Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-11-2011) 29-11-2011, n. 44097

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. V.A. ricorre, nella qualità di parte civile, avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Salerno in data 6- 20.12.2010 e in riforma della sentenza 13.3.1998 del Tribunale di Vallo della Lucania ha assolto C.R. dal reato di peculato limitatamente all’episodio in suo danno (18.3.2008, L. 5.259.710), revocando le statuizioni civili conseguenti. R. era direttore dell’ufficio postale di Cannalonga e secondo l’imputazione si era appropriato, tra le altre, anche di tale somma corrispondente agli interessi maturati da buoni fruttiferi sottoscritti dalla V..

La Corte d’appello confermava infatti la responsabilità del R. per gli episodi di peculato in danno delle altre persone offese, dichiarandone la prescrizione, ma quanto alla V. giudicava inutilizzabili le dichiarazioni da lei rese all’udienza del 8.6.2006, argomentando che non vi era stato consenso dell’imputato alla loro utilizzazione dopo il mutamento del collegio, tale consenso dovendo interpretarsi essere intervenuto solo per le altre dichiarazioni, in ragione del riferimento del difensore alle prove orali assunte all’udienza immediatamente precedente quella di rinnovazione dell’istruttoria, tra le quali non vi era appunto la deposizione della V..

Con due articolati motivi la ricorrente – che correttamente precisa di svolgere le proprie difese solo in relazione alla pretesa civilistica, riconosciuta già in primo grado – violazione dell’art. 597 – deduce violazione degli artt. 597, 591, art. 525, comma 2, artt. 511 e 191 c.p.p., nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in estrema sintesi osservando che la Corte salernitana:

– aveva sostanzialmente rilevato d’ufficio, e con autonoma indagine e individuazione, una questione che non era stata oggetto di specifico motivo d’appello da parte dell’imputato, la censura relativa al ripetuto mutamento del collegio essendo stata formulata in termini assolutamente generici, in particolare senza alcuna indicazione delle dichiarazioni e delle parti cui ci si riferiva;

– aveva errato in fatto, posto che il consenso espresso dalla difesa nell’interesse dell’imputato all’udienza del 20.12.2007 andava riferito ai testi assunti in precedenza senza distinzioni, tra l’altro non essendosi mai svolta un’udienza nella data (24.5.2007) richiamata nella sentenza.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato. L’art. 525 c.p.p., comma 2, stabilisce la nullità assoluta quale conseguenza della deliberazione adottata da giudice diverso da quello che ha partecipato al dibattimento; la possibilità conseguente di rilevare d’ufficio l’irregolarità, quindi senza alcun limite devolutivo connesso allo specifico contenuto dell’atto di impugnazione, supera l’obiettiva genericità del motivo comunque proposto.

Il secondo motivo è fondato.

La lettura dei verbali di udienza del processo di primo grado – consentita anche alla Corte di legittimità che è giudice del fatto quando si esaminano questioni in rito – conferma l’esattezza della doglianza. L’assunto della Corte distrettuale secondo la quale il difensore aveva prestato (il 20.12.2007) il proprio consenso esclusivamente con riferimento alla utilizzabilità delle prove assunte nel corso dell’udienza immediatamente precedente del 24.5.2007, tra cui non vi era la V.A., non corrisponde al contenuto degli atti.

Risulta infatti che: la V. era stata esaminata all’udienza dell’8.6.2006, insieme ad altre persone offese; mutato il collegio, alle udienze 5.10.2006 e 8.2,2007 la difesa non prestava consenso alla lettura delle dichiarazioni rese in precedenza dai testi fino a quel momento assunti; alla stessa udienza dell’8.2.2007 erano riesaminati i testi VA., C. e T.; nessuna udienza era tenuta il 24.5.2007, alla successiva udienza del 18.io.2007 erano presenti vari testi tra cui la V.; all’udienza del 20.12.2007 la difesa (fg. 155) prestava il consenso all’utilizzazione delle prove già assunte e si procedeva all’audizione dei testi presenti e non ancora assunti in precedenza:

la V. era presente e non veniva riesaminata. La lettura del verbale stenotipico elimina ogni dubbio sull’ambito del consenso espresso dalla difesa del R. laddove (pag. 4) in esito al confronto dialettico con lo stesso difensore, il presidente precisa inequivocamente "allora si dichiara l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testi già esaminati: V., C., T., V. e M.", senza che alcun rilievo venga tempestivamente ulteriormente posto o eccepito nell’immediatezza di quell’inequivoca indicazione nominativa.

E, si noti, anche M. era stato esaminato non all’udienza dell’8.2.2007, quando vi era stata la prima rinnovazione, ma a quella stessa dell’8.6.2006 nella quale era stata esaminata la V..

Se, come efficacemente dedotto dalla parte civile ricorrente, si considera poi che la V. il 20.12.2007 era pure presente, la mancata rinnovazione del suo esame in quella stessa udienza costituisce ulteriore, ancorchè non necessaria, conferma dell’accettata utilizzabilità anche delle sue precedenti dichiarazioni.

Consegue l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione R./ V., con rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p.. Anche sulle spese sostenute dalla parte civile nei diversi gradi del giudizio provvedere eventualmente il Giudice del rinvio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla posizione della parte civile V.A., e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello per nuovo giudizio sul capo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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