio "convenzionale" sarebbe consistita nella induzione legale ad una costituzione di condominio diretto alla sola delibera di ricostruzione, con la conseguente dissoluzione di ogni ipotesi di potere rappresentativo del delegato la cui capacità gestoria – come "delegato alla riscossione" – andrebbe mantenuta solo nell’ambito del rapporto con la P.A. per la erogazione amministrativa dei contributi e dovendo l’azione in giudizio e le conseguenti impugnazioni vedere semmai conferita, al "delegato" individuale e specifica procura sostanziale e processuale da parte di ciascun comproprietario.

Ex adverso si afferma che la previsione legale si estenda alla trattazione sostanziale dei rapporti che scaturiscono dalle delibere ricostruttive. Ed in fatto si afferma che già con la delibera 4.6.1991 di costituzione del condominio "convenzionale" il D. era stato nominato "capocondominio" e quindi nulla di meno che "amministratore" del condominio e, della relativa figura, dotato di ogni potere.

Conseguenza indiscutibile dell’alternativa è che, nel primo caso, il D. avrebbe potuto agire in giudizio solo se munito di specifico mandato ex art. 77 c.p.c. e art. 1392 c.c., per il rapporto sostanziale e per il processo, da parte di ciascun proprietario creditore di contributo (da S.U. 48 del 2001 a Cass. 9893 del 2004 e 14766 del 2007), ed invece, nel secondo caso, rettamente avrebbe agito munito delle due delibere autorizzazione acquisite agli atti, applicandosi il principio della generale capacità rappresentativa dell’amministratore condominiale ove debitamente autorizzato dall’assemblea.

Ebbene ad avviso del Collegio obiezioni del Comune di Parolise non sono fondate posto che il D.Lgs. n. 76 del 1990, art. 15, non configura affatto un condominio "virtuale " frutto di una fictio juris ad operatività istantanea (un condominio che si costituisce e si dissolve all’atto di deliberare i lavori di ricostruzione): la norma, secondo lettera e ratio legis, configura invece un condominio di scopo e cioè costituito al fine di adottare, con le maggioranze di cui al l’art. 1136 c.c., le delibere attinenti alla ricostruzione dell’edificio (in difetto del che sarebbe occorsa la unanimità dei comproprietari), di portarle a piena esecuzione per tutti gli anni occorrenti. E sarebbe privo di alcuna plausibilità ritenere che il condominio "di scopo" fosse stato solo creato "ad uno scopo limitato" e cioè al solo fine di adottare una delibera di ricostruzione- risistemazione della proprietà comunque coinvolta nel sisma e non per seguirne la concreta esecuzione (dalla approvazione del progetto al conferimento dell’appalto, alla approvazione a consuntivo, alla ripartizione delle quote, alla richiesta del finanziamento pubblico ed infine all’eventuale gestione del contenzioso). E poichè l’interpretazione ragionevole è possibile alla luce di lettera e ratio della norma, ne consegue che per il "delegato" condominiale che ab origine sia stato, come nella specie, nominato debbasi applicare la previsione autorizzatoria assembleare del condominio alla lite ed a gravame, nella specie conferita al D. a ratifica nel 2008 (come la Corte di merito ha ritenuto, confortata dalla giurisprudenza di questa Corte, da S.U. 8020 del 2004 a Cass. 21255 del 2005, 3454 del 2007, 10609 del 2008). Venendo altresì, su tali premesse, alla disamina della questione di capacità processuale a proporre ricorso per cassazione, dalla lettura del verbale 5.1.2011 emerge che l’assemblea condominiale diede mandato, con sottoscrizione finale di 4 soggetti e firma del segretario, al promovimento del ricorso.

Pertanto, essendo costituito, come dianzi detto, sin dal 1991 un condominio deliberante la ricostruzione ed essendo al suo "amministratore speciale" demandato ogni atto di esecuzione di tale deliberato, è indiscutibile la sussistenza del rapporto gestorio sostanziale a monte della controversia e della correlata iniziativa impugnatoria, con la conseguenza che debbasi ritenere necessaria e sufficiente la delibera di detto condominio a conferire al suo amministratore il potere di impugnare e conferire il mandato defensionale in sede di legittimità. Le stesse considerazioni rendono inconsistente la censura rivolta alla decisione della Corte di Appello che, rettamente acquisita la delibera autorizzatoria alla proposizione del gravame in favore del D., ha ritenuto che il gravame stesso fosse stato validamente proposto.

Ricorso principale.

Primo motivo: esso deduce che il delegato alla ricostruzione abbia ex lege i poteri rappresentativi dell’amministratore. Il motivo non è ammissibile stante la mancanza di interesse a censurare una giusta decisione la cui motivazione viene qui corretta nei termini dianzi riportati. Secondo motivo: lamenta l’affermazione della Corte di Napoli per la quale sarebbe stato onere, nella specie insoddisfatto, del condominio di provare la capienza, del contributo stimato e corredato dal progetto, in quello riveniente dalla ripartizione del finanziamento CIPE tra i beneficiari muniti di priorità secondo la L. n. 32 del 1992, art. 3, comma 2. Il motivo è fondato. La Corte di Napoli ha infatti condiviso la valutazione negativa fatta dal Tribunale sul rilievo che il D. non avesse provato la capienza finanziaria integrale rispetto al contributo spettante, non avesse provato la poziorità della sua posizione rispetto ad altri, non avesse provato di aver comunque accettato il minor contributo con contestuale impegno a coprire con i suoi mezzi il residuo. Erra certamente la Corte perchè non è a porsi problema di onere probatorio, a carico del richiedente, della "capienza" del proprio credito, perchè la domanda si fonda su di un diritto soggettivo (S.U. 466 del 2005) il cui quantum si determina per legge suiia base della ripartizione della disponibilità finanziaria secondo i criteri di cui al citato art. 3 (Cass. 10693 del 2007 e 15783 del 2010).

All’esito dell’istruttoria è, infatti, il Comune che o assegna il contributo (D.Lgs. n. 76 del 1990, art. 19, comma 5) o lo indica, anche in difetto della provvista, nella somma spettante (art. 19, comma 7). Ed in tal ultimo caso questa Corte ha precisato che il decreto sindacale di "indicazione" della somma spettante pur in assenza di disponibilità finanziarie integra appieno una ipotesi di riconoscimento del contributo, la cui concreta erogazione è solo rinviata al momento della provvista. E stato infatti assai di recente ricordato (S.U. 3849 del 2012) essere stato dalla stessa Corte già affermato in passato (Cass. 18742 del 2004) che il decreto sindacale di indicazione del contributo in mancanza di disponibilità finanziarie, di cui al D.L. 28 febbraio 1984, n. 19, art. 3, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 aprile 1984, n. 80 e trasfuso nel testo unico approvato con D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76, art. 19, comma 7, integra, in presenza del parere positivo della commissione di cui alla L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 14 una fattispecie di riconoscimento del contributo medesimo, con riserva di successiva e concreta erogazione-liquidazione dello stesso. La Corte di merito ha pertanto tratto errate conclusioni dall’accertamento della avvenuta indicazione del contributo erogabile all’esito dell’accertamento di richiedenti prioritari, posto che l’accertamento radicava comunque il diritto al quantum indicato come spettante e che – ove detta indicazione fosse stata, come è stata, contestata – gravava sul Comune comprovare l’esistenza e la esattezza di dette indicazioni prioritarie, senza esigere alcuna immediata accettazione e senza – in suo difetto ed anzi in presenza di espressa contestazione – potersi considerare autorizzato, in vista di una sorta di "rinunzia implicita"; alla destinazione del contributo a soddisfare diverse esigenze.

Terzo motivo: lamenta che la Corte territoriale abbia ipotizzato un onere di rendersi disponibile alla accettazione del minor contributo.

Il motivo è fondato per le dianzi esposte ragioni: la Corte ha come dianzi detto commesso la denunziata violazione introducendo elementi di negozialità in una vicenda di contribuzione che ha esiti obbligatori per legge. Una volta indicato ut supra il contributo, della L. n. 32 del 1992, ex art. 3, il richiedente o lo accetta e lo incassa o lo contesta in giudizio: il suo atteggiamento adesivo non è in alcun modo condizionante nè il suo dissenso è tampoco valutabile come contegno abdicativo, restando ferma la ricognizione di debito effettuata ex art. 19, comma 7 citato e preclusa la possibilità di riterne l’importo altrimenti disponibile.

Quarto motivo: afferma che in ogni caso il rifiuto o la mancata accettazione dovevano essere provati per iscritto. Il rilievo è ut supra esatto ma resta assorbito nell’accoglimento del motivo terzo.

Quinto motivo: censura di violazione di legge l’avere la Corte convalidato la scelta del Comune di accedere ad altre scelte dopo aver constatato l’esistenza di altre priorità di destinazione dei contributi, estranee alla ricostruzione post sismica ma istituzionali. Il motivo è inammissibile perchè il giudice del merito non ha affatto convalidato le diverse destinazioni ma ha anzi definito "… irrilevanti le doglianze relative al diverso uso dei fondi assunto con Delib. 27 maggio 2002, n. 9". Sesto motivo: censura la mancata disapplicazione della Delib. 27 novembre 2001 e Delib. 27 maggio 2002 di parziale o totale diniego per diversa destinazione del contributo. Anche tal doglianza è inammissibile, per la ragione di cui al motivo che precede. Settimo motivo: con esso si censura, in modo neanche comprensibile, la inefficienza della P.A. e non si contesta la sentenza. Il motivo è inammissibile. Si cassa con rinvio allo stesso Ufficio che applicherà il principio indicato ai motivi secondo e terzo, e regolerà le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso incidentale, accoglie i motivi 2 e 3 del ricorso principale del quale dichiara inammissibili i motivi 1-5-6-7 ed assorbito il 4; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Napoli – diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

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