Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-06-2012, n. 9851

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’arch. M.M., in forza di decreto ingiuntivo (del 2000) opposto dalla destinataria Area Costruzioni s.r.l ma dichiarato provvisoriamente esecutivo e relativo a suoi compensi professionali per complessive L. 291.863.100, iscriveva ipoteca giudiziale su otto beni immobili della società ingiunta, la quale, con atto di citazione notificato il 27 aprile 2002, dopo avere chiesto ed ottenuto ante causam ex art. 700 c.p.c., un provvedimento cautelare d’urgenza (reclamato dal M.), per la riduzione/restrizione dell’iscritta ipoteca, conveniva davanti al Tribunale di Pisa, il professionista nonchè i conservatori dei Registri Immobiliari di Pisa e Livorno, per il giudizio di merito, insistendo affinchè fosse accertata l’esorbitanza della garanzia ipotecaria iscritta nonchè per ottenere il risarcimento del danno cagionato dal comportamento di mala fede del medesimo M., che si costituiva in giudizio negando la fondatezza delle domande avverse e chiedendone il rigetto.

Nelle more del giudizio, dopo l’espletamento in sede cautelare, di una consulenza tecnica d’ufficio volta a verificare il valore degli immobili ipotecati, si acquisiva la notizia della revoca (in data 3.07.2002) della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo posto a fondamento delle iscrizioni ipotecarie, sicchè l’adito Tribunale, con sentenza n. 7361del 2005, dichiarava cessata la materia del contendere a spese processuali interamente compensate.

Con sentenza del 24.09-11.11.2010, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, condannava il M. a pagare all’appellante società Area Costruzioni le spese difensive di entrambi i gradi di merito, tenuto pure conto della fase cautelare ante causam, confermando nel resto la prima pronuncia.

La Corte territoriale osservava e riteneva:

che la società appellante aveva infine documentato la sopravvenuta revoca definitiva (con sentenza) del decreto ingiuntivo in forza del quale il M. aveva iscritto le ipoteche legali ritenute esorbitanti dalla debitrice, ma, come già esattamente osservato dal giudice di primo grado, oggetto della presente controversia non era l’esistenza intrinseca del credito, bensì la congruità dell’iscrizione ipotecaria eseguita dal creditore in forza del titolo monitorio di cui (bene o male) era entrato in possesso;

che il venir meno, prima della clausola di provvisoria esecutività e poi del titolo stesso, aveva fatto obbiettivamente cessare in itinere la materia del contendere, ma non esimeva il giudice dal definire la responsabilità processuale per le spese secondo il criterio della soccombenza virtuale nella prospettiva primaria dell’art. 91 c.p.c., mentre il primo giudice si era limitato a negare la responsabilità del M. ex art. 96 c.p.c., che, dunque, occorreva verificare chi avrebbe avuto ragione se non fosse cessata la materia del contendere sulla questione principale dedotta in causa, vale a dire la sproporzione tra il vincolo ipotecario iscritto ed il credito vantato che all’esito di tale doverosa valutazione, bisognava riconoscere la virtuale fondatezza della domanda di restrizione ipotecaria proposta da Area Costruzioni, in quanto dalle risultanze peritali emergeva inequivocabilmente che il valore degli immobili vincolati dal M. surclassava l’entità lorda del credito vantato ed in particolare che il vincolo ipotecario superava di oltre 1/3 l’importo dei crediti iscritti, sproporzione di cui il professionista ben avrebbe potuto rendersi conto;

che, invece, non poteva ritenersi in effetti temeraria la resistenza in giudizio del M.;

che conclusivamente il professionista doveva essere condannato al pagamento delle spese del procedimento cautelare ante causam e dei due gradi di merito del giudizio, stante la sua soccombenza virtuale in primo grado e reale in appello.

Avverso questa sentenza notificatagli il 7.12.2010, il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e notificato il 2.02.2011 alla società Area Costruzioni S.r.l., che ha resistito con controricorso notificato il 14.03.2011. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

A sostegno del ricorso il M. denunzia "Violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, a causa dell’error in procedendo del giudice territoriale". Sostiene che la Corte distrettuale nel condannarlo al pagamento delle spese processuali in applicazione del criterio della soccombenza virtuale, ha illegittimamente deciso su domanda nuova, posta solo in sede di gravame dalla società, che in primo grado non aveva invocato l’applicazione di tale principio.

Il ricorso pur ammissibile, non ha pregio.

Dall’esame del contenuto delle conclusioni rassegnate dinanzi al Tribunale, dalla società Area Costruzioni S.r.l. (come anche trascritte a pag. 16 del ricorso introduttivo), emerge che la stessa aveva espressamente e conclusivamente richiesto in ogni caso la condanna della controparte alle spese processuali del giudizio di primo grado e della antecedente fase cautelare, sicchè alcun profilo di novità è ravvisabile nella reiterazione di essa in sede di gravame e dunque di preclusione al relativo esame nel grado d’appello, stante, tra l’altro, anche il noto principio (da ultimo Cass. n. 21244 del 2006) secondo cui la condanna alle spese del giudizio, in quanto consequenziale ed accessoria, può essere legittimamente emessa dal giudice a carico del soccombente anche d’ufficio, in mancanza di una esplicita richiesta dalla parte che risulti vittoriosa, semprechè la stessa non abbia manifestato espressa volontà contraria, principio che trova applicazione anche quando il giudice debba dichiarare cessata la materia del contendere, dovendosi in tal caso, per decidere sulle spese, delibare il fondamento della domanda secondo la regola della soccombenza virtuale.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente al pagamento in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso condanna il M. a rimborsare alla Area Costruzioni S.r.l. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.620,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

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