Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-11-2011) 29-11-2011, n. 44096

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso la sentenza con cui il 6.10.2010 la Corte d’appello di Napoli, quale giudice del rinvio dopo che precedente sentenza distrettuale del 3.6.2006 era stata annullata per vizio nella costituzione del rapporto processuale, confermava la sua condanna deliberata dal locale Tribunale in data 28.1.2004 per ricettazione continuata aggravata di marche da bollo "provento di furti su atti giudiziari ed in ogni caso di provenienza illecita in quanto sicuramente sottratte da documenti giudiziari sui quali in precedenza erano state apposte" (fatto accertato in epoca antecedente e prossima al 7.7.99), ricorre M.D. con due connessi motivi:

mancanza di motivazione in relazione ai motivi nuovi ed erronea applicazione dell’art. 648 c.p., per insussistenza del reato presupposto sotto l’appunto nuovo profilo, dedotto ai sensi dell’art. 585 c.p.p., sulla questione di diritto se possa essere considerato furto o appropriazione indebita l’asportazione di un valore bollato (nella fattispecie marche da bollo) già utilizzato, e che pertanto potrebbe riacquisire alcun rilievo economico (in ipotesi necessario per configurare reato contro il patrimonio) solo dopo apposita e necessaria attività di eliminazione dei segni della precedente utilizzazione.

Secondo il ricorrente, in particolare, la mera asportazione costituirebbe attività preparatoria di un’eventuale truffa, comunque la marca annullata avendo perso la caratteristica di bene negoziabile ed acquisito la sola funzione certificatoria di attestazione di un corrispettivo già versato: sicchè dovrebbe trovare applicazione anche l’art. 49 c.p., comma 2. 2. Effettivamente la Corte distrettuale non ha motivato sul punto (risultando per contro i motivi nuovi tempestivamente presentati), ma trattandosi di sola questione di diritto la risposta è consentita direttamente a questa Corte di legittimità.

Il ricorso è inammissibile.

Come già insegnato da questa stessa Sezione con le sentenze 47038/2009 e 30154/2009, in termini, e premesso che il capo di imputazione già faceva riferimento anche a reati diversi da quelli contro il patrimonio ("ed in ogni Caso di provenienza illecita") con le ricordate sentenze questa Corte ha insegnato che integra il reato di peculato di cui all’art. 314 c.p., la condotta del pubblico ufficiale che abbia ad oggetto cose che, pur essendo prive di valore intrinseco, possono acquistare o riacquistare rilevanza economica per la utilizzazione che ne faccia l’agente.

Nulla deduce invece il ricorso – nè deduceva u motivo aggiunto – rispetto a questo principio di diritto, consolidato e precedente l’impugnazione, certamente pertinente posto che già il capo di imputazione, come visto, faceva comunque riferimento anche a reati diversi dal furto quale delitti presupposto della ricettazione, sicchè il motivo diviene – con aspetto assorbente rispetto ad altri profili – generico, laddove affronta un aspetto non idoneo per sè a risolvere la causa.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende, equa al caso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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